The Furrow Collective – We Know by the Moon (Hudson Records, 2023)

Quattro stimatissimi nomi del nuovo folk anglo-scozzese si ritrovano insieme per il quarto capitolo discografico sotto il nome collettivo di The Furrow Collective. Parliamo di Lucy Farrell (viola, chitarra tenore, percussioni e voce), Rachel Newton (arpe e voce), Emily Portman (concertina, pianoforte, banjo e voce) e Alasdair Roberts (chitarra acustica, elettrica, dodici corde, basso, violoncello, cymbal e voce). Un album di tono invernale per scelte estetiche: “La luna, le stelle, il buio e la notte sono i fili conduttori di queste canzoni,” – dicono gli stessi artisti – “canzoni da ascoltare dopo il tramonto, a lume di candela, di fuoco o sotto la luce fredda e costante della nostra costante compagna lunare”. Molto belle nel booklet le illustrazioni di May Farrell (madre di Lucy) che accompagnano ciascuna delle undici canzoni di “We Know by the Moon”, prodotto per la Hudson Records da Andy Bell, che interviene anche alle percussioni. Intrisa di dolcezza è la versione della ben nota “The Moon Shines Bright”, qui proposta dalla voce della Portman. In origine, si tratterebbe di un canto per i rituali di maggio (secondo Ella Mary Leather) su cui, successivamente, si sono innestati significati associati alla Cristianità e alla caducità della vita umana, conducendo alla ben nota carol natalizia e di capodanno raccolta da Lucy Broadwood da una famiglia di Travellers a fine Ottocento. Il testo proposto, dice la Portman nelle note, è un adattamento di diverse versioni scovate nella Vaughn Williams Memorial Library e negli archivi Bodleiani. L’astro è protagonista anche del titolo della seconda canzone, “The Moon Shined on My Bed Last Night”. Scelta dalla Newton e guidata dal banjo, presenta la notte come un momento di rammarico per l’amore perduto ma diviene un’esortazione a guardare con speranza al futuro e ai propri convincimenti. È stata appresa da una registrazione della grande cantante scozzese Traveller Jeannie Robertson. Altri difficili momenti esistenziali sono cantati in “Every Day is Three” (nota anche con altri titoli: “Dearest Deat” o “A-Roving on a Winter's Night”), un motivo dal gran tasso emozionale, eseguito a cappella dal quartetto. Tocca allo scozzese Roberts presentare la successiva “Apprenticed in London”, dall’andamento più vivace con arpa e viola centro melodico e armonico di un motivo di ambientazione appalachiana proveniente da una registrazione del banjoista americano Derroll Adams. Ha il carattere di una “wauking song” rallentata “’s Fhada Leam an Oidhche Gheamhraidh”, scritta nel 1901 in Canada dal poeta, autore e attivista per la lingua gaelica scozzese Murdo MacFarlane, nostalgico lamento per la lontananza dalla nativa Lewis (Ebridi Esterne). Newton canta su un sostegno strumentale essenziale, che acquista vigore man mano che il cantato procede. Proviene ancora dalla Scozia un altro classico del poeta Robert Tannahill, “Are Ye Sleeping Maggie”, cantata da Roberts con un accompagnamento minimale. Notevole “Wild Wild Berry”, una murder ballad (in cui si colgono le analogie con “Lord Randal”), altro bell’esempio dell’approccio nu folk del Furrow Collective, le cui voci si adagiano sulle corde dell’arpa elettrificata e su atmosferici drone per poi infrangersi sui vortici di una chitarra elettrica folk-psichedelica. “O, Wert Thou in the Cauld Blast” inizia con la melodia di una country dance seicentesca, prima di entrare nella narrazione della nota canzone di Robert Burns. Farrell è la protagonista di una magnifica versione scura, rarefatta e glaciale quanto potente di una delle più celebri “murder ballads”, “The Wife of Usher’s Well”. Qui, l’arpa di Newton incede sostenuta dalla viola di Farrell, dal banjo di Portman e dai riff taglienti e acidi della chitarra elettrica di Roberts. A sorpresa, ma ben integrata nella ambientazione musicale del quartetto si fa strada “Der Leiermann/The Hurdy-Gurdy Man”, eseguita alternatamente in tedesco (Roberts) e inglese (Farrell), con la melodia originale schubertiana, tratta dal ciclo delle canzoni di “Winterreise”, in cui l’arpa sostituisce il pianoforte contrappuntata da violoncello e concertina. “O Watch the Stars”, spiritual afroamericano inno folk (da ricordare la versione dele Seeger Sisters in “American Folk Songs for Christmas del 1957) è il fulgido finale per voci armonizzate guidate da Portman, invito ad abbracciare la notte. Riuscita celebrazione del decennio di attività dei Furrow, “We Know by the Moon” dimostra appieno la cifra creativa del quartetto nel re-immaginare i repertori pur restando nel “solco” della tradizione britannica. thefurrowcollective.bandcamp.com/album/we-know-by-the-moon


Ciro De Rosa

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