Emmi Kuittinen – Surun Synty (Nordic Notes, 2023)

A poca distanza di tempo dalla recensione del frizzante “Perinto” dei Frigg, torniamo in Finlandia con “Surun Synty” di Emmi Kuittinen. Anche in questo caso di tratta di un album profondamente radicato nella cultura tradizionale finnica, proponendo però atmosfere e temi musicali differenti. Se “Perinto” contiene strumentali da danza, cioè pezzi funzionali a occasioni di incontro e a feste, in “Surun Synty” protagonista è la voce, lo strumentario è ridotto a pochi elementi – se non ad uno solo – e l’intero album è molto introspettivo, e a tratti venato di nostalgia, o meglio di una sorta di “saudade”, espressa attraverso quella forma tipica di componimento della tradizione nordica detto “lamento”. Non dovete però pensare a un disco monotono o intriso di tristezza, perché “Surun Synty” è emozionante, affascinante, e cattura l’ascoltatore portandolo tra i paesaggi, le luci, le storie, le tradizioni di Finlandia, in una dimensione spazio-temporale che è tanto contemporanea quanto ancestrale, ed oltremodo ricca di sfumature, con qualche rimando anche ad altre culture. Così, da una riflessione su un ritmo di danza sul passaggio dalla giovinezza alla maturità (“Hyvä ol - It Was Good”) si passa a sonorità più lente e rarefatte, che raccontano la nostalgia provata per la lontananza dalla persona amata (“Kurja kyynelikko”) o rievocano il passato attraverso l’osservazione di un cielo stellato (“Kuin muistuu mieleheni - When I Remember”). Ed ancora, dopo lo strumentale “Suru marssii (Sorrow Marching)”, ecco un canto inneggiante alla bellezza del camminare nella natura in una mattina d’estate (Niin aikaisin - So Early”), originalmente proposto da Jukka Kuoppamäki in stile jazz e qui riportato alla sua essenza folk. In “Rentun ruusu” sono chiari i riferimenti alla tradizione musicale della vicina Russia, mentre è facile lasciarsi cullare dalla dolcissima “Marja Leena”, che ha come tema la trasmissione di generazione in generazione delle eredità culturali. Insieme a Antti Rask (voce, ukulele, violoncello e campane), Kirsi Vinnki (violino, lira ad arco, voce, bodhrán e campane) e Mimmi Laaksonen (flauti, harmonium, voce e campane) Emmi Kuittinen (voce, fisarmonica, mandolino, kantele e campane) ha creato un disco musicalmente e graficamente raffinato ed elegante. Pregno di riferimenti al mondo magico dell’estremo Nord dell’Europa e al profondo legame che a quelle latitudini sussiste tra l’essere umano e la natura, l’album dispiega in maniera chiara questa ulteriore, doppia chiave di lettura, nella title-track e nella successiva “Kaiho”. “Surun Synty”, dall’incedere sciamanico, è un canto/racconto che si fa rituale magico, attraverso il quale viene svelata l’origine della malattia e trovata la cura. Secondo la mitologia finlandese il malanno (dell’anima più che del corpo) è il figlio di Syöjätär, il Male femminile, che lo alleva in una culla di pietre. Sempre secondo la tradizione apprendere l’origine della malattia vuol dire però comprendere come governare il dolore da essa conseguente, e come guarire. Come nel video della canzone, in cui la protagonista, per evitare di consumare un oscuro delitto istigato da una donna/demone (la stessa Kuittinen) fugge da una casa, e si inoltra nel bosco. Ma anche qui la giovane incontra il fascino del male, impersonato dalla donna/demone e da altre inquietanti figure (i membri del gruppo), i cui neri vestiti contrastano con il candore della neve. Solo con un gesto violento e risolutore la ragazza si salva, scacciando i demoni ed il male. “Kaiho” inizia con il flauto che dipana una melodia dal carattere ancestrale, su cui si innesta la voce di Kuittinen, che in careliano canta delle persone amate e perdute e si rivolge agli uccelli, chiedendo loro di portare nel cielo, agli scomparsi, il saluto e l’augurio di chi è rimasto. Cessati il canto e spento in una lunga nota il suono del flauto, sono il cinguettio degli uccelli e lontani suoni di campanelli a rispondere, lasciando nell’ascoltatore la sensazione del compiersi di una magia naturale. 


Marco G. La Viola

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