Daniele Sepe – poema 15 (Encore Music, 2023)

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Nel settembre del 1973, il Cile stava vivendo una delle fasi più drammatiche della sua storia. Tre anni prima, l’elezione a Presidente di Salvador Allende aveva aperto una stagione di importanti riforme istituzionali, economiche e sociali, gettando le basi per un rinnovamento radicale del paese; tuttavia, le manovre della CIA e del governo degli Stati Uniti d’America ne minarono l’azione politica, fino a condurre la nazione in una grave crisi. Dilaniata dagli scioperi, dalla mancanza di materie prime e dall’inflazione crescente, l’11 settembre un colpo di stato militare, guidato da Augusto Pinochet, rovesciò il governo di Allende e mise fine all’esperienza dell’Unidad Popular e diede inizio ad una lunga scia di sangue con lavoratori, sindacalisti, attivisti e studenti che furono imprigionati, torturati e uccisi. Tra questi c’erano il poeta Pablo Neruda, probabilmente avvelenato nell’ospedale dove era ricoverato, e il cantautore Victor Jara, militante del Partido Comunista de Chile e esponente di punta della Nueva Canción Chilena, che fu arrestato all’università e, insieme ad alcuni studenti e professori, fu condotto prima allo Stadio Nazionale del Cile, trasformato in campo di concentramento, poi nel vicino Estadio Chile, dove rimase prigioniero alcuni giorni. Fu picchiato e torturato per cinque giorni, gli furono rotte le mani con un calcio di pistola in modo che non potesse più suonare nemmeno da morto e il 16 settembre venne ucciso. Nel corso degli anni, tanti artisti internazionali lo hanno ricordato chi dedicandogli una canzone, chi rileggendo brani del suo
repertorio, chi ancora pubblicando dischi monografici. In Italia a spiccare è certamente “Conosci Victor Jara?” splendido album pubblicato nel 2000 dal sassofonista e compositore napoletano Daniele Sepe. Quel lavoro nasceva con l’obiettivo di ricordare e far conoscere la vicenda artistica e personale di Victor Jara, attraverso non solo le sue canzoni ma anche di altri suoi contemporanei, contestualizzandone la poetica a livello socioculturale. Ad impreziosire il tutto, oltre alla voce dell’ineguagliabile Auli Kokko, c’era la partecipazione di José Seves, storico componente degli Inti-Illimani che interpretava “Zamba del Che”, “Juan sin tierra” e “A Cochabamba me voy” e un estratto dell’ultimo discorso che Salvador Allende fece alla radio prima di morire. A cinquant’anni da quel tragico 11 settembre 1973, Daniele Sepe ha dato alle stampe “poema 15” album che riannoda i fili del tempo e riprende il cammino intrapreso ventitré anni fa con “Conosci Victor Jara?”, dando vita ad un doppio e struggente omaggio al cantautore cileno e al poeta Pablo Neruda, una lezione di storia in musica della canzone politica e della poesia militante sudamericana. Abbiamo intervistato, il musicista napoletano per farci raccontare questo nuovo progetto discografico.

Qualche tempo fa mi avevi anticipato che avevi intenzione di ristampare “Conosci Victor Jara?” e di pubblicare anche uno dei concerti che erano seguiti alla sua pubblicazione. Com’è nata l’idea di realizzare un nuovo disco su Victor Jara?
Quando oltre vent’anni fa pubblicai “Conosci Victor Jara?” l’idea era quella di far conoscere le sue canzoni ad un pubblico più ampio perché mi sembrava strano che fossero in pochi a saperle. A distanza di tanti anni penso di esserci riuscito e non solo per il successo che ebbe il disco, ma anche per i numerosi concerti che facemmo e che ci permisero di riportare alla luce la sua opera.  In occasione dell’anniversario dei cinquant’anni dal golpe in Cile che mise fine al governo di Salvador Allende mi è stato chiesto di riallestire quello spettacolo per un concerto ai Magazzini della Zisa, ma non volevo rifare semplicemente
quello che avevo già fatto e, così, ho deciso di raccogliere alcuni brani sudamericani che mi avevano sempre toccato molto e ho cominciato a lavorarci. Abbiamo fatto diverse prove e alla fine in modo molto naturale ci siamo ritrovati con il materiale pronto per il disco. Siamo entrati in studio ad inizio maggio e, come sempre, lo abbiamo registrato nel giro di una giornata di lavoro con la stessa immediatezza con cui si fa un disco jazz.
          

