Ponente Folk Legacy – Scangiamenti (Rox Records, 2023)

Il titolo rivela la chiave di volta del secondo lavoro dei Ponente Folk Legacy, che si erano fatti notare tre anni fa esordendo con “Bestiario da ballo”, dal momento che “scangiamenti” in dialetto ligure significa “cambiamenti”. Ma in cosa si distingue questo nuovo capitolo della composita formazione ponentina, il cui nucleo base comprende Luca Schiappacasse (chitarra acustica, bouzouki, basso fretless, mandolino e voce principale), Emmanuel Biamonti (flauto traverso, flauto traverso irlandese, tin whistle, stomp-box e bodhràn), Davide Baglietto (musa pastorale ligure, musette re, chitarra tenore, melodica, low whistle, sanfòrgna e sequenze elettroniche) e Arturia Drumbrute, Arturia Microfreak, Korg Minilogue XD, Moog Grandmother, String Solinas, Eko Tiger, organo Hammond, Rhodes)? La prima novità è rappresentata dal fatto che accanto ai repertori da bal folk che non difettano di appeal per chi preferisce il puro ascolto, da sempre prerogativa della band, il programma comprende una manciata di canzoni. Ma per cantare occorrono i cantanti, cosicché alla voce di Schiappacasse si aggregano quelle di Mauro Bico (voce recitante nell’incipit programmatico “Tradizione”) e Alex Antonov (de La Casa degli Specchi, rapper della scena imperiese); ai cori ci sono Matteo Lupi (voce basso della Compagnia Sacco di Ceriana), Riccardo Rebaudo e Davide Zoppia (giovani cantori cerianeschi). Si ascolta, ancora, con emozione l’indimenticata Betti Zambruno in “Vieni o bella”, la bonus track, registrata come provino sul cellulare dal marito, Pierocarlo Cardinali, e inserita in chiusura del lavoro come omaggio alla cantante piemontese. I Ponente non si fanno mancare neppure ospiti di riguardo: Cardinali (chitarra e cori), di cui si è già detto, e poi Filippo Gambetta (organetto), Walter Rizzo (ghironda) e James Duncan MacKenzie (border pipe). Scorrendo l’organico si vede come i Ponente Folk Legacy puntano pure su accostamenti timbrici, con tastiere ed elettronica affiancati ai plettri, ai flauti, alla musette francese, alla ricostruita cornamusa pastorale ligure e pure alla sanfòrgna, lo scacciapensieri locale, ricostruito in base all’iconografia. L’album, la cui bella immagine di copertina ritrae una scogliera dalle parti di Civezza e di Santo Stefano a Mare, è stato registrato da Alessandro Mazzitelli alla MazziFactory di Toirano (SV) in forma live con un minimo lavoro di postproduzione: solo le tracce degli ospiti sono state inserite in sovraincisione. In realtà, nella scia della vocazione danzereccia della band, i temi cantati sposano ritmi da ballo; i testi provengono in larga parte da raccolte di poeti del ponente ligure: il rinomato Andrea Capano, i cui testi in dialetto di Ventimiglia sono tratti dalla raccolta “Gh’eira in ciarrun patrun”, Giuseppe Cassinelli, che era un poeta di Dolcedo, nell’entroterra di Imperia, e il citato Antonov. Dunque, l’accento è posto sulla dimensione letteraria e su quella canora, espressione popolare non secondaria e vivente nella regione del nord-ovest. Si parte a tempo di chappelloise (“Montegrande”), composta da Schiappacasse, per proseguire con il rondeaux della title track (versi di Capano e musiche di Baglietto), a cui non tanto giova l’arrangiamento della parte finale.  Proprio dalla cittadina di Ceriana, nota per i repertori polifonici fissati settant’anni fa da Alan Lomax, proviene il tradizionale “La funtanella”, che nella seconda parte sfocia in “Polca Furché”, impreziosita dalla cornamusa di MacKenzie. Seguono il bel valzer “Lo scoglio dei cormorani” e “Cansun di Tempi Növi di Ciuchi ch’i Cioca” (rime sempre di Capano), uno dei motivi più riusciti dell’album, cucita a “Scottish che Cioca”, dove primeggia il flauto ma fa anche capolino la ghironda di Rizzo. Luccicanti arpeggi in apertura del valzer a 11 tempi “L’ Undicesima Casa”, composto da Biamonti e guidato dal flauto irlandese che incrocia il sempre ispirato organetto di Gambetta: un altro motivo di punta del lavoro. Di un autore anonimo è un brano in italiano che ricorda la lotta partigiana sui monti della Liguria (“La Canzone del Partigiano”), mentre sono di gusto transalpino la bourrée a due tempi “L’Aquila nella Tempesta: L’Aquila nella Tempesta / U Scuro /Biscia Scrossura” e l’elettronica “La Bourrée è Servita” (a 3 tempi). “U Fiêu e a Nêutte” (un valzer a 8 tempi) proviene da uno scritto di Cassinelli; il rap “Solstizio”, firmato da Antonov, secondo brano in lingua nazionale, si raccorda a un tempo di laridé bretone. La successiva “Marmellin Arascin” si sviluppa felicemente come una maraichine; oltre, un’altra poesia di Capano, “Zira e Rizira/ “Bourrée Du Poeta”, si muove su coordinate folk-rock. Presa da una raccolta di filastrocche tradizionali, ecco entrare la sorprendente “Amore Deluso Amore Interessato” a tinte di tango baücögnu-greco. Si giunge quasi in dirittura di arrivo con la mazurca “Un Ultimo Ballo”, per poi ascoltare la voce di Zambruno nella nota canzone “Vieni o bella”, diffusa dalla Corsica al Nord Italia. La schietta proposta dei Ponente Folk Legacy procede percorrendo strade che accolgono poetiche e forme musicali in un’ambientazione elettro-acustica, favorendo ascolto e fruizione che mirano ad essere transgenerazionali. È il folk che guarda avanti, rispetto al quale si avverte, tuttavia, la necessità di un più rigoroso assetto nella produzione, al fine di accomodare questa messe di idee e di carne al fuoco che si ritrova nelle note di questi indispensabili “Scangiamenti”.  


Ciro De Rosa

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