Il gusto di suonare dappertutto, per strada, in un teatro o a casa sotto l’albero di Natale. Cosa? Praticamente di tutto: brani canonici del repertorio classico, un valzer, la musica tradizionale greca, balcanica, brasiliana o argentina. Il suonare, nell’accezione più giocosa, è recuperato a un puro divertimento, condito da un virtuosismo mai fine a sé stesso è quello che si percepisce al primo ascolto di un qualsiasi brano di “Ciel” (Sky), il nuovo album dei “Tales from the Box”, uscito per l’etichetta Artway-Technotropon. Si tratta di una straordinaria formazione capitanata dal musicisti greco Thanos Stavridis, uno dei fisarmonicisti attualmente più riconosciuti ma anche attento musicologo, fondatore di gruppi storici, come i "Northern Partners", i "Cabaret Balkan" e ora i "Drom" e i "Tales from the Box". La fisarmonica di Thanos si avvale costantemente del violoncello dell’ottima Stella Tempreli, musicista di Salonicco, e, in alcuni brani, della collaborazione di Giotis Kiourtsoglou (basso elettrico), Giannis Papatriandafillou (contrabbasso), Dimitris Angelakis (vibrafono), Nikos Vargiamidis (batteria), Angelos Polychronou (percussioni), Dimitris Klonis (batteria), Christos Tassios (percussioni) e Dimitris Zacharakis (vibrafono).
Di base è una formazione un po’ insolita, che unisce uno strumento di estrazione popolare come la fisarmonica a uno strumento principe della tradizione colta. Il risultato musicale dell’unione tra il cordofono e l’aerofono (due categorie di strumenti mitologicamente opposti) è davvero sorprendente e originale sia nella fusione dei registri, sia nell’impasto timbrico.
C’è sempre un qualcosa di festoso e insieme straziante nel suono della fisarmonica, un microcosmo sonoro che personalmente lego alle balere ma anche alla marginalità della strada, addirittura ai periodi di guerra. Infatti, lo strumento armonicamente completo e trasportabile in quanto di piccole dimensioni, è stato ed è consolazione clandestina e pacifista sia per grandi compositori, sia per musicisti girovaghi e dilettanti proprio in momenti bellici. Qui siamo in presenza di un vero virtuoso che ci regala un viaggio sotto il cielo del Mediterraneo, utilizzando musiche balcaniche, greche, rebetiche, ma anche brasiliane, argentine, facendo diventare lo strumento ora una gaita, ora un clarinetto, ora un organo da chiesa.
“Endless story”, la prima traccia, dopo una introduzione in canone del violoncello propone una melodia rassicurante, modulante ad ogni frase e poi ripresa dalla fisarmonica creando un senso di spaesamento. Segue “As if in a dream”, dove la fisarmonica arpeggia su un giro di accordi e il violoncello esegue un contrappunto, il tutto creando un’atmosfera sospesa, sognante. Poi il basso del violoncello ci riporta alla realtà chiarendo che siamo a casa grazie al classico ‘giro di do’, scambiandosi poi le parti il brano oscilla tra queste due dimensioni fino alla fine. Una delicata bossanova a cui si aggiungono altri strumenti ci culla in un paesaggio con un caldo tramonto tropicale con rassicuranti giri armonici in “Sunset bossa”. Nella traccia successiva “Φεγγαρόστρατα (soldato della luna)”, su un riff del contrabbasso nasce una ammaliante melodia, a tratti melanconica e lunare, che impegna in un dialogo fisarmonica e violoncello nel caldo registro medio acuto divagando con oniriche visioni. A seguire “After the rainbow” dove la gioia provata dopo la visione di un arcobaleno scoppia fin dall’inizio di questo frizzante valzer veloce; comincia con la ripetizione di una cellula e poi si lancia in una breve progressione in due di straordinaria vitalità per poi rientrare. Inaspettata giunge una terza parte con un cambio del piano sonoro che diventa più scarno e si snoda una tranquilla melodia. Con “Un tom para Jobim” siamo in presenza di un omaggio a Carlos Jobim da musicisti dell’altra parte del globo.
“Mediterranean trave” si basa su un ostinato del basso si sviluppa un gioco di interplay tra gli strumenti che unisce idealmente mondi sonori caraibici e mediterranei. Un valzer caldo e raccolto che più che grandi spazi evoca una situazione di intimo domestico raccoglimento in una giornata di pioggia in “Rain Waltz”. In “Amischa”, una libera e intensa introduzione della fisarmonica l’intensa dove tutte le abilità tecniche e espressive dello strumento vengo portate ai massimi livelli. Invece, con “Anemos” ritroviamo atmosfere piazzolliane contrassegnate da un toccante basso e dalle note ribattute della melodia, forse un implicito omaggio a grandi classici come “Libertango”. Per restare in Argentina, l’ultima traccia, “Ave Maria”, mi evoca i primi bandoneon arrivati dalla Germania che sostituivano l’organo nelle chiese di campagna. Sacro e profano si incontrano in un unico, umano simbolismo.
Un bel disco da ascoltare in ogni stagione, che ammicca all’easy listening ma con grande maestria e raffinatezza, che accarezza le nostre orecchie in un affascinante caleidoscopio di musica totale.
Francesco Stumpo
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