Nell’arco di due lustri di attività artistica, Costanza Alegiani ha messo in luce non solo tutto il suo talento come strumentista e compositrice ma soprattutto, si è segnalata come una delle voci più originali e raffinate della scena jazz italiana. In questo senso determinante è stata certamente la sua formazione accademica, così come gli studi sulle tecniche vocali che l’hanno condotta ad esplorare ambiti musicali differenti dal jazz alla musica contemporanea, passando per quella barocca, non senza tralasciare la passione per il folk-rock e la canzone d’autore. Sotto il profilo discografico, il suo percorso artistico è stato tutto in crescendo, dal debutto con “Fair is Foul and Foul is Fair” del 2014 a “Grace in Town” del 2018 per giungere allo splendido “Folkways” del 2021 nel quale, accanto a splendide composizioni autografe come “Waking Dream”, spiccavano le riletture di “It ain’t me babe” di Bob Dylan e “Lonesome Valley” di Woody Guthrie. A distanza di due anni da quest’ultimo la ritroviamo con “Lucio dove vai?”, originale omaggio in chiave jazz all’opera di Lucio Dalla, nato da una brillante intuizione di Valerio Corzani, giornalista e voce di Radio Tre, che la coinvolse con il suo trio Folkways in uno speciale in occasione del decennale dalla morte del cantautore bolognese. Accompagnata da Marcello Allulli al sax a Riccardo Gola al contrabbasso, con l’aggiunta di Francesco Diodati alla chitarra, la cantante romana diede vita ad una performance straordinaria, successivamente riproposta
anche sul palco con grande successo. Abbiamo intervistato Costanza Alegiani per farci raccontare questo nuovo progetto discografico, non senza soffermarci sull’approccio interpretativo e le sue ricerche sulla voce.
Com’è nato il progetto “Lucio dove vai?” dedicato a Lucio Dalla?
Era l’inizio del 2022 quando Valerio Corzani (autore e conduttore radiofonico per Radio3, musicista, fotografo) mi ha chiamata per propormi di realizzare un concerto in diretta radio (con il mio trio Folkways e Francesco Diodati), partecipando ad un grande evento radiofonico di Rai Radio3 “Lucio dove vai?”, una giornata tutta dedicata a Dalla, per ricordarlo a dieci anni dalla sua scomparsa. In particolare, mi chiesero di attingere al repertorio degli esordi di Dalla e di scegliere poi una rosa di brani dal trittico discografico in collaborazione con il poeta Roberto Roversi, credo anche con l’intento di far conoscere al grande pubblico radiofonico un repertorio di Dalla meno conosciuto. E così è iniziato l’ascolto intensivo della musica di Lucio, passando per “Storie di casa mia” fino a “Automobili”.
Con quale criterio hai scelto i brani da rileggere? C’è un filo conduttore che lì lega?
Ho ascoltato moltissima musica di Lucio Dalla prima di decidere quali potessero essere i brani da poter
interpretare e da elaborare musicalmente. Non conoscevo praticamente nulla di questa prima discografia e in fondo questo mi ha aiutato, perché non c’erano preferenze o emozioni precedenti che condizionassero il mio ascolto e le mie scelte. Le canzoni che fanno parte di questo progetto e disco, “Lucio dove vai?” hanno linguaggi musicali e poetici diversissimi tra loro, e questo è naturale perché provengono da album e progetti diversi, e le ho selezionate spesso per le storie che raccontavano, per le visioni e gli immaginari che i testi mi restituivano, e ho cercato di intuire quali fossero i brani dove avremmo potuto avere spazi di libertà e di azione musicale e vocale. Il vero filo conduttore non c’è tra i brani, ma ciò che li lega è sicuramente il suono del trio e il nostro modo di agire nella musica e di elaborarla.
Come hai lavorato sull’interpretazione dei brani? Quali elementi hai scelto di esaltare?
Ho letteralmente convissuto con la voce di Lucio Dalla per tutto il periodo dedicato agli ascolti, e ogni giorno imparavo un colore, un tono diverso, le pieghe della sua voce, e come lui riusciva a restituire con la sua musica sentimenti e storie diventate immortali. Poi, per trovare una mia interpretazione, ho smesso di ascoltare Lucio e i brani che avevo scelto e li ho trattati come se fossero brani inediti ancora da arrangiare e cantare per la prima volta: così sono partita dalle composizioni, togliendo tutto il resto (gli arrangiamenti
originali, l’orchestrazione) e gli ho suonati al piano con davanti solo accordi e testo, cercando di andare al cuore del brano, nudo, originale, per capire il rapporto tra il testo e la musica. L’elemento che mi ha permesso di entrare dentro questi brani e farli miei è stato il proprio il testo di ogni canzone: ogni frase, ogni storia hanno dato nuovi suoni alla mia voce e mi hanno regalato nuovi modi di raccontare una vicenda umana, un sogno, un sentimento, un desiderio, attraverso la voce.
