Perché parlare di educazione e formazione musicale, in particolare nella sua declinazione di invenzione, in una rivista di musiche del mondo? Semplicemente, perché sono due campi che hanno orizzonti comuni, innanzitutto per il fatto che il creare musica è qualcosa che riguarda ogni essere umano, nessuno escluso, e non una casta che ha il privilegio naturale o sociale di poterlo fare. Sempre valide sono le parole di Gianni Rodari presentando la sua “Grammatica della Fantasia”: “Io spero che il libretto possa essere ugualmente utile a chi crede nella necessità che l'immaginazione abbia il suo posto nell'educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola. 'Tutti gli usi della parola a tutti' mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”. (G. Rodari, Grammatica della fantasia. Introduzione all'arte di inventare storie, Einaudi, Torino, 1973, p.6).
La creatività musicale è la grande assente nella scuola italiana, nonostante la produzione di materiali e idee italiana in questo campo è una delle più attive del mondo. Non si capisce perché allora nella scuola nostrana, l’invenzione sia relegata all’educazione artistica, al tema d’italiano, alla storia simulata e rivissuta e non debba riguardare il mondo dei suoni. Esiste un enorme paradosso, mentre da una parte cresce la ricerca e la sperimentazione didattica e pedagogica della musica, dall’altra si assiste sempre di più a un continuo smembramento dell’assetto psicopedagogico e teorico nelle istituzioni scolastiche. Per dirla tutta, la musica, e quindi la riflessione su di essa, istituzionalmente e con insegnanti specifici, esiste solo nel segmento della secondaria di primo grado, mentre è quasi totalmente assente prima e dopo. D'altra parte c'è anche un aumento di richiesta che viene soddisfatta dalle scuole private e spesso dai tutorial di pronto uso presenti nella rete. Ecco che in video di pochi minuti vengono fornite ricette a base di surrogati dei “metodi” Orff, Kodaly, Dalcroze. Sempre meglio che il nulla si potrebbe dire e se hanno tanto successo due domande occorre farsele e, se necessario, anche un po’ di autocritica. Il problema è che le metodologie didattiche sono fondate su profondi principi pedagogici che non possono essere semplificati o addirittura elusi a vantaggio di formule didattiche di immediata fruibilità e che regalano una momentanea ‘comfort zone’ dove ci si può sentire a proprio agio. Ma qui sta l'inghippo, se è vero che il proliferare di una didattica spicciola promossa dalla rete, e di conseguenze spesso anche dall'editoria, appaga l’immediato bisogno didattico, siamo sicuri che sia veramente produttiva sulla lunga durata e ai fini di una reale e critica crescita musicale, umana e sociale di bambine/i e ragazze/i?
Il rapporto tra la didattica e la pedagogia della musica sembra analogo a
quello che esiste tra la musica dei popoli e la popular music, quest'ultima non potrebbe fare a meno dell'altra che però resta in ombra e di nicchia rispetto alla seconda, così i fondamenti pedagogici restano oscurati dalla didassi. Come spesso si dice, sono sempre le riflessioni apparentemente complicate che conducono a profonde soddisfazioni e fanno del processo il momento di maggior godimento rispetto a stereotipati risultatati, spesso vivificati da concorsi e saggi scolastici. In passato la rivista online Musicheria.net, insieme con il CSMDB di Lecco e l’editore Franco Angeli ha proposto una collana di volumi preziosi per chi si voglia approcciare un insegnamento musicale realmente creativo, senza magari riscontri immediatissimi, ma che sicuramente porta a innescare in modo continuo e strutturato, processi di crescita ai diversi i livelli di formazione musicale. Tutti i titoli della ‘collana’ sono molto stimolanti: “Drammaturgie Sonore”(Antonio Giacometti), “Suoni con me” (Maurizio Vitali), “Musica e intercultura (Maurizio Disoteo),“Musica: animazione-educazione-formazione (Mario Piatti), “Musiche in cantiere” (Enrico Strobino), “Tracce di suoni”, Nicola de Giorgi, M.Vitali), “La musica è un gioco da ragazzi (François Delalande), “Giochi d’ascolto (Franca Ferrari), “Alla ricerca di un suono condiviso” (M.Vitali), “La musica e la pelle” (Maurizio Spaccazocchi), “Specchi sonori” (M.Disoteo, M.Piatti), “Suonare la città” (a cura di E.Strobino, M.Vitali), “La nascita della musica” (a cura di F. Delalande), “Grammatica della fantasia musicale” (M.Piatti e E.Strobino), “Dalla nota al suono” (F. Delalande), “Spartito perso”, (Daniele Vieneis), “Farsi sentire” (Gabriella Marinoni, Betti Lazzarotto, Silvia Cornara, M.Vitali).
