Leon Rosselson – Chronicling the times (Free Dirt Records, 2023)

Leon Rosselson, classe 1934, non ha la notorietà né ha raggiunto il successo planetario di altri cantautori britannici, ma per molti di loro è stato ed è un riferimento ed un esempio. Come per Billy Bragg, che in alcune brevi note di accompagnamento a “Chronicling the times” afferma: “Sotto molti aspetti Leon Rosselson personifica gli ideali originari del punk. I suoi capelli non sono ritti e appuntiti in testa (come li portavano alcuni punk – n.d.r.), ma la sua musica lo è, utilizzando un ingegno impavido e l’integrità politica per illuminare le ipocrisie di chi ha il potere. Unico tra i grandi cantautori britannici degli ultimi sessant’anni, Leon ha cercato di creare un’arte che rimanga fedele all’invito di Karl Marx di sottoporre a critica spietata tutto ciò che esiste”. A questo ritratto di Leon Rosselson, che nella sua sinteticità è illuminante e che forse sarebbe sufficiente per descriverlo, aggiungiamo che per esercitare questo diritto/dovere di critica (per lui soprattutto politica e sociale) Rosselson usa una non comune capacità di leggere gli avvenimenti con disincantata ironia e con empatia per gli esclusi, gli emarginati e per chi sceglie di andare controcorrente. Basti pensare che una delle canzoni contenute nell’album si intitola “Stand up for Judas”. In essa l’apostolo destinato a tradire Gesù viene descritto come il vero rivoluzionario, colui che per rovesciare i rapporti di potere e ottenere giustizia preferisce l’azione concreta alla speranza in una giustizia divina e all’attesa del ritorno del Redentore, che spesso sono anzi state la giustificazione per guerre, ingiustizie e massacri. Le diciassette canzoni contenute in “Chronicling the times” provengono dai venti album che il Nostro ha registrato in oltre 60 anni di carriera, e sono state scelte dallo stesso Leon Rosselson per quello che è un autoritratto politico ed umano, arricchito da note e ricordi da lui scritti. L’ascoltatore così apprende che “Postcard from Cuba” nasce da un suo soggiorno nell’isola caraibica a fine 1998, che gli ha dato modo di constatare in cosa, accanto ai successi, la rivoluzione castrista abbia fallito, tradendo le speranze di molti. E tra questi egli annovera anche il padre, a cui è dedicata l’iniziale “Song of the Old Communist”. Lo sguardo critico e disincantato di Rosselson non si limita però agli anni ’50 o ‘60, ma arriva a raccontare e indagare il passato più prossimo. Come in “Ballad of a spycatcher”, scritta nel 1987 per la Campagna per la Libertà di Stampa e Informazione attivata al fine di contrastare il tentativo di censura attuato dal governo Thatcher nei confronti di un libro (di Tom Wright) su alcune torbide attività dell’MI5 (il Controspionaggio britannico); o “Where are the barricades?”, sulla crisi finanziaria del 2008. Per alcune canzoni basta il titolo a farne intendere l’argomento: ad esempio “General Lockjaw briefs the troops (as recorded by a sceptical soldier)”, “Talking democracy blues” o “Stand firm”. Accanto ad esse in “Chroniciling” vi sono però anche canzoni non, o meno politiche, come “The ghost of George Brassens” o ancora ”She was crazy, he was mad”. Tra tutti il brano più noto dell’album è probabilmente “The world turned upside down”, portata al successo proprio da Billy Bragg, e di cui ricordiamo una intensa versione di Dick Gaughan. Gli arrangiamenti e la partecipazione alle registrazioni di musicisti come Martin Carthy (che ha spesso interpretato sue canzoni), The Oyster Band e lo stesso Bragg mostrano come in Rosselson sia sempre forte l’impronta folk che ha caratterizzato i suoi inizi di carriera. In alcuni casi le canzoni di “Chronicling the times” sono state reinterpretate, in altri sono le versioni originali, ma restaurate, in modo da ottenere, come scritto nel libretto dell’album, un insieme di canzoni “presentate in un’eccellente alta fedeltà per il vostro godimento musicale e la vostra illuminazione politica”


Marco G. La Viola

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