Come si è indirizzato invece il vostro lavoro sugli arrangiamenti?
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza Marcello Allulli e Riccardo Gola, componenti del Trio Folkways, con i quali ho realizzato la musica e gli arrangiamenti di “Lucio dove vai?”. Abbiamo portato le canzoni di Dalla nella nostra dimensione sonora, che passa da momenti totalmente acustici (voce, sax tenore e contrabbasso) a momenti elettronici (live effects applicati agli strumenti e synth). E non ultimo abbiamo rielaborato i brani attraverso il nostro linguaggio musicale, che ha come terreno d’azione e pratica comuni il jazz e l’improvvisazione, con un’attenzione sempre particolare alla forma canzone e a come elaborare e gestire questa forma. Insieme a noi, già dal primo concerto radiofonico a Radio3, abbiamo avuto al nostro fianco Francesco Diodati alla chitarra come ospite, che ha contribuito in maniera fondamentale alla realizzazione del brano “Il Coyote”: il brano ha una progressione e uno sviluppo
armonico che richiedevano necessariamente uno strumento armonico e un suono guida che accompagnasse la narrazione di questo brano, e il lavoro di Francesco ha creato una dimensione sonora meravigliosa per partecipare a questa gara onirica tra una stella e il coyote. E sempre con Francesco abbiamo registrato “Carmen Colon”, immergendo questa storia di cronaca nel mondo sonoro e poetico del blues, dove Francesco ci ha regalato un suono e un assolo che si sposa perfettamente con il testo e la crudeltà di questa vicenda.
Quali sono le sostanziali differenze tra questo nuovo album e i precedenti?
Ovviamente il nostro primo album “Folkways” (uscito nel 2021 con il Parco della Musica) rispetto a “Lucio dove vai?” ha delle differenze essenziali, a partire dal materiale musicale d’origine. Folkways è progetto che parte dall’elaborazione di folk song americane e dalla scrittura di brani originali che si rifanno alla grande tradizione della folk song americana e della narrativa e letteratura legata ad essa. “Lucio dove vai?” non era nei nostri piani, eppure dopo questo primo concerto radiofonico, abbiamo fatto alcuni concerti con questo nuovo progetto e ci siamo resi conto che nonostante il repertorio fosse diversissimo da quello nostro usuale, aveva un senso per noi “fotografare" questo momento del nostro gruppo, e quindi registrare questi pezzi, che ci hanno fatto crescere come trio e ci hanno portato a trovare nuove soluzioni sonore (come l’utilizzo dei synth), affermare e consolidare il nostro linguaggio musicale.
La conoscenza della mia voce è arrivata col tempo, non subito, attraverso tante esperienze e lo studio di diversi repertori musicali, sempre con un’attenzione particolare al testo delle canzoni (ma anche testi teatrali e poesie) per me veicolo essenziale della mia vocalità e della mia interpretazione. Grazie al Jazz e all’improvvisazione, ho scoperto nuovi suoni della mia voce e quello che la mia voce poteva realizzare, e ho capito che ognuno può far sua una canzone e trovare il proprio senso, la propria storia, con sincerità. Ogni cantante trova le "sue" canzoni, attraverso le quali scopre la propria voce, le sue pieghe e le sue crepe, che mutano nel tempo. Fondamentale è stata l’esperienza di scrittura dei testi per il progetto “Grace in town”, che ho realizzato con Fabrizio Sferra, il quale mi propose di scrivere i testi delle sue canzoni e di cantarli; per poi lavorare insieme sugli arrangiamenti dei brani. La scrittura in inglese è stato un passo fondamentale di acquisizione tecnica e poetica per la mia voce. Sicuramente il folk americano e i suoi grandi interpreti e autori sono sempre stati un punto di riferimento, una sorta di affinità elettiva, un luogo musicale e poetico dove il mio canto si è sempre sentito a casa. Arrivata a Lucio Dalla e all’italiano, la mia lingua, grazie ai poeti e parolieri di questo repertorio ho trovato nuovi suoni e nuove pieghe nella mia voce, e ci saranno altre note e parole da cantare in futuro, e quindi nuove voci da scoprire.
