Dalla Lucania all’Occitania: Georges Brassens narrato da Giuseppe Setaro

Giuseppe Setaro (1934-2014) nasce a Muro Lucano (Potenza) e si forma all’Università L’Orientale di Napoli e alla Sorbonne di Parigi, ottenendo un dottorato in Lingua e Letteratura Francese, materia che insegnerà una volta tornato in Italia, dopo aver vissuto diversi anni fra Parigi e Tolosa. Lì viene profondamente colpito dall’opera di Georges Brassens, di cui apprezza sia la spesso superficialmente sottostimata complessità musicale, sia il pensiero filosofico anarco-umanista. Ne ammira le numerose influenze colte rintracciabili nelle sue canzoni e i riferimenti tratti dalla letteratura francese di varie epoche, che gli valsero l’importante riconoscimento della prestigiosa Académie Française. Lo studia con perizia e passione per decenni e, in età matura, inizia a frequentare Sète, cittadina natale di Brassens, dove diventa amico dei familiari diretti del cantautore e, sempre in Francia, frequenta i circoli musicali che sovente gli rendono omaggio. In quegli stessi anni traduce in italiano praticamente tutti i brani di Georges; li interpreterà dal vivo all’interno di vari tributi musicali d’Oltralpe. Si può facilmente immaginare la doppia sfida di Setaro, persona umile e schiva, nel presentarsi sul palcoscenico in età avanzata e “in trasferta”. Ma è proprio in Francia che si sente più a suo agio nell’esibirsi, cosa che spiega perché le sue interpretazioni di Brassens restino a tutt’oggi poco conosciute in Italia, al confronto di quelle dei più celebri Nanni Svampa o Beppe Chierici. Setaro, che oltre ad essere professore di francese, è tecnico del suono, registra in studio moltissime sue versioni che interpreta adattandosi ai testi con abilità e sentimento sincero. 
Dirà di lui Yves Uzureau: “Cantava con molta eleganza e poesia. Il timbro della sua voce rappresentava una vera e propria firma tanto unica quanto riconoscibile, dotata di una sorta di singolare nostalgia capace di toccare i cuori”. Ogni sfumatura dello spirito brasseniano è indagata: da quella struggente di "Saturne", "Pénélope" e "Il n’y a pas d’amour heureux", a quella burlona e sardonica di "Hécatombe" e "Oncle Archibald". Nelle sue traduzioni si ritrova lo sforzo di mantenere la purezza delle complesse citazioni dell’autore e nel contempo la libertà di prendersi, quando possibile, delle licenze poetiche personali (come nella "Chanson pour l'Auvergnat", che diventerà in Setaro, "Canzone per il contadino lucano"). C’è inoltre la voglia di mettersi in gioco, in maniera molto personale, in territori esplorati da altri, come ad esempio nella commovente La marche nuptiale, precedentemente resa celebre da Fabrizio De André e dedicata dall’autore francese agli amati genitori. A Giuseppe Setaro si deve però anche un merito molto particolare e per cui non finiremo di ringraziarlo: quello di aver studiato una parte delle radici storiche degli avi lucani del suo musicista prediletto, scoprendone notizie al tempo assolutamente ignote e dando così per la prima volta una spiegazione, tanto personale quanto credibile, alla bizzarra presenza delle tarantelle (specificando, come vedremo, “tarantolate” o “arcaiche”) nel repertorio di Brassens. Difatti, parlando con Georges Granier, cugino del celebre cantautore, Setaro viene a conoscenza del fatto che la famiglia materna era originaria non di Napoli, come sosteneva con buona dose d’imprecisione lo stesso Tonton, bensì della Basilicata, e precisamente di Marsico Nuovo, in provincia di Potenza. Casualmente, dunque, della propria, medesima regione d’origine. A quella rivelazione decide, nel breve volgere di due settimane, di spostarsi da Sète a Marsico, per svolgere personalmente un’accurata ricerca d’archivio, al fine di rintracciare i legami familiari e gli spostamenti dei nonni materni di Brassens, i D’Agrosa, che diverranno in Francia, solamente per l’errore di un disattento impiegato comunale, “Dagrosa”.

Posta un commento

Nuova Vecchia