Ezio Bosso, trascendenza, unione, pensiero musicale universale e umanità

Una missione musicale
Idealista e con senso pratico Bosso, oltre che artista musicale fu uno speciale comunicatore. Lo fu utilizzando il pianoforte da concertista, dirigendo orchestre e rilasciando un numero considerevole di interviste, facendosi immortalare sotto i riflettori dei media televisivi, ma selezionando significativi spazi in termini pubblico, capaci di garantire adeguata diffusione al proprio pensiero e all’agire professionale. Particolarmente funzionale alla sua attività creativa fu il valido supporto professionale ricevuto da Alessia Capelletti, responsabile dell’Ufficio Stampa.
Soffrì a causa della malattia, ma dal dolore seppe trarre speciale vigore, avendo peraltro illustri predecessori a cui guardare come, ad esempio, Ludwig van Beethoven e Claudio Abbado. Da quest’ultimo aveva ereditato l’impegno a promuovere l’Associazione “Mozart14”, presieduta dalla figlia Alessandra, strutturata principalmente per realizzare laboratori musicali negli ospedali e nelle carceri: «La musica è una fortuna e soprattutto, come diceva il maestro Claudio Abbado, è la nostra vera terapia». Inoltre, evidenziava che «la musica fa stare bene… cura i solchi della nostra anima perché ci dà un punto di accesso immediato alla nostra essenza. Ci riconosciamo parte di quel disegno non controllabile, di quel mistero di cui già partecipiamo». Volle lasciare di sé l’immagine di un combattente, capace di stare sul campo di battaglia fino all’ultimo secondo. Avrebbe voluto proseguire la partita, ma certe patologie, al momento, non danno scampo e la medicina, nei loro confronti, si è quasi sempre rivelata inefficace. 
Con dignità, chiedeva di non essere compatito per la disabilità, invitava a guardare oltre, a cogliere il cuore del pensiero universale della musica. Nei suoi discorsi, il tema dell’universalità era spesso collegato all’unione, secondo nobili e concreti intendimenti sociali: «La musica è come la vita, si può fare in un solo modo: insieme». Una certa eco conseguì il suo discorso davanti al Parlamento Europeo (giugno 2018) dove, tra l’altro, dichiarò che «la musica è la nostra vera radice di europei ed è quella che fa eliminare ogni confine. L’Europa è un’orchestra a cui rivolgersi…»
Nei sui ragionamenti, sapeva far emergere l’importanza del “saper ascoltare”. Un ascolto interiore ed esteriore. Un ascolto che può essere trasposto magicamente in musica. «Oggi tutti parlano e nessuno sta a sentire. Bisogna fare silenzio per poter ascoltare. Un silenzio attivo, che ti aiuta a percepire non solo il suono ma anche te stesso, la tua anima». E ancora: «La musica fa eliminare ogni confine e ci insegna ad ascoltare. Un grande musicista non è quello che suona più forte ma colui che ascolta di più l’altro».
Tutto è in perenne movimento: «La musica si muove, in teatri bellissimi o in piazze fatiscenti, in anfiteatri greci o in piccoli bar. Ed ogni luogo diventa solo musica per quell’attimo». La musica è inarrestabilmente dinamica nella sua polisemanticità: «La musica ci insegna la cosa più importante, ad ascoltare e ad ascoltarci»

