“Pasolini & Lomax. La tradizione musicale campana in mostra”, Napulitanata, Napoli, dal 10 novembre al 31 dicembre 2022

Nella sua sede collocata nel complesso della Galleria Principe di Napoli, l’associazione culturale Napulitanata, impegnata nella valorizzazione della canzone napoletana classica come attrattore turistico-culturale, ospita “Pasolini e Lomax. La tradizione musicale campana in mostra”, un piccolo allestimento fotografico sulla permanenza di Alan Lomax in Campania, in quel fatidico anno 1954-1955, da lui definito “L’anno più felice della mia vita” 1. In occasione del centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, il progetto indaga il suo legame con il territorio campano e il suo rapporto con la tradizione musicale campana intrecciati con il portato della ricerca dello studioso statunitense. È stato realizzato in collaborazione con il Centro Studi Alan Lomax è co-finanziato dalla Regione Campania, con il patrocinio del Comune di Napoli, del Museo Archeologico di Napoli e del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Federico II. Gli scatti, molti dei quali inediti, presentano cantatori, cantatrici, suonatori di zampogna, ciaramella, organetto e tamburi a cornice fissati durante la campagna di registrazione dell’etnomusicologo, compiuta tra il 31 dicembre del 1954 e il 13 gennaio del 1955, in quella che fu l’ultima regione visitata da Lomax nel corso del suo viaggio in Italia. 
In Campania, Lomax registrò a Positano (dove la sua famiglia era stata alloggiata nel periodo della spedizione italiana), Capri, Pagani, Sant’Arsenio, Polla, Caggiano, Pagani, Montemarano, Sant’Andrea di Conza, Mercogliano, Montecalvo Irpino, Letino e Napoli. La mostra si configura come un’esperienza immersiva, visuale e sonora, dal momento che mediante un QR-code il visitatore può ascoltare da un dispositivo mobile i brani musicali del repertorio tradizionale campano registrati sul campo e collegabili alle fotografie. Il punto di incontro tra Pasolini e il song catcher texano è noto: la musica tradizionale campana e la canzone napoletana sono state utilizzate dal regista, scrittore e intellettuale friulano in più di una pellicola. Però, è ne “Il Decameron” (1971) che si realizza l’incontro virtuale tra due autori che, pur muovendo da prospettive culturali ed ideologiche differenti, mettono al centro dei loro interessi gli strati marginali della società. Nella trasposizione cinematografica del testo di Boccaccio, o meglio di alcune delle sue novelle, Pasolini costruisce un affresco dell’Italia pre-industriale. E sceglie l’ambientazione napoletana come “sacca storica”, come luogo non omologato nella “stronza Italia neocapitalista e televisiva”. Nell’originale trecentesco solo tre novelle sono ambientate a Napoli, diversamente, Pasolini sposta tutta l’ambientazione in Campania, tra Napoli e Casertavecchia. La colonna sonora è, quindi, centrale per restituire l’alterità culturale messa in scena. Pasolini utilizza registrazioni sonore effettuate in Campania dall’etnomusicologo proprio in quel fatidico anno italiano, tra di esse ce ne erano alcune ancora inedite (tra cui la La “Zeza di Mercogliano”), 
per le quali lo studioso americano non venne neppure citato nei credits. Ma anche questa è storia nota 2. All’interno delle attività del progetto promosso dall’hub culturale, sabato 3 dicembre, Napulitanata ha accolto una giornata di studi, con interventi di Giorgio Adamo (professore emerito di etnomusicologia e presidente del Centro Studi Alan Lomax), Carlo Vecce (docente di Letteratura Italiana all'Università degli Studi di Napoli “L'Orientale” ), Sergio Bonanzinga (docente di etnomusicologia all’Università di Palermo), Raffaele Di Mauro (docente di storia della musica, etnomusicologo e ricercatore all’Università Tor Vergata) e Anna Lomax Wood (Antropologa, etnomusicologa e Presidente della Association for Cultural Equity (ACE), fondata da suo padre Alan). Dopo i saluti iniziali di Domenico Matania (dell’Associazione Napulitanata), Adamo ha introdotto i lavori rimarcando