Oumou Sangaré, Festival au Désert, Firenze, 23 settembre 2022

Dal 21 al 23 settembre si è svolto, nell’ambito dell’Estate Fiorentina, il Festival au Désert Firenze, storica rassegna interculturale dedicata alla world music contemporanea e al nomadismo artistico. Nato nel 2010 dal gemellaggio tra il Festival di Essekane (Mali) e la Fondazione Fabbrica Europa (Firenze), il Festival au Désert porta sulle scene del capoluogo toscano un’accurata selezione di musiche e musicisti provenienti dall’Africa Sub Sahariana, dal Nord Africa e dal Medio Oriente, distinguendosi nel tempo per originalità e l’alto spessore artistico-(inter)culturale. La serata di punta del Festival, alla quale abbiamo avuto il piacere di partecipare, è senza dubbio quella del 23 settembre: la chiusura del festival con il concerto di Oumou Sangaré, figura di rilievo della musica africana contemporanea. Il Teatro Puccini di Firenze è abbastanza affollato e si nota, con piacevole sorpresa, la presenza della comunità africana che occupa le prime file della platea e che rumorosamente attende l’arrivo di Sangaré, detta anche la “regina del Mali”. Quando cala il buio in sala, salgono sul palco in ordine: Julien Pestre alla chitarra, Elise Blanchard al basso, Michee Luc Dibo alla batteria e Alexander Millet alle tastiere, 
mentre sul proscenio si posizionano Abou Diarra al kamele ngoni, un’arpa liuto cugina della kora, e le coriste Emma Lamadji e Kandy Guira. Per ultima, con la sua inconfondibile presenza “da regina”, appare Oumou Sanagarè con indosso un lungo vestito bianco e adornata di vistosi gioielli tradizionali. L’artista è in tournée per presentare il suo ultimo album, “Timbuktù”, registrato nell’ultimo anno a Baltimora durante le restrizioni Covid. Ed è proprio con “Timbuktù”, brano lento e introspettivo, che inizia il viaggio musicale. In questo estratto Omou esprime con la forza della voce le proprie abilità narrative e ci trasporta nella città maliana, descrivendone l’incanto, le atmosfere e il prezioso patrimonio culturale e ancestrale spesso sottostimato proprio dai suoi abitanti. “Wassulu Don”, dedicato all’omonima area culturale a sud del paese, si apre con un riff di chitarra elettrica che annuncia un brano movimentato e coinvolgente. In questo passaggio, come in molta musica del Mali, le sonorità blues e funky si mescolano ai canti tradizionali e strizzano l’occhio alla fusion, al jazz e alla world music, intesa in senso più esteso. Il ritmo battente, dato in questa sede dal saliscendi di note in rapida successione del kamele ‘ngoni, 
costituisce l’ossatura portante di molti brani. La musica maliana viene così trasportata in territori contemporanei in cui la vivacità degli arrangiamenti ben si accosta ai canti femminili tipici della tradizione di partenza. A loro volta, i cori femminili che ascoltiamo in molti “ritornelli”, pur creando melodie importanti, pongono la loro centralità nella struttura ritmica. La stessa energia coinvolgente e ballabile la ritroviamo nel brano “Sarama”, mentre “Gniani Sara” e “Kanou” si distinguono per un ritorno al repertorio tradizionale, alle atmosfere non elettrificate nelle quali il calore del coro risponde e sostiene la voce solista. Il risultato è un gioco di specchi che spazia tra la dimensione collettiva e quelle privata, uno spazio intimo e meditativo altrettanto importante e che va allo stesso modo preservato. Di note blues dal sapore intimista è intrisa “Kele Mani”, che racconta gli orrendi modi in cui la guerra che attraversa il Mali ma non solo, colpisce i più deboli. Qui come in altri passaggi, oltre alla musica c’è il messaggio, che la cantante introduce per riflettere su ingiustizie sociali e storture oggi ancora in essere. È opportuno ricordare che la musica di Sangaré è da sempre connessa all’impegno sociale e politico, tanto da riconoscere 
l’artista stimata ambasciatrice della cultura maliana e ambasciatrice ONU per i diritti delle donne, da sempre schierata contro la poligamia e a favore dell’emancipazione femminile nella società africana. La serata di chiusura del Festival au Désert Firenze è stata molto apprezzata dal pubblico in sala che, poco dopo l’inizio del concerto, ha invaso la platea dando inizio a una festa danzante contagiosa, un’energia incontenibile che si è rapidamente espansa in tutto il teatro. La comunità africana era in visibilio: molti tra i presenti conoscevano i brani a memoria, alcuni innalzavano la bandiera del Mali, altri elargivano banconote alla cantante in segno di gratitudine e apprezzamento. Fioccavano selfie e registrazioni in diretta sui social network e, verso la fine del concerto, alcuni ragazzi sono saliti sul palco a cantare e ballare assieme a Oumou Sangaré e alla sua band. Un’immagine di unità e incontro a conclusione di una serata che ricorderemo in molti. Una preziosa occasione di scambio interculturale, ma soprattutto un viaggio musicale dalle ricche sonorità coinvolgenti e travolgenti che ci auguriamo di vedere, e ascoltare, più spesso nella nostra città.

Layla Dari
Foto di Monia Pavoni

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