Quanto è importante, dopo cinquant’anni dalla morte di Victor Jara, cantare ancora le sue canzoni?
Victor Jara è uno di quei musicisti che ascoltavo moltissimo quando avevo quindici, sedici anni. C’erano i comitati di quartiere, le manifestazioni di piazza, c’era un movimento politico di base molto forte di cui oggi si sono perse le tracce. Le sue canzoni sono toccanti e ancora attuali perché sono giuste e hanno un senso profondo perché fondamentalmente le cose non sono mai cambiate. In Sud America non si sta meglio di quando è morto Jara. Ritengo importante, oltre che musicalmente stimolante, suonare le sue canzoni e la musica tradizionale che cantava. 

Quali sono i punti di contatto con “Conosci Victor Jara?”
Sono partito dal presupposto che sarebbe stato un disco differente, innanzitutto perché manca Auli Kokko
che di quel disco era protagonista e che ha scelto di non cantare più e di fare la mamma. L’approccio è rimasto lo stesso, e del resto tre dei musicisti sono gli stessi che hanno lavorato al disco uscito nel 2000: Piero De Asmundis al pianoforte Franco Giacoia alla chitarra elettrica e Aldo Vigorito al contrabbasso. La novità è nella presenza di gran parte della ciurma di Capitan Capitone, ma anche di altri amici come Daniele Di Bonaventura al bandoneon, Facundo Quênse alla quena, Massimo Moriconi al basso freatless, Massimo Cecchetti al basso, Robertinho Bastos alle percussioni, le voci di Emilia Zamuner, Ginevra Di Marco, Sandro Yoyeux, e Paolo Romano “Shaone”, uno vero poeta della scena rap napoletana. C’è anche Enzo Gragnaniello che mi ha onorato della sua presenza interpretando “Canzone per Jara” su testo di Shaone.

Cosa differenzia “poema 15” dal disco del 2000?
In “poema 15”, come in “Conosci Victor Jara” non ci sono solo le sue canzoni, ma è un viaggio nel suo mondo, nella canzone sudamericana e nell’incrocio di culture, africana, europea e India. È un disco che
mette insieme la mia passione per i tanti suoni latinoamericani, ma anche il bisogno di riaccendere i riflettori sui terribili fatti del golpe militare in Cile del settembre 1973. È una pagina oscura della storia che ha avuto effetti devastanti su quella nazione ma che si propagarono anche in Europa. In particolare, l’Italia, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, era segnata dallo stragismo con eventi come la strage di Piazza Fontana nel 1979, i tentativi di golpe del generale De Lorenzo e di Junio Valerio Borghese. Eravamo entrati in contatto con le vicende del Cile, grazie agli Inti-Illimani che, durante il golpe, erano in Italia e rimasero qui facendoci conoscere la cultura e la musica della loro terra.

Come hai selezionato i brani da inserire nel disco?
Come dicevo prima, l’omaggio da Victor Jara si estende a tutto il Sud America, continente segnato da vicende simili a quelle vissute dal Cile nel 1973. Il disco si apre con “El aparecido” scritta da Jara nel 1967 per Che Guevara, l’hijo de la rebeldìa. A seguire c’è “Sueño con serpientes” del cantautore cubano
Silvio Rodriguez e che hanno interpretato in tanti da Mercedes Sosa a Milton Nascimento. È una sorta di incubo con un serpente che rinasce ogni volta che lo uccidi e cantandogli la verità con un verso riusciremo ad ammazzarlo definitivamente. Il serpente altro non è che il potere che diffonde la menzogna propinando al popolo la sua versione della storia e con questo lavoro ho cercato di piantargli nel suo stomaco la verità. Ci sono, poi, “Piedra y Camino” dell’argentino Atahualpa Yupanqui, il tradizionale “Confians”, “Lamento Boricano” del portoricano Rafael Hernández Marín e “Alfonsina y el mar” di Ariel Ramírez e Félix Luna. Volevo inserire, poi, un brano tradizionale della tradizione napoletana che parlasse di emigrazione verso il Sud America e mi sono messo, con Ciro De Rosa, alla ricerca ma non abbiamo trovato nulla perché gran parte dei brani raccontano di emigrazione verso il Nord America dove le difficoltà che incontravano gli emigranti rafforzavano il loro senso di appartenza alla terra che avevano abbandonato. Ho deciso, così, di inserire come bonus track “Italia bella mostrati gentile” che è uno dei pochi brani che parla della nostra emigrazione verso il Sud America. 

