Cantante e compositrice romana, Costanza Alegiani vanta una solida formazione spesa tra il Conservatorio di Frosinone dove ha conseguito il diploma in musica jazz e l’Università La Sapienza di Roma presso cui si è laureata in filosofia. Nel corso degli anni, ha proseguito gli studi di tecnica vocale con Sabine Meyer, per la musica contemporanea, e con Angela Bucci per la musica barocca, per dedicarsi successivamente all’attività artistica e didattica. Animata da eclettismo e curiosità, negli anni, ha dato vita ad interessanti progetti discografici come “Fair is foul and foul is fair” del 2014, imperniato su musiche di Giuseppe Verdi e realizzato in occasione del bicentenario verdiano con musicisti del Conservatorio di Bruxelles, o “Grace in Town” del 2018 in duo con il batterista Fabrizio Sferra. A tre anni da quest’ultimo la ritroviamo con “Folkways”, terzo album in carriera,
nel quale ha raccolto nove brani tra composizioni originali e riletture, inciso con la partecipazione di Marcello Allulli (sax tenore ed elettronica) e Riccardo Gola (contrabbasso, basso elettrico ed elettronica), a cui si sono aggiunti, in alcuni brani, Francesco Diodati (chitarra) e Fabrizio Sferra (batteria). Anticipato dai singoli “It ain’t me baby” di Bob Dylan e il traditional “When I was a young girl”, per il quale è stato realizzato un videoclip per la regia di Loredana Antonelli, il disco è stato presentato lo scorso 18 giugno alla Casa del Jazz di Roma, e rappresenta il personale viaggio della cantante romana attraverso la tradizione musicale americana. Nelle canzoni della Alegiani ci sono hobo solitari e la desolazione rassegnata dei romanzi di John Steinbeck, ma anche Bob Dylan e la sua poetica visionaria, la West Coast e il fascino delle canzoni di Joni Mitchell. Non mancano rimandi anche a Leonard Cohen, Johnny Cash e Joan Baez, così come, a livello interpretativo, si scorgono addentellati con Barbara Dane, Jacob Niles e Odetta. Non è un caso, dunque, che il titolo renda omaggio alla storica etichetta americana Smithsonian Folkways Recordings della Smithsonian Institution, ma è l’ascolto a svelarci come la cantante romana riesca a destreggiarsi abilmente attraverso queste ben precise coordinate musicali, approdando ad un originale approccio stilistico e compositivo che interseca folk, jazz e rock. “Grazie a questo progetto” - spiega la cantante romana – “mi sono concessa di dire la verità su tanti sentimenti che mi appartengono, anche molto scomodi, dando voce a visioni e paure, immagini oniriche, ricordi, confessioni, ma anche a speranza e libertà”. I brani danno voce, così, ad una carrellata di personaggi reali, immaginari, ancora letterari che popolano il mondo di “Folkways” nel quale si riflette la dimensione interiore dell’autrice stessa che ne diventa interprete. Ad aprire il disco è la superba rilettura di “It ain’t me babe” di Bob Dylan pennellata con eleganza e raffinatezza dalla voce della cantante romana per giungere al finale in crescendo in cui giganteggia il sax di Marcello Allulli. Si prosegue con l’autografa “Waking Dream”, una murder ballad che passa attraverso tre diversi quadri sonori con la prima parte sofferta, lo spaccato noise con chitarra, sax e batteria ad evocare un delitto, e il finale sommesso in cui vi è l’abbandono alla disperazione. Se “When I was a young girl” è un brano tradizionale anglo-americano in cui spicca il travolgente solo di Riccardo Gola, il successivo “The ice skater” arriva da quella irlandese regalandoci uno dei vertici interpretativi del disco. L’intensa e evocativa reda di “Lonesome Valley” dal songbook di Woody Guthrie impreziosita dal sax di Allulli, ci introduce a “I felt a funeral, in my brain” in cui la Alegiani mette in musica brillantemente un testo di Emily Dickinson. Lo scenario sonoro cambia con il trascinante ritmo swing di “Carry Me Home”, firmata da Fabrizio Sferra che ci accompagna verso il finale con la ballata notturna per voce e sax “Tender is the night, tonight” e il lirismo di “The last Blues of Benjamin Fraser” su testo tratto da “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters. Insomma, “Folkways” è un disco originale tanto nel concept, quanto dal punto di vista prettamente musicale. Assolutamente consigliato.
Salvatore Esposito
Tags:
Europa