La musica è vita, spunti di riflessione partendo dai racconti di Alessandra Anceschi

La musica tra educazione, pedagogia e vita 
Torniamo alle pagine introduttive del libro di Alessandra Anceschi, nelle quali constata che, a torto, la musica viene spesso considerata “ancellare” tra le materie curriculari. Tuttavia ciò che è il comune sentire non può inficiare il ruolo e il lavoro dei docenti i quali, tra successi e (possibili) insuccessi didattici, hanno il compito di valorizzare la disciplina che insegnano, trasmettendo amore e passione ai propri allievi, “navigando sempre in mare aperto”. Pur tra tante (note) difficoltà oggettive e pratiche, ben evidenziate nel testo e (spesso) connaturate alla struttura generale delle istituzioni scolastiche (una “scuola che fagocita, inghiotte, distrae, risucchia …”) e, talvolta, alla rigidità operativa e mentale di alcuni colleghi, Anceschi fa intendere che è possibile agire per promuovere «una scuola che fa spuntare le ali e non solo le tarpa»: una scuola nella quale studenti e insegnanti possono e devono sbocciare. Il titolo del testo lo si deve a un propositivo suggerimento fornito dal marito, che ha invitato l’autrice a scrivere un libro sui “ragazzi sbocciati a scuola”. Il verbo sbocciare rimanda direttamente al senso della vita. La vita è un fenomeno naturale affascinante e misterioso: può essere analizzata da numerosi punti di osservazione. Alla mente ci sovviene quanto scrisse Einstein: «Chi crede che la propria vita e quella dei suoi simili sia priva di significato è non soltanto infelice, ma appena capace di vivere». La vita è simbolicamente un fiore, che raccoglie tutte le sue forze interiori, prima di mettersi in mostra e manifestare il meglio di sé, al momento giusto, secondo i ritmi della natura. Sbocciare significa essere preparati ad aprirsi, a poco a poco. Semanticamente, per estensivo, può essere riferito alla crescita di una persona, rimandando al completamento della crescita fisica, intellettiva, culturale e spirituale, secondo ritmi individuali. “Sbocciare” rinvia a una comprensione profonda della vita dei singoli individui, pur nella loro diversità; riguarda pure l’accidentato cammino che conduce alla costruzione di una personale identità, secondo percorsi di crescita (più o meno consapevoli), che permettono di mettere a frutto le competenze, rendendole uniche e autentiche. Nel lavoro di ricerca, Anceschi ha scavato nella memoria, riprendendo testimonianze scritte, sonore e visive. Alla fine ha scelto di raccontare dieci storie di ex allievi, ricontattati a distanza di anni, al fine di un efficace confronto, per meglio comprendere che cosa la scuola, nel tempo, lascia o potrebbe lasciare nel vissuto degli studenti. Al termine di ogni capitoletto, ha sintetizzato alcuni spunti di riflessione nella formula “raccogliere un seme dall’esperienza”. Tra questi semi evidenziamo lo scambio dei ruoli, l’uso della corporalità ai fini dell’apprendimento, l’uso intuitivo e consapevole di simboli e metafore, la valorizzazione dei singoli, pur tenendo conto dei ruoli e del contesto generale, l’uso funzionale dell’interdisciplinarietà, la presenza empatica (“fisica, intellettuale e mentale”) del docente, per stimolare e tenere desta l’attenzione degli studenti. Inoltre, tra i “semi”, evidenziamo la soddisfazione dei bisogni, legati al desiderio d’imparare, conoscere e comprendere e anche al fare, ideare e costruire, dando risalto allo “spazio” che ci circonda, indispensabile per garantire condizioni attentive e curiose, raggiungibili valorizzando il contributo libero e creativo degli studenti, allargando lo sguardo sulle alterità che a scuola s’incontrano, ricercando inclusività. I “semi” raccolti da Alessandra Anceschi in circa trent’anni d’insegnamento sono numerosi, ma non a sé stanti. Fanno parte di un “unicum”, di una globalità del libero pensiero operativo, seguendo la forma della narrazione prescelta, alla quale abbiamo accennato. Nel finale del testo è stato citato Edgar Morin, con frasi riferite all’apprendistato della vita, il quale «dovrebbe produrre la coscienza che la “vera vita” (…) non risiede tanto nelle necessità utilitaristiche, alle quali nessuno può sottrarsi, ma nel proprio sbocciare nella qualità poetica dell’esistenza». Tale qualità poetica invita a porre l’accento sulla qualità della vita che, scrive Anceschi, «in tutti deve germogliare e che determina lo spessore del nostro essere al mondo». Andando ben oltre gli aspetti puramente didattici, durante la lettura ci è tornato alla mente Beethoven, compositore profondo, il quale disse che la «musica è una rivelazione. La più alta, più di qualsiasi saggezza e di qualsiasi filosofia. Vale, anzi, tutte le filosofie del mondo». Suggeriamo una lettura attenta e critica di “Sbocciati a scuola”, poiché garantisce numerosi spunti di riflessione, peraltro riferibili non solo allo specifico disciplinare. In conclusione, desideriamo dedicare la nostra “Vision” a tutti gli studenti che avranno modo di sperimentare, nelle scuole di ogni ordine e grado, le meraviglie che la Musica produce nell’esistenza degli esseri umani, oggi sempre più minacciati dalla follia di alcuni invasati i quali, forti del loro potere economico, finanziario, mediatico e politico, stanno mettendo in discussione la sopravvivenza della terra stessa. Che la Musica sia con loro e che possa aiutarli presto a rinsavire, valorizzando la vita (nelle sue diverse manifestazioni) e le differenze culturali, espressione di civiltà e patrimonio dell’intera umanità, ricordando che «la musica è βίος: ciò che vive è musica». 

Paolo Mercurio

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