Galoni – Cronache di un tempo storto (Freecom Hub/Amor Fati, 2023)

Quarto disco per Emanuele Galoni, in arte Galoni, dal titolo "Cronache di un tempo storto", che arriva dopo “Incontinenti alla deriva” (2018) e contiene undici tracce inedite per la produzione artistica di Emanuele Colandrea e dello stesso Galoni. L’arpeggio di chitarra acustica si fonde con l’elettronica in “Patrimonio dell'Unesco” ("Che fai non te la fai una vita intera sopra un tram, dai quartieri fuori le mura fino alle scale della Gnam, c'è chi scende per pisciare nella fontana di Duchamp, un rider claudicante mostra la tac alla ginocchia, chi vuole questa bicicletta, io ho perso un’altra volta, che fa risalirai sono invecchiato sopra un tram, a scherzare con i preti e a confessarmi con i trans”), creando un pezzo perfetto e trascinante, la successiva “L’esercizio fisco di piangere” (“Com'è profondo il mare adesso, il Papa solo in via del corso, Laszlo giro ancora intorno a la Pietà, mescolare troppo spesso la tragedia col grottesco è il dramma vero di questa società”) coniuga sapientemente country e pop. Ondate leggere di elettronica e melodia immediata sottolineano “In mezzo alla fretta” (“Sono le pause in mezzo alla fretta ciò che ci resta, quello che conta non lo cerchiamo in quello che basta”), chitarra elettrica e tastiere colorano “Mare Magnum” (“Non conosco più lingua quando un sentimento cambia, possiamo dire di conoscere una cosa solo se sappiamo spiegarla”). “Non devi aver paura di niente” (“In questa terra desolata ti tatuerò una meridiana sulla schiena, finché ci sei tu non so dove vado, ma so dove torno, gettiamo avanti il corpo, oltre un’altra staccionata, coi piedi in uno straccio e il cuore a fare il battistrada”) è tutta in crescendo con interessanti risoluzioni armoniche, più delicata e sognante “La strada di casa” (“Pensa però che palle vivere senza un tappeto sulla polvere e meno male che è così complicato e la vita una porta girevole, è bello sbatterci contro e rompersi il naso e poi spacciarsi per un pugile”). Atmosfere più vintage per “Sui piani alti di un palazzo” (“Sui piani alti di un palazzo non si muore mai di noia, puoi vedere lo skyline del tempo che ci ingoia, le rovine dell’impero, il medioevo che ritorna, il barocco, l’ottocento, sotto una luce di lanterna e i ponti che non reggono i Progetti dei millenials.. Puoi vedere l'uomo Ragno, un volo basso di cicogna e certe strade costruite da gente che non sogna ad avercene di poveri cadetti di Guascogna”), “Le rovine di Pompei” (“Hai gli occhi per il mondo intero, sapresti muoverti davvero come gli uccelli migratori che hanno in tasca il cielo, se ti senti sola altrove, cerca un volto che ricordi le rovine di Pompei, più di questo non so andare, in mezzo al dire e il fare trovo sempre i Pirenei”) è malinconicamente cullata dal pianoforte. Echi di Baustelle si respirano nel rock leggero di “Gino” (“Quando io e Gino andammo sulla luna, ci risvegliammo dentro una fontana , intorno i pesci e la madama”), invece è rivestita di acustico “Come il cobalto negli IPhone” (“Si va dove si può, in fondo al tunnel c'è un falò, si sta come si può, come il cobalto negli IPhone, hai una conchiglia scolpita nella pancia, a forza di remare con i cucchiai”). Chiusura “Buoni propositi per il nuovo anno” (“O portare una rosa sulla tomba di un padre, ballare da solo, stabilire una meta, guardare nel vuoto ma riempirlo di creta, vestirsi da sposa ed uscire di casa, che cazzo ridete ignoranti è una cosa meravigliosa”) che inizia dolce e si macchia di elettronica nella coda. Siamo al disco della maturità: un Galoni ispiratissimo ci tratteggia i nostri tempi con una poetica robusta, ricca di citazioni, di rime incastrate perfettamente sopra a tappeti musicali affascinanti e mai scontati. Uno dei dischi migliori dell'anno e ci si stupisce della sua assenza nelle cinquine del Tenco. Rimane il fatto che Galoni è uno delle figure più significative della canzone d’autore italiana e “Cronache di un tempo storto” è un gioiello purissimo. 


Marco Sonaglia

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