WOMAD, Charlton Park, Wiltshire, 27-30 luglio 2023

Era un luglio del 1982 e la pioggia scrosciava, battezzando la prima edizione di WOMAD, il festival della musica world fondato da Peter Gabriel, ex leader dei Genesis. Un evento straordinario coi suoi molteplici palcoscenici, workshop e tendoni sparsi per il Royal Bath & West Showground di Shepton Mallet, dove avrebbero sfilato artisti come i Drummers of Burundi, i China’s Tian Jin Dancers e gli Egypt’s Musiciens du Nil. Non si respirava un clima tanto cosmopolita, rivoluzionario e accogliente dai tempi di Monterey Pop e Woodstock. A distanza di 41 anni, questo festival continua a ispirare migliaia di music lover da tutto il mondo, accendendo i riflettori su musicisti di talento provenienti da ogni angolo del globo. La prima volta che ho avuto il piacere d’immergermi nell’atmosfera di WOMAD era il 2013, un sabato sera in cui il pullman mi aveva scaricata su una strada sterrata, a pochi passi dal sito. Una ruota gigantesca svettava sopra il luna park, costellato da tendoni e chioschi illuminati a festa. La musica mi investì in tutta la sua potenza, un inebriante cocktail di strumenti e voci fuori dal comune, provenienti dai padiglioni di Charlton Park. Accanto a me c’era Ian Brennan, produttore musicale vincitore di Grammy, e i Malawi Mouse Boys, una band d’incredibile talento che era stata invitata a esibirsi quella sera stessa. Ancora non sapevo che quel momento avrebbe marcato l’inizio di uno splendido sodalizio: negli ultimi undici anni a WOMAD, Ian e io abbiamo avuto il piacere di portare 23 artisti, 21 dei quali non sarebbero mai usciti dai confini del
loro Paese se non fosse stato per questo festival. Si tratta di musicisti provenienti da aree del mondo mai apparse prima a WOMAD: The Good Ones e Abatwa dal Rwanda, Acholi Machon dal Sud Sudan, Hanoi Masters dal Vietnam, Khmer Rouge Survivors dalla Cambogia, Tanzania Albinism Collettive dalla Tanzania, Comorian dalle Isole Comore. Quest’anno è stato Robert Jabini a calcare il palcoscenico, membro del duo Saramaccan Sound, la prima band dal Suriname a esibirsi a WOMAD. Robert avrebbe dovuto essere accompagnato dal fratello Dwight, ma a lui non è stato concesso il visto. Un problema, quello della mobilità internazionale di artisti provenienti da aree economicamente svantaggiate, che abbiamo dovuto affrontare ogni anno e che stride con lo spirito di un festival dedicato alla multiculturalità. È proprio in questo che risiede la forza di WOMAD: guarda oltre le frontiere erette dalle istituzioni, oltre le classifiche delle radio occidentali che silenziano il Sud del mondo, oltre le premiazioni che non tengono conto del talento di chi proviene da aree rurali e povere. A Charlton Park, la musica internazionale di qualità si fonde per toccare tutti presenti e cambiarli per sempre. Perché WOMAD non è solo un festival, ma
un’esperienza coinvolgente e aperta a tutti, dai più piccoli ai più grandi. Spazia dai laboratori d’arte, danza, canto, fitness e scienza alle presentazioni di libri con artisti eccezionali da tutto il mondo; per non parlare dei chioschi che punteggiano il parco, proponendo cucine dalle Hawaii ai Caraibi, in sintonia col meraviglioso melting pot che caratterizza il festival. E così accade che un piccolo centro urbano a Sud Est dell’Inghilterra, Wiltshire, si trasformi in uno dei centri culturali più vibranti e multietnici al mondo. In quanto fotografa, giornalista e scrittrice italiana di madre rwandese, mi ritengo fortunata nel trovarmi in un ambiente che celebra la pluralità in un clima così familiare. Per non parlare del fatto che sono madre di una seienne che partecipa al festival da quando aveva sette mesi, e ogni anno ha il privilegio di conoscere da vicino artisti mondiali, imparando l’empatia e il rispetto per le altre culture. A WOMAD nessuna voce è silenziata, ma valorizzata all’ennesima potenza. È questo il motore del festival. 


Marilena Umuhoza Delli 

Foto di Marilena Umuhoza Delli 

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