L’importanza di saper comunicare nel mondo contemporaneo
Ribadiamo un punto focale. Ezio Bosso si è distinto non solo come artista, ma anche come esperto comunicatore. Ha mostrato che pure in circuiti egemonicamente controllati è possibile far emergere profonde verità interiori, come quelle insite nelle composizioni musicali. Era curioso, sapeva indagare ad ampio raggio. Era loquace e, con semplicità espressiva e complicità, sapeva coinvolgere nel dialogo i suoi interlocutori, unendo pensieri tipicamente musicali con altri ripresi da filosofia, letteratura, arte, storia (…) e da eventi sociali della contemporaneità. 
Saper raccontare e interessare l’ascoltatore è un’arte: lui la possedeva. Inoltre, aveva il dono della sintesi, in quanto era abile nel coniare brevi motti a effetto, per esprimere concetti intellettualmente elevati o stimolanti da un punto di vista della coscienza personale. In generale, riusciva a suscitare empatia ed emozione e misurava le parole parlando con il cuore, non in modo asettico e razionale.  
Informazioni puntuali sulla produzione artistica di Bosso sono rinvenibili nelle diverse voci del sito ufficiale. Tuttavia, rispetto alle numerose apparizioni pubbliche, pensiamo sia opportuno menzionare almeno la sua presenza al “Festival di Sanremo 2016” e il programma titolato “Che storia è la musica”, nel quale aveva espresso una passione speciale verso le opere di Beethoven. Inoltre, ricordiamo un apprezzato concerto natalizio (con l’“Orchestra Filarmonica Europea”), durante il quale aveva diretto musiche di Mozart e di Cajkovksij: «Ascoltate Cajkovskij ad alto volume: l’arte e la bellezza sono contagiose», aveva affermato con provocazione. Chi conosce la produzione musicale e i patimenti di questi due compositori, ben comprende che la frase induce a riflettere sul potere unificante della musica, in questo ultimo anno messo spesso in crisi da una discutibile e detestabile “cancel culture” che, in nome di pregiudizi ideologici e di una presunta superiorità culturale e politica, ha portato ad annullare la presenza di artisti di spessore o la produzione di opere già programmate da tempo (“Il Lago dei Cigni”, ad esempio, è stato cancellato a Vicenza, Napoli e Ferrara; la “Dama di Picche”, a Bari e Firenze). 
Nell’ “annus horribilis” dell’epidemia, proprio nei mesi che precedettero il suo decesso, Bosso, prostrato, si mostrò assai sensibile al dramma finanziario e artistico vissuto da numerosi musicisti nel mondo, e mal digerì la lentezza delle Istituzioni nel trovare tempestive soluzioni. In particolare, pensando ai suoi diretti collaboratori, esternò: «I miei orchestrali sono i miei fratelli, i miei figli … ci sentiamo moltissimo ma non è lo stesso … Alcuni stanno vivendo un periodo di grande sofferenza, non possono più suonare, non hanno più un reddito».

Cenni biografici
A completamento del breve contributo, integriamo brevi note biografiche, per meglio circoscrivere l’eterogeneità delle esperienze musicali maturate da Ezio Bosso. 
Nato a Torino, nel 1971, visse nel quartiere popolare di San Donato. Padre tranviere, madre operaia, mosse i primi passi musicali in famiglia (fratello chitarrista e una parente pianista). 
Dopo l’ingresso in conservatorio, nel 1985, entrò a far parte degli “Statuto”, gruppo ispirato al genere “ska” e alla moda giovanile “mod”.  Parallelamente, iniziò a suonare con diverse orchestre europee, fino a quando decise di trasferirsi a Vienna, per approfondire lo studio del contrabbasso, della direzione d’orchestra e della composizione. Negli anni Novanta, operò in differenti contesti internazionali e interculturali. Sul finire degli stessi anni, scrisse numerose composizioni per opere teatrali. Successivamente, compose anche per il cinema, tra cui le colonne sonore di alcuni film diretti da Gabriele Salvatores. Nel 2011, la diagnosi di una patologia degenerativa e, in seguito, la scoperta di una neoplasia cerebrale. Due anni dopo, pur tra notevoli sofferenze personali e fisiche, tornò in attività, distinguendosi come pianista, compositore e direttore d’orchestra. Nel 2015, la pubblicazione dell’album solista, “The 12th Room”. In questi anni, compatibilmente con le condizioni di salute, lavorò instancabilmente, ottenendo ottimi riscontri in termini di popolarità mediatica, non scevra da critiche di vario genere. Nel settembre 2019, terminò l’attività concertistica. Pochi mesi dopo, nel maggio del 2020, a Bologna, il passaggio a miglior vita. 
Per quanto riguarda l’aspetto compositivo, per dare risalto alle sue opere, a Torino, è stata fondata la casa editrice e discografica “Buxus” (si noti che “buxus sempervirens”, bosso sempreverde, è il nome botanico di una pianta con spiccate proprietà curative). Inoltre, per due anni consecutivi, si è tenuto il “Festival Buxus Consort”, che ha preso il nome da un gruppo (“Buxusconsort”), nel quale aveva militato da giovane il musicista torinese. Infine, ci sembra, opportuno menzionare i titoli di due testi che aiutano a meglio comprendere la poliedricità del compositore e direttore d’orchestra. “Ezio Bosso, Faccio musica. Scritti e pensieri sparsi” (2021) è una sorta di zibaldone, curato organicamente, con competenza, da Alessia Capelletti; “L’ultima nota. Omaggio a Ezio Bosso” (2021), prefazione di Carlo Conti, è stato scritto da Elena D’Ambrogio Navone. Sul versante visivo, evidenziamo il film “Ezio Bosso, Le cose che restano. La vita è una musica meravigliosa”, regia di Giorgio Verdelli, con testimonianze di Gabriele Salvatores, Silvio Orlando, Paolo Fresu, Enzo Decaro.

