MishMash – E così tutto canta. Dialoghi e musiche per un futuro possibile (Finisterre, 2022)

La collana Nubes. Musica in libri è la nuova linea editoriale della storica label laziale Finisterre che raccoglie musica, parole e immagini. Ad oggi, il formato prevede anche la presenza del supporto CD audio. Al prezzo di copertina di 15,00 euro, sono finora cinque le pubblicazioni tematiche date alle stampe: i canti penitenziali dell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso di Sessa Aurunca contenuti in “Miserere” a cura di Ambrogio Sparagna ed Erasmo Treglia e, sempre per la curatela dell’organettista, compositore e agitatore culturale di Maranola, il “Convivio”, dedicato a Dante e ai Cantori Popolari, “La Messa Popolare”, con la partecipazione del Coro Lauda Popolare San Filippo Neri diretto da Anna Rita Colaianni, “La musica del Presepe”, per le voci di Peppe Servillo, Mario Incudine, Eleonora Bordonaro, Raffaello Simeoni, Simone Cristicchi e i solisti dell’Orchestra Popolare Italiana, e questa pubblicazione, intitolata “E così tutto canta. Dialoghi e musiche per un futuro possibile”, di cui sono protagonisti i MishMash. Nello scorcio finale del secolo scorso, era all’incirca il 1996, è avvenuto l’incontro tra la cultura musicale ebraica di Marco Valabrega, la formazione classica del chitarrista Domenico Ascione, il mondo iraniano e mediorientale di Mohsen Kasirossafar (pure liutaio in Roma), il jazz e l’improvvisazione di Bruno Zoia. Da qui, ha preso le mosse un lungo viaggio improntato al miscuglio culturale, con una manciata di incisioni e tante avventure e chilometri percorsi per costruire ponti sonori. Oggi, il quartetto comprende i tre musicisti della prima ora, Marco Valabrega (violino, viola e kamanche), Bruno Zoia (contrabbasso) e Mohssen Kasirossafar (percussioni persiane), e l’ultimo arrivato, Nicola Pignatiello (chitarre), che è stato allievo dell’indimenticato fondatore Domenico Ascione, mancato prematuramente nel 2017. In più, collaborano a questa incisione rinomati musicisti, a cominciare dalla vocalist italo-turca Yasemin Sannino, da sempre partecipe dei progetti dell’ensemble, per continuare con altre due ugole eccellenti: Lucilla Galeazzi e Nazanin Saveh, e ancora, il clarinetto di Gabriele Coen la viola di Daniele Valabrega e il tamburo davul di Paolo Modugno, che si è occupato pure della registrazione e dei processi di editing e mastering. In due brani della tracklist si ascoltano la voce e la chitarra dello stesso Ascione, a cui è stato dedicato questo lavoro. Negli scritti compaiono interventi del cardinale Matteo Maria Zuppi (Presidente CEI), dal cui bel contributo è stato scelto un passaggio diventato il titolo del lavoro, e della cantante e autrice canadese Loreena McKennitt sull’incontro con MishMash, cui fa da controcanto la nota di Mohssen Kasirossafar che introduce i suoi scatti che corredano la pubblicazione, e poi ancora gli scritti di Tiziana Vecchio sulle politiche dell’acqua (“Amici della pace, amici delle acque”), la conversazione tra Daniela di Capua e Francesca Corrao (“L’arte come strumento di pace”), il ricordo di Cesare Valabrega, figura di grande musicologo perseguitato dal fascismo e dal nazismo, il racconto di Bruno Zoia a rammentare un’esperienza ai confini tra Turchia e Siria, e i testi e le poesie di Edith Bruck, Pasquale Troia, Max Manfredi e Farid al-Din’Attar, che si adattano alle musiche di MishMash, di cui alcuni spartiti sono stati inseriti nel CD book. Come il nome stesso rivela, i MishMash, termine onomatopeico che si traduce come “mescolanza”, si inscrivono nell’ambito della mappa dei suoni nomadi e diasporici, degli intarsi musicali che si rivolgono a epoche e luoghi diversi, spingendosi liberamente a vagare tra Mediterraneo, Medio-Oriente ed Europa dell’Est componendo una fusione sempre accattivante. Fin dalle origini i MishMash hanno percorso strade che hanno connesso tradizioni musicali e religiose, proponendo un repertorio eterogeneo che intreccia la Storia con la S maiuscola. La loro è una casa dove albergano musica ebraica sefardita ed ashkenazita, poetica persiana, cicli ritmi balcanici ed anatolici e si inseriscono pure brani composti dal gruppo che assommano procedure colte e gusto popolare. Aprono “E così tutto canta” con una melodia tradizionale greca, “Galani Galaziani”, che animava il loro splendido “Parvané” (2003), un tema danzante in cui si coglie il portato improvvisativo del gruppo, impreziosito – la parola è spesso abusata ma qui ci sta proprio tutta – dai vocalizzi dell’immensa Lucilla Galeazzi, per continuare con l’eleganza che sposa classicismo e folk di “Freihyunch”, composizione di Pignatiello. Il davul apre “Hasankeyf”, su cui entra il canto accorato della vocalist italo-turca Yasemin Sannino (autrice del testo su musica di Zoia) per narrare dell’omonima città plurimillenaria della Turchia, la cui popolazione è stata evacuata e la città inondata per consentire l’apertura di una grande diga sul fiume Tigri per portare l’acqua a paesi a valle. Digressioni carioca nella splendida “Un Peu de Bossa”, firmata da Ascione, mentre le successive “Valadoina” e “Der Hot Bulgar” ci trasportano nel mondo klezmer. Arriviamo, quindi, in uno dei centri della cultura persiana di epoca antica, Neyshabur, dove tra il XII e il XIII secolo era attivo il poeta mistico Farid al-Din’Attar, di cui Mohssen Kasirossafar ha musicato il testo di “Nazanin”, cantata da Nazanin Saveh e in cui si intrufola il clarinetto pregiato di Gabriele Coen. Per soli archi, “Schegge”, strumentale scritto da Zoia, è un altro vertice di questo lavoro che prosegue introducendosi nella religiosità ebraica, prima con “Firn di Mekhutonim Aheym” e poi con il nîggûn chassidico “Baal Schem”. Si ritorna in Iran con “Eshgh O Masti” (Amore ed Estasi) di Ramin Kakavand, interpretata ancora con trasporto dalla cantante iraniana Nazanin Sevah, per arrivare in fondo con un canto di lontananza dalla propria terra, proveniente dalla tradizione sefardita del XIII secolo, “Adios Querida”, raccolta dal vivo in un concerto con Domenico Ascione. Emozioni in parole e musiche per un “canto” senza confini. 


Ciro De Rosa

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