Chango Spasiuk – Eiké (Autoprodotto, 2023)

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Sono passati trentaquattro anni dal suo primo album. “Eiké” è il suo diciottesimo e il titolo, in lingua guaraní, significa “invito a entrare in uno spazio interiore”, a sentire la musica come la vibrazione dell’anima. Per tre brani, il fisarmonicista Chango Spasiuk, di Apóstoles, nella provincia argentina di Misiones, ha raccolto questa esortazione registrando in solitudine. Con la danzante "Siete higueras" rende omaggio a Isaco Abitbol, il Patriarca del chamamé, fondatore del Cuarteto Santa Ana, primo gruppo di chamamé a trovare fama nazionale. “Improvisación para Juana” lascia spazio al pianoforte acustico, in bilico fra meditazione e dialogo con la figlia Juana, prima di riprendere, con fisarmonica e percussioni, per “Polca de Juana”, il solco delle danze. “Realizzare questo album è stato un viaggio emotivo, il mio grande viaggio”. Il resto del cammino, Chango Spasiuk l’ha percorso in compagnia di amici che hanno dialogato con lui a distanza. “Pynandí (Los Descalzos)” è stato scelto anche per lanciare l’album ed è il brano che apre la serie delle dodici tracce con la partecipazione di Carlos Nuñez al flauto e Gustavo Santaolalla al ronroco argentino, strumento con cinque doppie corde, leggermente più grande di un charango (diapason di 41 centimetri), accordato con un intervallo di quarta sotto a quello del charango. Il fisarmonicista considera Santaolalla “un grande compositore, capace di rendere sottile e delicato tutto ciò che tocca. Gli ho scritto per capire se fosse 
disponibile a interpretare ed a improvvisare il brano. Gustavo Santaolalla ha registrato il suo ronroco a Los Angeles, offrendo una magnifica trama che mi ha fatto pensare ad includere anche uno strumento a fiato. La scelta è caduta subito su Carlos Núñez, un altro grande artista e amico della Galizia: in passato, un suo concerto al Teatro Coliseo di Buenos Aires ci aveva fatto incontrare tutti e tre. Ognuno di noi, dai rispettivi luoghi di residenza ha contribuito a dare al brano un’impronta specifica, che non saprei spiegare, ma che sono grato di poter ascoltare”. Con i norvegesi Per Einar Watle, alla chitarra (con lui nel 2019 aveva realizzato "Hielo Azul Tierra Roja"), e Steinar Raknes, al contrabbasso, ha riletto “Lucas”, di cui dice: “Mi interessava recuperare questo ed altri lavori precedenti legati alle mie prime composizioni e provare a produrre versioni migliori. Nell’album ‘Bailemos’, nel 1992, avevo registrato ‘Lucas’, quando è morto mio padre. Non mi soddisfa il modo in cui suono e l’approccio a quell’album. Ma mi piace quella canzone e quindi ho trovato un modo per renderle giustizia, anche perché è dedicata a mio padre”. Dal vivo, con Marcelo Dellamea alla chitarra, è stato registrato "Puerto Tirol”, il brano che un
altro illustre compositore di chamamé, Heraclio Pérez, aveva dedicato alla città del Chaco in cui viveva e lavorava il padre. Negli altri brani l’invito è stato esteso a un ventaglio ampio di colleghi molto qualificati: l'arpista paraguayano Sixto Corbalán ("Canción de amor para Lucía"); il violoncellista brasiliano Jaques Morelenbaun ("Mi pueblo, mi casa, la soledad"); ci sono poi le percussioni e la kora senegalesi di Boubacar Cissoko ("Mejillas coloradas"), il laúd marocchino di Majid Bekkas e il bendir di Gonzalo Arévalo ("Tristeza"), Sergio Tarnoski all’organetto verdulera nell'omaggio a Luis Ángel Monzón, “Puestero lobizón”; Erik Truffaz alla tromba con un magistrale ed emozionante utilizzo della sordina in "Gratitud", forse il brano più intenso, caratterizzato da un incedere solenne, sostenuto dalle percussioni e dallo sviluppo parallelo delle melodie della fisarmonica e della tromba, a disegnare linee che spostano progressivamente il senso dell’orizzonte.  


Alessio Surian

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