Coda. Caro Ezio, la vita terrena è breve ma l’anima si pensa continui il proprio corso. Durante la malattia, con forza affermasti: «Sono rinato. Nota dopo nota. Una nota alla volta, fino ad abbracciarle tutte». Con lucidità ti eri preparato al percorso ultraterreno che ognuno può immaginare e intendere a proprio piacimento, a seguito dei percorsi individuali condotti nelle diverse “stanze”, alle quali facevi spesso riferimento: «Si dice che la vita sia composta da dodici stanze. Dodici stanze in cui lasceremo qualcosa di noi che ci ricorderanno. Dodici le stanze che ricorderemo quando saremo arrivati all’ultima. Nessuno può ricordare la prima stanza dove è stato, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiungeremo…».  Nel tuo pensiero musicale, la trascendenza trovava armonia. Sapevi guardare e invitavi a guardare “oltre”, mandando continui messaggi anche ai tuoi simili immersi in un mondo incasellato, materiale, tecnocratico, spesso banale. Li sapevi far sognare con lenezza, facendo intuire la grazia e la bellezza del mondo infinito sonoro, che è anche dis-velamento e ri-velazione, e permette di guardare al di là, oltre lo specifico fisico e la routine quotidiana. La musica è capace di svelare, mettendo in luce, e di velare ciò che è nascosto, secondo leggi difficilmente dimostrabili razionalmente, le quali si reggono sull’equilibrio di forze opposte, facenti parte di uno stesso articolato e (per numerosi aspetti) misterioso sistema cosmico, al quale appartiene la vita. Per milioni di individui sei stato e resterai speciale. Sei passato come fulmineo raggio di luce, in una società globalista e tecnocratica nella quale si vorrebbero gli esseri umani sempre più ubbidienti e inquadrati, compressi all’interno di logiche e profitti finanziari, ignobilmente concentrati nelle mani di pochi individui. Sarà questo il destino dell’umanità? Tuttavia, la Musica insegna e prepara ad altro. Ezio, anima gentile e lenitiva, ti dedichiamo la nostra “Vision”, per i valori che sei riuscito a trasmettere, all’insegna di quel magico e ineffabile scibile sonoro, capace di accompagnarci verso “un mondo migliore”. Un mondo nel quale i media dovrebbero organicamente e incisivamente concorrere per dare vigore ai principi umanitari di unione, pace, tolleranza, armonia e libertà, i quali hanno ispirato la tua breve esistenza. Anche per questo, “in memoriam”, auguriamo lunga vita alla tua “ars”.

Paolo Mercurio  

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