Premio Andrea Parodi, XVI edizione, Cagliari, Teatro Massimo, 12-14 ottobre 2023

Per raccontare la XVI edizione del Premio Andrea Parodi, accolta nel bel Teatro Massimo di Cagliari, iniziamo dagli ospiti. Con la chitarra a tracolla e in modalità quasi profaziesca, con fluviale ironia disincantata, Peppe Voltarelli, fresco di ritorno dal viaggio di esportazione dell’onda calabra a New York per registrare il nuovo lavoro, ha raccontato suoni, vita e incontri migranti, lui calabrese giramondo, nella seconda serata (venerdì 13). Invece, la serata finale di sabato 14 ha ospitato il duo vocale-percussivo Ual-la! vincitori dello scorso anno, che ha anche presentato il video, frutto del riconoscimento della critica 2022. Ma a colpire nel segno è stata, anzitutto, Fausta Vetere, accompagnata dal notevole chitarrista Umberto Maisto. Vocalità ancora fulgida, dizione perfetta, portamento elegante: una lezione di stile e di tecnica per i concorrenti di questa edizione. Tre brani, dalla villanella a un estratto recitato dalla “Gatta Cenerentola”, più la ninnananna-omaggio ad Andrea Parodi, cui ha fatto seguito la standing ovation, doverosa quanto spontanea da parte del folto pubblico. Impressiona il giovanissimo organettista, neppure diciottenne, Giacomo Vardeu da Orosei, che mostra di padroneggiare gli stili da ballo del suo paese. 
Dotato di gran tecnica non fine a sé stessa, possiede dedizione e curiosità per il mondo del mantice, guarda a un nume tutelare come il basco Kepa Junkera come fonte di ispirazione: tradizione che passa di generazione in generazione innestando innovazione e personale ricerca stilistica e compositiva. A proposito delle quali Paolo Angeli – che ha ricevuto il Premio Albo d’Oro – è un genio assoluto con la sua chitarra sarda preparata, strumento-orchestra con cui attraversa orizzonti sonori in lungo e in largo nel Mediterraneo. Angeli ci ha anche regalato emozionanti sequenze di canto gallurese. Vi starete chiedendo: perché partire dalle guest del Contest-Premio? Forse, perché è da qui che ci si deve rivolgere per avere modelli di riferimento: una veterana la cui emissione vocale incanta, un giovane che ha appreso i linguaggi musicali locali ma che ha fame di ricerca e creatività, un musicista-ricercatore che sperimenta e che usa tecnica e composizione per creare inusitati viaggi sonori. Perché è con i nomi di cui si è detto che si sono trovate le emozioni che gli otto concorrenti in gara – pur bravi e di indubbia qualità – hanno fatto un pochino mancare. Se si guarda in prospettiva il Premio – uno degli eventi di punta nel programma festivaliero italiano, che sta
raggiungendo la maggior età sempre tra le difficoltà di finanziamenti che deve affrontare chi fa cultura in Italia oltre il mainstream e i talent – riavvolgendo il nastro di questi sedici anni, solo in parte si possono comprendere le tendenze “world music” (pur riconoscendo tutti i limiti della categoria) in Italia né tantomeno si può pensare di allargarsi alla dimensione europea. La selezione avviene sulla base di un’iscrizione al contest da parte degli artisti, il setaccio primario screma una bella fetta di proposte e purtroppo non mancano le defezioni che di anno in anno vedono dare forfait alcuni artisti tra i meglio piazzati nelle selezioni che scelgono i finalisti. Cionondimeno, il Premio rappresenta una finestra su mondi che per comodità vogliamo chiamare di “musiche attuali” che traggono ispirazione nelle espressioni di tradizione orale ma anche che fondono linguaggi, riprendono forme di canzone dialettale o popolaresca e via continuando. Non è un caso che la riflessione accademica che di anno in anno è proposta come evento collaterale (purtroppo quasi sempre limitata a un parterre italiano) diventa un importante tassello del discorso sulla “tradizione” e sulle musiche del mondo, come è stato quest’anno, quando Ignazio
Macchiarella, Jacopo Tomatis, Marco Lutzu, Roberto Milleddu hanno proposto interventi anche provocatori su quanto uno strumento tradizionale possa ritenersi ancora tale quando è innovato sul piano organologico o stilistico-esecutivo, con un focus su due esempi dal territorio ospite (launeddas e organetto), ma soprattutto sbaragliando il campo da idee di “antichità”, “suoni ancestrali” e nozioni conservative di tradizione musicale. Tutto un apparato terminologico passatista che anima i discorsi pubblici, da quelli istituzionali all’UNESCO, passando pure per le strategie comunicative dei musicisti. Suggestioni forti sono arrivate dall’archivio RAI nell’incontro curato da Elisabetta Malantrucco (Radio Techeté) in compagnia di Elena Ledda (direttrice artistica) e Valentina Casalena (padrona di casa e presidente della Fondazione Parodi che organizzata la manifestazione), che hanno commentato una serie di interviste di Andrea Parodi rilasciate alla Rai. Per la cronaca, il venerdì la sala incontri del Massimo aveva ospitato le presentazioni di due nuovi progetti musicali targati S’ard Music, “Raixe” di Matteo Leone e “Sola” di Stefania Secci Rosa.

Posta un commento

Nuova Vecchia