Nel disco c’è anche il tuo amore per la cultura e la poesia latino-americana…
Il Sud America ci ha dato scrittori straordinari, immensi come Eduardo Galeano, Gabriel Garcia Màrquez, Jorge Amado, i cui libri hanno segnato la mia formazione negli anni Settanta ma che andrebbero letti ancora oggi. Non è un caso che la title-track del disco sia proprio “poema 15”, una poesia d’amore che Pablo Neruda scrisse nel 1924, successivamente messa in musica nel 1972 da Jara. È importante mettere in luce anche i sentimenti più intimi di questi artisti impegnati politicamente. Per altro, morirono a poche settimane di distanza Jara ucciso il 16 settembre 1973 dai golpisti di Pinochet, mentre Neruda morì in ospedale probabilmente avvelenato perché anche lui 
inviso al regime. Fu anche in quel caso una vera e propria esecuzione.

“Canzone per Jara” l’avete firmata tu e Shaone…
È l’unico inedito del disco ed è un brano di cui sono molto soddisfatto sia per il testo di Shaone, sia per il fatto che l’ha cantata con Enzo Gragnaniello.

Con la musica si può fare ancora la rivoluzione?
No, ma con la musica si fa politica e questo ci spiega il motivo per cui i golpisti di Pinochet si accanirono così tanto su Victor Jara, lo torturano e gli ruppero le mani prima di ucciderlo. Il tempo non cancella le cose, anche se oggi si tende a dimenticare le cose o si fa in modo che vengano dimenticati. L’informazione è veicolata in modo scientifico e per mesi e mesi ci rompono le palle con alcune notizie che poi scompaiono, si fa in modo che la gente dimentichi o che ricordi solo certe cose. C’è anche una questione di poca attenzione generale, perché la gente non ha il tempo di guardare oltre i propri problemi quotidiani o è superficiale nell’ascoltare musica, vedere film o leggere un libro. Lo vediamo oggi con le guerre in Ucraina e in Palestina. l’informazione va solo in un senso. È per questo che bisogna rendere giustizia a Victor Jara continuando a cantare le sue canzoni.

Concludendo, il disco – come accade da qualche anno – lo ha finanziato con una campagna di crowdfunding...
È l’unico modo per resistere e continuare a fare musica. Io mi sento fortunato perché ho tante persone che mi seguono e continuano a comprare i dischi, ma sarebbe impossibile vivere oggi di musica con gli introiti scarsissimi che arrivano dalle piattaforme digitali in cui riescono a fare utili solo gli artisti su cui puntano le major e che sono sostenuti da massicce campagne di marketing. 