La scrittura di Dalla mi sembra sia legata essenzialmente al racconto di una storia. Immagino si sia chiesto: come raccontare in musica una storia d’amore, uno stato d'animo, come restituire i sentimenti che il mare si porta con sé? E molto altro. E poi immaginarsi una scena, un ambiente e descriverlo in musica. Ascoltandolo, credo che la scrittura per lui fosse un’esperienza totalizzante, performativa, liberatoria, che può portarti in volo, ma farti anche scendere negli abissi della mente e del cuore.
Quali sono i brani a cui sei maggiormente legata?
Difficile scegliere tra tanti capolavori. Ora mi sono affezionata molto ai brani e al repertorio anni Sessanta e Settanta, tra cui la meravigliosa “Due ragazzi”, ma devo dire che ormai ho lasciato parte di me in tutti i brani che abbiamo registrato. Tra le mie preferite di sempre ci sono Cara, “Futura”, “Caro amico ti scrivo”. E da piccola ascoltavo sempre “Attenti al lupo”.
Con il trio Folkways c’è ormai una intesa perfetta. Come si sviluppa dal vivo il lavoro sul disco?
Cerchiamo di lavorare per creare un equilibrio tra i diversi elementi che compongono la musica, e nello specifico lavoriamo sullo sviluppo della forma canzone: introduzione, strofa, ritornello, assoli, ripresa del
tema, coda. Ecco, questi elementi sono ogni volta sviluppati cercando di creare un balance sonoro, un climax e una fluidità che ci permetta di essere creativi e liberi all’interno di una forma. Inoltre, alterniamo i ruoli all’interno del Trio e mettiamo in campo soluzioni diverse nella costruzione dei brani e degli arrangiamenti, creando una scaletta con dinamiche ed energie diverse, alternando anche momenti totalmente acustici a situazioni decisamente più elettriche.
Nel disco spicca la collaborazione con Antonello Salis che impreziosisce con la sua fisarmonica “La casa in riva al mare”. Quanto è stato determinante il suo contributo?
Antonello, con la sua umanità unica, ha portato in sala un’energia straordinaria, e posso dire che in alcuni momenti, mentre registravamo la "Casa in riva al mare" e "Due ragazzi", ci siamo commossi, perché ci ha trasportati in una dimensione musicale dove tutto è musica, e quindi estasi. E grazie alla musica le nostre strade si sono incrociate e sono felice di aver condiviso con lui questo progetto.
Concludendo, hai nuovi progetti in cantiere?
Di natura sono sempre avanti con il pensiero, e ho molte idee che vorrei realizzare nel tempo. Continuo la ricerca e miei studi sul folk americano, continuando la strada che abbiamo intrapreso nel primo album “Folkways”; sto scrivendo nuovi brani e ho una selezione di folk songs che ormai suoniamo da anni dal vivo e che vorrei registrare. Sicuramente porterò avanti il progetto live “Di cosa vive l’uomo” dedicato alle canzoni di Kurt Weill e Bertold Brecht, che ho realizzato con Peppe Servillo, con gli arrangiamenti orchestrali di Gianluigi Giannatempo e la direzione del Maestro Marco Tiso. E poi, esiste molta musica nuova che troverà pian piano la sua strada.
