Edward Abbiati – To the light (Appaloosa/IRD, 2023)

“To the light”, il nuovo album del cantautore italoinglese Edward Abbiati, ci lancia in una dimensione carica di buona energia. Innanzitutto grazie a un andamento deciso, che si perpetua lungo tutti i dieci brani in scaletta. Poi perché, a un ascolto più ponderato, riflette una certa luce (non vorrei arrivare a dire positiva) che richiama una visione carica di buoni propositi. Molti osservatori non hanno mancato di notarla, questa luce. Riconducendone la genesi (probabilmente a ragione) a “Beat the night” del 2019. Però, non voglio spingermi nella stessa direzione: asserendo, cioè, che questo debba necessariamente rappresentare se non un preambolo almeno un elemento a cui rapportare – dentro una narrativa in cerca di contraltari – l’ispirazione di “To the light”. Proporrei una ragione su tutte: quello ha anticipato la pandemia e questo l’ha superata. Ad ogni modo sembra, in questo momento e davanti a un disco certamente denso e ben piantato, più appassionante ricondurre queste righe al contesto ben definito di un ciclo di canzoni sufficientemente autonome, che si tengono in piedi da sole più che egregiamente: da un lato perché sono tutte belle (mi affido a un termine riduttivo sì, ma necessariamente efficace e plastico), dall’altro perché trasudano ispirazione da ogni poro, dilatando lo spazio di ascolto verso direzioni sempre piacevoli, perché riconducono all’immagine della corsa, di un vettore che percorre una direzione chiara, rivelata. Riguardo a quest’ultimo aspetto – ancora, probabilmente, non privo di retorica – aggiungerei che la carica positiva di cui sopra si articola in un’energia strutturata, che convince (“tutti i muscoli del corpo”, a partire dai piedi), entro la quale ogni elemento sembra poter esistere da solo. E, attenzione, non buttiamola sulla questione dell’insieme che è composto dalle parti. Certo che è così – certo che non lo è sempre. Ma, davvero, ogni suono è così profondo e calibrato da farsi desiderare. Al punto tale da immaginarselo e a tratti addirittura desiderarlo – e ditemi se questo è poco – in uno spazio vuoto, senza nient’altro intorno se non l’eco delle sue articolazioni. Riguardo, invece, alla bellezza (ripensiamola come elemento interpretativo, basato essenzialmente su un paradigma estetico), vorrei invitare chi legge dentro la dimensione – tanto semplice quanto rara – del trasporto: dicevamo che i piedi si muovono e non è scontato. Per una ragione semplice: non basta il ritmo – che qui non manca, asciutto e deciso, in nessuno strumento, anche nelle svisate (a volte caustiche) della chitarra elettrica. Ci vuole la grazia, che si compone nella miscela (corposa e raffinata) di una visione chiara, con timbro giusto e cadenza sempre regolare. Il contesto entro cui l’album prende forma, d'altronde, è pieno di punti di riferimento – sia per l’autore che per l’ascoltatore. E lo si percepisce con nitidezza, perché la sicurezza esecutiva è rassicurante. Abbiati la conquista senza aggeggiarla. La afferra, anzi, poggiando su sostegni che non cedono a nessuna scossa. Il primo di questi – anche se, forse, in ordine di “apparizione” potrebbe figurare a fondo lista – è costituito dai fiati (tromba, flicorno e sax), che slanciano i brani, ampliandone, allo stesso tempo, il profilo in un’atmosfera dilatata e brillante. Poi ci sono gli ossi duri, quelli che non mollano mai e che lasciano un solco netto a ogni passaggio. Cominciamo dalle linee terse della batteria (compare Winston Watson in “Just About Now”), che indicano una strada chiara: movimento e dritti alla meta, ordine e presenza, carattere senza possibilità di fraintendimenti (insomma possiamo richiamare, tanto per capirci, la marcia del Boss). Proseguiamo con le corde (che comprendono, oltre all’elettrica, la lap steel e il basso), che riconducono a un’epica contemporanea, che fraseggia America e Inghilterra. Concludiamo con la morbidezza di una fisarmonica, in un ruolo collante proprio con la voce di Edward, profonda, acida, carica e visionaria: appunto, piena di luce. 


Daniele Cestellini

Posta un commento

Nuova Vecchia