Vołosi – 200 Weeks Ago (Vołosi, 2023)

Vołosi sancisce l’incontro tra musicisti originari delle montagne dei Beschidi slesiani e strumentisti di formazione classica. Un quintetto d’archi che esprime grande energia comunicativa al servizio della quale è posta un’indiscutibile abilità tecnica strumentale. Nel 2004, galeotto fu il matrimonio del co-fondatore, Krzysztof Lasoń, all’epoca alla ricerca di una band di provenienza montanara che suonasse alla festa nuziale per i suoi ospiti. Il gruppo si chiamava Wałasi ed eseguiva il repertorio tradizionale della Slesia dei Beschidi. Col tempo, tra Lasoń e i musicisti slesiani si salda un’amicizia che li porta a esibirsi live insieme. Nel 2010, con il nome di Wołosi i Lasoniowie, hanno vinto il Grand Prix al Festival Nowa Tradyzija, cui sono seguiti altri riconoscimenti. Nel marzo 2011, la canzone “Zmierzch” (Crepuscolo) ha vinto il Grand Prix Svetozar Stracin per la migliore canzone folk europea al Concorso internazionale di musica folk organizzato dall'Unione Europea di Radiodiffusione (EBU). Dopo la pubblicazione del loro album omonimo, Wołosi i Lasoniowie (2011), il gruppo cambia il nome in Vołosi. Nel 2015 incidono “Nomadism” (Unzipped Fly). Nel 2016 vincono il Grand Prix Czech Music Crossroads Award del festival Colours of Ostrava. Del 2018 è un formidabile concerto al Müpa Budapest con il violinista Alexander Balanescu e il violinista serbo-ungherese Félix Lajkó con cui l’anno successivo incidono l’album.Ma di fatto, chi sono i Vołosi? I fratelli Krzysztof (violino) e Stanisław (violoncello) Lasoń sono figli del famoso compositore Aleksander Lasoń, invece i musicisti in origine provenienti dalla band Wałasi, che rappresentano i suoni popolari di Slesia, Podhale e dei Carpazi, sono Zbigniew Michałek (violino), Robert Waszut (contrabbasso) e Jan Kaczmarzyk (viola e all’occorrenza la cornamusa gajdy). “200 Weeks Ago” porta a un livello più alto l’interazione tra strumentisti radicati nella tradizione e musicisti di formazione accademica. Il titolo si riferisce alla quantità di tempo che gran parte del materiale ha impiegato per arrivare a compimento. L’album è stato interamente registrato in uno studio costruito in una villa abbandonata nelle montagne dei Carpazi, con l’intento di conferire un’atmosfera unica alla produzione, che è premiata da un suono caldo; il disco è stato mixato da Josh Tyrrell a Londra e masterizzato da Zino Mikorey a Berlino. Il repertorio non è tradizionale, ma è stato composto dalla band, con Stanisław Lasoń e Jan Kaczmarzyk accreditati come autori. I musicisti stessi definiscono il lavoro come “un viaggio musicale dedicato a tutti gli esploratori, a coloro che cercano melodie belle, malinconiche e avvolgenti e a chi ha bisogno di una forte dose di energia”, così come avviene nel cinematico tema di apertura, “Prelude”. La successiva “Harpagan” dura solo due minuti ma è una frenetica esplosione di archetti di derivazione brahmsiana. Seguono motivi dove aleggiano un’impronta rock o in cui sono più marcate le tecniche care alla musica classica e contemporanea o ancora prevale il respiro poetico, introspettivo e riflessivo del pizzicato. Ecco che i brani sembrano fondersi senza soluzione di continuità, alternando sequenze dirompenti e di pianissimo. “Scent” e “Green” sono temi sono sempre in tensione e in bilico, ancora di forte componente cinematica, con il quintetto che si concede ampi squarci improvvisativi. “Time Capsula” è un altro brano dove l’umore degli archetti è mutevole e flessuoso, mentre la title track si ammanta di elegante lirismo. Il coté popolare danzante sembra prendere il sopravvento nella successiva “No!”, ma le movenze sono sempre sorprendenti così come nella conclusiva “Pendulum”, dove regalano ancora stupore con il loro alto livello esecutivo fatto di note senza tempo. Con i loro recital sono venuti a trovarci già parecchie volte in Italia: i Vołosi sono unici, non lasciateveli sfuggire. 


Ciro De Rosa

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