Costanza Alegiani Folkways – Lucio dove vai? (Parco della Musica Records, 2023)
Gli album tributo sono un territorio spesso pieno di insidie, e non è raro cadere nella trappola delle riletture didascaliche, fosse anche per eccesso di zelo nel preservare la bellezza degli originali. Il gioco si fa ancor più complesso, quando si approccia il repertorio di un artista come Lucio Dalla, figura tra le più eclettiche e imprevedibili della scena cantautorale italiana, non solo sotto il profilo musicale con le sue molteplici influenze che andavano dal beat al jazz, ma anche da quello prettamente poetico con una scrittura visionaria e nel contempo cinematografica a caratterizzarne la cifra stilistica. Ci è riuscita magistralmente Costanza Alegiani che recentemente dato alle stampe “Lucio dove vai?”, progetto nato inizialmente per la radio, nel marzo 2022, per uno speciale ideato e realizzato dal giornaliste e conduttore radiofonico Valerio Corzani per Radio Rai Tre, in occasione dei dieci anni dalla morte di Lucio Dalla. Costanza Alegiani e il suo trio Folkways, composto da Marcello Allulli (sax tenore, live electronics) e Riccardo Gola (contrabbasso, basso synth, live electronics), furono protagonisti di una performance di rara bellezza ed intensità nel corso della quale rilessero in una originale chiave jazz alcuni brani del cantautore bolognese. Da quell’esordio radiofonico prese vita l’idea di riprendere altri brani e rifinirne gli arrangiamenti fino a comporre uno spettacolo più articolato portato in scena in tutta Italia e a cui spesso si è aggiunto lo stesso Valerio Corzani come storyteller. L’evoluzione naturale di tutto questo è stato cristallizzare quella fortunata esperienza su disco e, così, è nato questo sorprendente album che mette in fila otto brani del repertorio di Lucio Dalla, scelti tra quelli meno noti al grande pubblico della sua produzione tra gli anni Sessanta e Settanta, e legati alla collaborazione con il poeta Roberto Roversi. Se in occasione dello speciale per Radio Tre cogliemmo tutta l’originalità dell’approccio interpretativo della cantante romana e la perfetta intesa, cementata negli anni, con il suo trio, l’ascolto dell’album ci consente di scoprire le canzoni del cantautore bolognese in una veste completamente nuova, arricchite da colori sonori, tonalità e sfumature cromatiche inedite, grazie ad arrangiamenti cangianti che mescolano momenti elettrici e spaccati acustici. Ad impreziosire il tutto, ci sono poi gli ospiti Antonello Salis alla fisarmonica e Francesco Diodati alla chitarra che ampliano la gamma espressiva dei brani, esaltandone il visionario lirismo. Significativo è quanto scrive, Costanza Alegiani nelle note di copertina: “Questo album vuole essere la fotografia di un anno vissuto insieme alla voce e alla musica di Lucio Dalla; un nucleo di canzoni fatte di poesia e libertà, che mi hanno trasportato in volo fino a una casa ideale dove non ho mai vissuto, ma che ho sempre conosciuto, come nei sogni più intimi. Ognuna di queste canzoni conserva un’anima irriducibile, senza compromessi, anarchica; e ognuna restituisce una storia dove le parole hanno il potere della poesia, che le tramuta in sogno, in bambino, in animali, in desideri, in uomo e donna, in mare”. Accolti dalla iconica fotografia di Luigi Ghirri che ritrae Lucio Dalla sulla spiaggia alle Isole Tremiti, il disco è un immersione nell’immaginario poetico del cantautore bolognese, nel quale si intrecciano frammenti di vita, sogni, speranze e che è attraversato da una tensione quasi mistica che spesso traspare in controluce. Ad aprire il disco è l’onirica “La canzone di Orlando” nella quale spicca la magnifica interpretazione della cantante romana, incorniciata dalla trama sonora del basso di Gola in cui si staglia l’eloquio elegantissimo del sax di Allulli. Si prosegue nei territori del blues con l’oscura “Carmen Colon”, in cui spicca la chitarra di Diodati a caratterizzare una rilettura tesa e tagliente, e che ci schiude le porte al vertice del disco con “La casa in riva al mare” nella quale giganteggia la fisarmonica di Antonello Salis che avvolge come in un abbraccio la voce di Costanza Alegiani e intesse un brillante dialogo con il sax di Allulli. Se dal primo quarantacinque giri di Dalla arriva l’introspettiva “Lucio dove vai?” che rappresenta la vera sorpresa del disco sia per l’intrigante arrangiamento sia la ricercatezza della resa vocale, la successiva “Il coyote” è l’episodio più sperimentale del disco con l’utilizzo dell’elettronica a costruire con la chitarra di Diodati, una perfetta ambientazione sonora in cui si muove la voce della cantante romana. La raffinata versione della romantica storia d’amore di “Anna Bellanna” ci conduce verso il finale in cui ci abbandoniamo alla poesia densa di speranza di “Due Ragazzi” in cui ritroviamo la fisarmonica di Salis, e alla sempre attuale “Anidride Solforosa” in cui Dalla raccontava il cambiamenti delle nostre città, soffocate dal caos e dall’inquinamento. “Lucio dove vai?” è, dunque, un disco di rara bellezza, un opera che va oltre il semplice omaggio ma che coglie nel profondo lo spirito del cantautore bolognese e, facendo tesoro della sua lezione, la proietta verso il futuro “dall’altra parte della luna”.
Salvatore Esposito