Ballaké Sissoko|Vincent Segal|Emile Parisien|Vincent Peirani – Les Égarés (NØ FØRMAT, 2023)

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Vincent Peirani ha riassunto così questo lavoro collettivo: “Nessuno di noi aveva la verità: l’abbiamo trovata insieme”. Il nuovo album vede protagoniste due consolidate coppie di musicisti. Ballaké Sissoko (kora) e Vincent Segal (violoncello) viaggiano e suonano insieme da una quindicina d’anni, hanno già pubblicato due album a loro nome, “Chamber Music” (2009) “Musique de Nuit” (2015) e sono membri del quartetto di David Walters. Anche Vincent Peirani (fisarmonica) e Émile Parisien (sax alto e soprano) collaborano dal 2009, realizzando centinaia di concerti e incisioni, sia con il batterista svizzero Daniel Humair, sia in duo (“Belle Époque”, 2014; “Abrazo”, 2020), o in quintetto (“Living Being”, 2015). Il primo incontro del quartetto è avvenuto in occasione del quindicesimo anniversario dell’etichetta NØ FØRMAT, festeggiato su una collina vicino a Lione a giugno 2019, nell'ambito del festival Les Nuits de Fourvière. Come “maestro di cerimonia”, Vincent Segal aveva preferito evitare prove musicali per favorire la creazione spontanea: un invito accolto a braccia aperte dagli invitati, pronti a scambi, così come a cercare le vie per l’amalgama collettivo. Avrebbero voluto registrare gli sviluppi di questa collaborazione a Bamako, come avvenne per “Chamber Music”, ma le tensioni che attraversano il Mali e la sua capitale non l’hanno reso possibile: la settimana di lavoro in studio li ha visti riuniti a Gap, nelle Alte Alpi francesi. Per scelta, i nove brani registrati fanno a
ameno sia delle percussioni, sia di una voce solista principale. La mancata trasferta in Africa occidentale è sublimata con la prima traccia, “Ta Nye”, pubblicata a febbraio in anteprima insieme a “Banja”, di chiara impronta mandinga: i due temi esposti dalla kora sono impreziositi e interrogati dai contrappunti e dalle sottolineature degli altri strumenti, capaci di suggerire inediti accostamenti, per esempio con la sonorità e le cellule melodiche a evocare il duduk armeno che Emile Parisien porge nell’introduzione a “Banja” per poi riprenderle dando loro ulteriore corpo in “Izao”, ponte fra Anatolia e Balcani, non a caso il brano più dilatato dell’album. La versatilità e la sensibilità di Segal innervano brani come “Nomad's Sky” e “Amenhotep” dove il suo violoncello sa rivelarsi sia basso pulsante, sia sezione d’archi in modalità pizzicato a costruire scenari minimalisti per le invenzioni melodiche di sax e fisarmonica. L’asse kora-sax sa spostare il baricentro in area blues, come avviene “Dou”, un territorio riletto innestando ciascun volo melodico a partire dal dialogo con il solista precedente, con un andamento che sa cullare come una ninna nanna così come impennarsi a declamare melodie suggerite da antiche ascendenze. 
La dimensione virtuosa e incalzante emerge nella rilettura e nei cambi di atmosfera di “Time Bum”, tratto dal repertorio di Bumcello, e, ancor più, nel brano di Zawinul “Orient Express”, cantata inizialmente dal sax che ne mette in evidenza i fili conduttori fra Bosforo, Balcani e tradizioni afroamericane, per poi lasciare spazio al lirismo del violoncello. Da quando è stata inclusa nel 2001 nell’album “Voyages”, la composizione “Esperanza” del fisarmonicista francese Marc Perrone è divenuto uno standard del repertorio bal folk europeo, uno scottish sospinto accenti imbevuti di rumba catalana, ideale per una base ritmico affidata al violoncello mentre la parte melodico-armonica circola fra fisarmonica, kora e sax, in perfetta tensione fra l’esposizione della melodia e l’esplorazione delle tante variazioni possibili cui rimanda. Con i suoi sette minuti, “Chanson des égarés”, posta proprio al centro della scaletta, prepara un terreno fertile su cui distendere melodie e modulazioni in bilico fra un’affascinante narrazione e i dubbi sulle strade secondarie sempre a portata di mano, come se, nel commento di Vincent Segal, "si cammini senza sapere dove si va, lasciandosi andare al piacere di perdersi"


Alessio Surian

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