Sembra essere oggi un rinato interesse per quanto di pedagogicamente sano c'è stato in Italia nell'ultimo mezzo secolo. Soprattutto per la dimensione del fare musica che è quella della creatività e dell'invenzione, prova ne è il successo del recente Convegno di Trieste “Il suono materia prima per inventare”, organizzato dal Centro di Benedetto e dal Conservatorio di musica “Tartini”.
Negli ultimi tre anni si è fatto ancora un passo in avanti grazie alla collaborazione tra il CSMDB e le edizioni “Progetti sonori”, che insieme hanno dato vita a una nuova collana il cui acronimo LaPim, sta per Laboratorio di Pedagogia dell’Invenzione Musicale e sintetizza bene il suo programma: “promuovere l’invenzione come forma di esperienza e di pensiero, come modalità di relazione nei processi educativi, come strategia metodologica e didattica, come luogo dell’incontro tra scuola e territorio nella costruzione condivisa dei
saperi e delle competenze, convinti che inventare serva oggi a bambine e bambini per crescere meglio, ma anche alle società per scegliere il proprio futuro”.
Ecco allora che collane come questa arrivano nel mondo della ricerca e della didattica, quasi come manna dal cielo e ci regalano delle vere e proprio perle. Come inizio è stato proposto un trittico dal grande valore pedagogico, metodologico e didattico costituito da “Il paesaggio sonoro come teatro educativo” di Enrico Strobino e Maurizio Vitali (prefazione di Stefano Zorzanello, postfazione di Roberto Barbanti), “Ragazzi che si ascoltano”-Improvvisare con i suoni nella scuola di base- di Maurizio Vitali (prefazione di Alessandro Bertinetto, introduzione di Matteo Frasca) e “Il suono, l’istante e l’avventura”-Educazione musicale e improvvisazione- di Enrico Strobino (prefazione di Vincenzo Caporaletti).
In particolare, voglio segnalare questi due ultimi lavori citati che affrontano più da vicino e in profondità il tema comune dell’invenzione e della improvvisazione, nelle sue varie declinazioni di educazione musicale vista come artigianato (parola cara ai due autori) ancor prima che come fatto artistico ed estetico.
Quello che mi ha sempre colpito dei due autori e la loro copiosa produzione nata da una sana e quotidiana maieutica, vissuta nel laboratorio musicale di una scuola media e che spesso ha trovato immediata visibilità in quella cassa di risonanza che è la rivista "Musicheria". Li ho sempre sentiti vicini e considerati una sorta di 'alter ego del Nord, facendo anch'io piccole sperimentazioni didattiche nella mia scuola calabrese, che poi hanno trovato spazio sulla rivista citata, grazie al sempre disponibile Mario Piatti e alla rete, ovviamente.
I due lavori sono accomunati anche da una metodologia che parte sempre dal sonoro, prima ancora che da altre sovrastrutture, ad esempio dalla notazione, sia che ci si trovi nello spazio diastematico, sia se il suono venga ricreato attraverso l'uso di software didattici di registrazione e montaggio. Entrambi i volumi infatti offrono una enorme quantità di materiali audio-video in cui assoluti protagonisti sono le ragazze e i ragazzi. Sono inoltre impreziositi da introduzioni di illustri studiosi i cui contenuti pedagogici potrebbero essere intercambiabili. Così quello che scrive Vincenzo Caporaletti sui vantaggi di un approccio audiotattile per il libro di Strobino, è pari pari valido per quello di Vitali. Scrive Caporaletti “Una audiotattilità che deve quindi essere recuperata anche da chi ha avuto accesso ai gradi più raffinati dell'expertise visivo/allografica. Come si spiegherebbe altrimenti che persino grandi e acclamati concertisti incontrino difficoltà nella “semplice” risoluzione del problema di improvvisare con coerenza su una banale struttura melo-armonica misurata? Semplicemente, per il fatto che la cognitività audiotattile non è quella visiva”.
Viceversa, l'assetto teorico puntualmente calato nella didattica della introduzione di Bertinetto al libro di Vitali e le riflessioni pedagogiche di Matteo Frasca sono senz'altro applicabili al libro di Strobino. Anche se tra i titoli dei due volumi c'è una diversità terminologica, tendente ad un approccio 'estetico' per Vitali e 'poietico' per Strobino, entrambi trattano la performance e l'ascolto come aspetti dello stesso processo, eliminando quella assurda dicotomia che è quasi sempre presente nei libri di testo di scuola media. A questo rispondono con una metodologia di che tratta gli argomenti in modo progettuale e tematico come dovrebbe sempre essere nella prassi didattica.
Francesco Stumpo
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