come l’elaborazione della mostra abbia condotto a nuovi approfondimenti e conoscenze. Difatti, il lavoro di catalogazione e interpretazione del Centro Studi Alan Lomax è ancora in progress, favorito dai materiali messi a disposizione da Anna Lomax Wood. In “Pasolini, Decameron, Napoli: un palinsesto di voci e suoni”, Carlo Vecce ha analizzato la scena e le musiche del “Decameron”, utilizzando la parola “palinsesto” (proprio a partire dalla sua etimologia greca di “raschiare di nuovo”) che permette di capire meglio l’operazione di stratificazione che è in opera nelle diverse tracce che compongono la scrittura sonora del film. Vecce, che in suo lavoro ha studiato il film del regista attraverso l’esame dei materiali preparatori, la sceneggiatura e soprattutto il copione di scena utilizzato sul set 3, ha analizzato la diversità tra l’architettura boccaccesca e il trattamento pasoliniano, per poi approfondire il “dentro” di alcuni elementi che appaiono fondamentali di questo film, in cui, diversamente da pellicole precedenti,
musica e suoni passano da una vicenda all’altra, ritornando più volte nella narrazione fino ad assumere “un effetto di eco”. Vecce ha spiegato come l’insieme dei suoni d’ambiente e naturali, dei paesaggi sonori e delle musiche hanno carattere “intradiegetico”, facendo parte del mondo narrato e rappresentato da Pasolini. Con parole diverse, si è trattato di un excursus sui materiali musicali e sonori, sulle voci e sul parlato: un napoletano urbano in cui sono tradotti i dialoghi di Boccaccio, cui si affiancano altri dialetti nei quali si esprimono alcuni personaggi delle novelle. Da parte sua Sergio Bonanzinga è intervenuto su “Itinerari siculo-napoletani nel Canzoniere pasoliniano”. Partendo dal “Canzoniere Italiano”, l’antologia di canti popolari assemblati dallo scrittore e pubblicati nel 1952, e contestualizzando la ricerche dei folkloristi siciliani, l’etnomusicologo messinese ha messo a confronto la celebre “Fenesta ca’ lucive” (tra l’altro presente nei film “Accattone”, “I racconti di Canterbury” e “Il Decameron”), che apre il florilegio di canti della Campania nell’antologia pasoliniana, giustapponendola ad esempi musicali e poetici provenienti dalla Sicilia, utilizzando anche differenti fonti sonore e indagando aspetti semantici, versificazione, stile musicale e varianti. Un altro esempio di circolazione ha riguardato “Pesce d’oro”, una canzuna presente anche in Sicilia e nelle raccolte ottocentesche siciliane, di cui abbiamo ascoltato due versioni live: una in forma di canto di lavoro e un’altra su ritmo di tammurriata, entrambe eseguite da Biagio Di Prisco, giovane ma stimatissimo cantatore di San Marzano. A conclusione della prima parte del convegno, Raffaele Di Mauro con “Pasolini, Lomax e le musiche tradizionali campane: un patrimonio contro il "genocidio’ culturale” ha riassunto in un certo senso la ricerca di Lomax in Campania in relazione alla poetica pasoliniana, analizzando le diverse tipologie di canti, musiche, canzonette o “canzoni di vita” (come le ebbe a definire lo stesso scrittore), canzoni napoletane storiche e canti di tradizione orale che si trovano nei romanzi e nei
film di Pasolini. Un focus c’è stato sulla storia, sulle trasformazioni e sulla diffusione di “Feneste ca’ lucive”, di cui Di Mauro si è occupato a lungo 4, così come sul “Canto delle Lavandaie del Vomero” e sulla canzone “La Cammisella”. Successivamente, Di Mauro ha presentato tutti i materiali della campagna che sono disponibili e che si stanno analizzando (bobine, quaderni, microsolchi, programmi radio), affrontando la questione della collocazione delle registrazioni campane di Lomax. Si tratta di un prezioso lavoro, che sta anche determinando la meticolosa ricollocazione delle sessioni di registrazione di quel fantastico anno di permanenza italiana. Dobbiamo ricordare che nella fase finale della campagna di rilevazione a Lomax venne trafugata la borsa contenente i suoi quaderni con le note di campo, causando la perdita di non poche informazioni. Cosicché