Salvatore Esposito

Daniele Sepe – poema 15 (Encore Music, 2023)
L’11 settembre 2023 ricorrevano i cinquant’anni dal colpo di stato in Cile. A Parigi il Comune ha organizzato un concerto (entrata gratuita) offrendo uno dei palchi più prestigiosi, il Théatre du Châtelet, con i Quilapayún, il gruppo che compose, con Sergio Ortega, “El pueblo unido jamás será vencido”. In Italia è difficile che si manifesti questa sensibilità civica da parte delle istituzioni nazionali o locali, ma le iniziative “dal basso” sono state innumerevoli. Esemplare quella di Sponde Sonore ai Cantieri Culturali alla Zisa (Palermo), la rassegna organizzata dal circolo Tavola Tonda che ha invitato il folto gruppo di Daniele Sepe per un concerto dedicato a Victor Jara, il cantautore prima torturato e poi ucciso il 16 settembre 1973 nello stadio che oggi porta il suo nome. Il rapporto di Sepe con Jara è di lunga data: in “Vite Perdite” (1993) aveva incluso “Zamba del Che” e in “Spiritus Mundi” una struggente versione di “Te recuerdo Amanda” (1995), per poi dedicargli nel 2000 l’album “Conosci Victor Jara?” con le belle voci di Auli Kokko e José Seves. La versione dal vivo (2007) è scaricabile gratuitamente dal sito di Sepe. Per i nove brani del nuovo lavoro su Jara, Sepe ha incontrato un convinto sostegno dal crowdfunding popolare. Ha richiamato in studio tre compagni dell’album del 2000: Piero De Asmundis (pianoforte, Rhodes), Franco Giacoia (chitarra elettrica), Aldo Vigorito, contrabbasso. E non si è fatto sfuggire l’occasione (come di consueto) per coinvolgere un’altra trentina di musiciste e musicisti a cominciare da cinque voci soliste, un coro con Rubina Della Pietra, Cristian Vollaro, Antonio Valentino, Marcello Squillante, Antonello Iannotta, la chitarra classica di Francesco Scelzo e quelle elettriche di Franco Giacoia e Alessandro Morlando, le tastiere di Peppe Cozzolino (Hammond) e Peter De Girolamo (synth, Rhodes), Massimo Cecchetti al basso elettrico, Massimo Del Pezzo o Daniele Chiantese alla batteria. Questa volta il respiro del repertorio guarda alla “musica popolare e politica latino americana” in generale pur dedicandolo all’11 settembre del 1973 e suggerire una doppia apertura dell’album: un preludio offerto dalla chitarra classica di Roman Gomez seguito da uno dei brani più conosciuti di Jara, “El aparecido” con un arrangiamento in crescendo che sa tenere insieme percussioni latine (Robertinho Bastos e Antonello Iannotta), assoli di tastiere e dello stesso Sepe al flauto traverso. Il ritornello del brano ritorna in “Canzone per Jara” (di Sepe e Paolo Romano) che sa fondere il rap di Shaone con le voci di Zamuner e Gragnaniello, la quena di Facundo Quënse e charango, cuatro e mandolino di Vincenzo Racioppi. Del repertorio di Jara sono anche la versione acustica di “Lamento Borincano” (con cui nel 1929 Rafael Hernández Marín denunciava lo sfruttamento dei contadini di Puerto Rico) e “poema 15”, il brano - con un ispirato assolo di Aldo Vigorito – che dà il titolo all’album: qui il compositore cileno mette in musica i melanconici versi di Pablo Neruda (di cui Sepe aveva già interpretato “Asi como matan los negros” con la musica del compositore cileno Sergio Ortega) da “Veinte poemas de amor y una canción desesperada”, uno dei libri di poesia in spagnolo più venduti del XX secolo.  Volano alte anche la poesia in “Sueño con serpientes” del cubano Silvio Rodriguez e, dall’altro lato dei Caraibi, la voce e la chitarra di Sandro Yoyeux per i versi popolari nel creolo delle Antille di “Confians”, introdotta da Mino Cinelu nel repertorio dei Weather Report, altra stella polare di Sepe. Quando è il turno di leggere “Piedra y Camino’’ di Atahualpa Yupanqui, la tentazione è troppo forte e Sepe mette volentieri in campo il suo sax innamorato di Gato Barbieri (ricordate “The Cat with the Hat”?) che nel finale è protagonista anche di “Alfonsina y el mar”, la struggente composizione di Ariel Ramírez e Félix Luna dedicata ad Alfonsina Storni cui contribuisce a dar corpo sonoro il bandoneon di Daniele Di Bonaventura. L’ultimo brano, “Italia bella mostrati gentile” chiude con le parole amare dei migranti italiani nelle Americhe cui da voce Ginevra Di Marco, sospinta dall’ensemble che alterna gioiose atmosfere afrocaraibiche e tradizione popolare italiana. “L’evidente ambientazione afro va letta per quello che è il testo, che oggi potrebbe riguardare qualsiasi africano che si trasferisce in Europa”.


Alessio Surian

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