le stesse date delle registrazioni risultano talvolta di collocazione problematica se non perfino dubbia, come pure lo è l’itinerario di ricerca, che di tanto in tanto presenta delle incongruenze nelle notazioni, come si evince confrontando le raccolte conservate nell’Archivio di Santa Cecilia e quelle dell’Archivio Lomax. La parte finale dell’intervento ha fornito un’attenta analisi comparativa di alcuni dei repertori utilizzati da Pasolini sulla base delle registrazioni di Lomax, messi a confronto con altri documenti provenienti da ricerche sul campo e da trascrizioni ottocentesche, soffermandosi soprattutto sulla “La Canzone di Zeza”, sul “Canto dei Portatori” di Positano, che Lomax definì “in Arabic style”, e sulla “Serenata” di Sant’Arsenio. Quello
tra Pasolini e Lomax fu un incontro – ha sostenuto Di Mauro – in un certo senso inevitabile alla luce del loro vedere nella Campania, pur da prospettive diverse, “un baluardo” di un mondo che stava per scomparire che loro cercarono di fissare su nastro e su pellicola. Nella seconda parte del pomeriggio, Lomax Wood ci ha accompagnati nella sua enorme esperienza di vita italiana, portando all’attenzione la centralità di quella colonna sonora di voci che aggiungono una dimensione di umanità all’iper-realismo pasoliniano. Ha messo l’accento sul solido rapporto instauratosi tra suo padre e le musiche popolari, nonché sui loro esecutori, sottolineando il perentorio messaggio di suo padre sulla necessità di trasmettere consapevolmente quelle musiche e quei canti alle comunità. Ciò detto, l’attenzione si è spostata sulle persone, sui grandi protagonisti di quelle musiche, a cominciare, naturalmente, dalla figura di Giovanni Coffarelli, che è stato un interprete magistrale, un cantatore eccezionale di Somma Vesuviana, “un antropologo-nativo”, per dirla con Paolo Apolito, che Lomax volle anche oltreoceano con la Paranza d’Ognundo. E proprio da Somma si è partiti per ascoltare le testimonianze di chi a livello locale agisce
perché questi patrimoni non vadano smarriti o dimenticati, come Ciro Raia, autore di un lavoro dedicato a Coffarelli, e Luigi Millunzi, quest’ultimo nipote del cantatore di Somma, i quali hanno sottolineato l’urgenza non solo di salvaguardare la memoria di un grande protagonista del mondo di tradizione orale, ma pure avvertono la responsabilità di continuare la divulgazione dei repertori orali. Tra i curatori locali (purtroppo ci sono state alcune defezioni come quella di Luigi D’Agnese di Montemarano, imprescindibile ricercatore e instancabile segugio sulle tracce della memoria del passaggio di Lomax), sono intervenuti Francesco Cardinale e Antonio Cardillo da Montecalvo Irpino, i quali hanno pubblicato nel 2021 la seconda edizione aggiornata del volume “Alan Lomax. Il passaggio a Montecalvo Irpino”, Gerardo Ferraioli da Pagani e Francesco Tarullo da Sant’Andrea di Conza, che ha invitato alla piena restituzione dei canti alle comunità, affinché di questi materiali “vivi” ci si possa riappropriare per presentarli in aderenza con le estetiche con cui ci sono pervenuti, ma senza disdegnare nuove possibilità interpretative. E proprio parlando di tradizione vivente, degna conclusione con una fronna di saluto l’ha portata ancora Biagio Di Prisco. La mostra “Pasolini e Lomax. La tradizione musicale campana in Mostra” è visitabile gratuitamente fino al 31 dicembre 2022; occorre prenotarsi all’indirizzo mostra@napulitanata.com o telefonicamente al 3489983871. 


Ciro De Rosa
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  1. Cfr. Plastino Goffredo (a cura di), L’anno più felice della mia vita. Un viaggio in Italia (1954-1955), Milano, Il Saggiatore, 2008. 
  2. Cfr. ibidem, pp.62-65.
  3. Carlo Vecce, Il “Decameron” di Pasolini, storia di un sogno, Milano, Carocci, 2022.
  4. Si veda Raffaele Di Mauro “Il caso Fenesta che lucive: enigma ‘quasi’ risolto” in Enrico Careri e Pasquale Scialò (a cura di), Studi sulla canzone napoletana classica, Lucca, LIM, 2008.

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