Michael McDermott – St. Paul Boulevard (Pauper Sky/Appaloosa/IRD, 2022)

Quando nel 1991 la Giant/Reprise diede alle stampe il suo disco di debutto “620 W Surf” con la produzione di Don Gehman e Brian Koppelmann, Michael McDermott si segnalò come una delle “the next big thing” tra i cantautori americani emergenti tanto per l’intenso timbro vocale, quanto per il suo originale storytelling. L’acoustic-rock di “A Wall I Must Climb” e “Murder In The First Degree” e magnifiche ballate come “Fool's Avenu” gli valsero gli inevitabili paragoni giornalistici con Bob Dylan e Bruce Springsteen ma, come accadde ad altri eccellenti songwriter prima di lui, a quel sorprendente inizio non seguì il successo che avrebbe meritato. L’anno seguente arrivò il travolgente e visionario “Gethsemane” e che gli spalancò le porte della EMI con la quale pubblicò nel 1996 il disco omonimo. Avrebbe dovuto essere un successo di vendite e, invece, segnò l’inizio di un periodo buio, fatto di depressione, droga e alcool, durante il quale riuscì anche a pubblicare qualche disco, ma del tutto trascurabile. Il cantautore di Chicago, però, ha resistito, non ha mollato ed è riuscito a rialzarsi. La pubblicazione di quel concentrato di puro blue-collar rock che è “Last Chance Lounge” nel 2000 aprì una fase nuova della sua vita, una vera e propria rinascita culminata con l’incontro con Heather Lynne Horton, cantautrice e violinista, sposata nel 2009 a Ferrara e con la quale è andato a vivere a Willow Springs, Illinois. Insieme hanno dato vita ad uno studio di registrazione casalingo, il Pauper Sky Studio e all’etichetta omonima con la quale ha pubblicato, tra gli altri, i pregevoli come “Ashes” nel 2004 e “Noise from words” del 2007 per giungere, in anni più recenti, al progetto The Westies insieme alla moglie che ha fruttato gli apprezzati “West Side Stories” nel 2015 e “Six on the Out” nel 2016 e al fortunato ritorno come solista con “Willow Springs”. Successo e delusione, discese vertiginose e faticose risalite, il songwriter americano ha vissuto più vite e sulla sua pelle restano le cicatrici del music business, ma finalmente con la musica e tanta forza di volontà è riuscito a combattere e configgere i suoi demoni interiori. Non è un caso che tutto questo sia stato ben sintetizzato nella motivazione che ha accompagnato la consegna, per mano di Dori Ghezzi, del Premio Tenco Internazionale, nel corso della quarantacinquesima edizione della Rassegna della Canzone d’Autore, sul palco del Teatro Ariston di Sanremo. Un riconoscimento tanto prestigioso quanto meritato che giunge quasi in parallelo con la pubblicazione di “St. Paul’s Boulevard”, tredicesimo album in carriera nel quale ha raccolto quindici brani, registrati tra agosto 2021 e febbraio 2022 presso i Transient Sound e i Pauper Sky Studios di Chicago. Prodotto dal batterista Steven Gillis, il disco vede la partecipazione di Matt Thompson (basso), Grant Tye (chitarre), Vijay Tellis-Nayak (pianoforte, organo) e la moglie Heather Lynne Horton, moglie di Michael, (violino, voce) a cui si sono aggiunti gli ospiti Will Kimbrough (chitarre, banjo, mandolino), John Deaderick (piano, organo, tastiere), Danny Mitchell (piano, tastiere) e David Grissom (chitarre). Dal punto di vista sonoro, i brani si muovono verso nei territori del blue-collar rock con interessanti deviazioni verso il folk e il country, il tutto caratterizzato da arrangiamenti strutturati sul modello del Wall of Sound di Phil Spector. Sotto il profilo tematico, invece, si ha la sensazione di essere di fronte ad una sorta di concept album in cui le storie racchiuse dai brani rimandano a tracce biografiche del suo tormentato passato con personaggi che sembrano riflettere la sua vita, facendo trasparire il suo essere un never-been, come si definisce nella biografia presente sul suo sito, con le sofferenze e il dolore che ne hanno segnato l’esistenza, ma anche la sua lotta per sopravvivere e infine rinascere. Nel presentare il disco McDermott ha scritto: “Ognuno di noi ha la sua St. Paul's Boulevard, il luogo dove abbiamo lasciato un pezzo dei nostri cuori, la nostra innocenza, dove abbiamo sofferto di crepacuore, abbiamo imparato la vergogna e dove abbiamo cercato di trovare il nostro posto in questo mondo. È un luogo dove abbiamo lottato per nutrire l'amore e la luce in un mondo oscuro. È lì dove alcuni di noi hanno visto frenare il nostro sviluppo, la nostra intelligenza sociale ed emotiva”. L’ascolto ci consegna un album di grande spessore lirico e musicale che, solo in apparenza sembra virare verso certe scelte piuttosto prevedibili negli ultimi album, ma basta penetrare più a fondo i vari brani per coglierne tutta la loro potenza espressiva ed emotiva. Si parte con la trascinante “ Where The Light Gets In” in cui ritroviamo l’intensità dei primi dischi con chitarre e pianoforte sugli scudi a guidare la linea melodica. Si prosegue con l’affascinante folk-rock di “Our Little Secret” dalla trama sinuosa ed avvolgente, a cui segue il folk-country di “Sick of This Town”, un grido di dolore verso una città opprimente. Se “The Arsonist” è una gustosa ballata in crescendo, la successiva “New Year's Day” è sofferta e scura per sciogliersi nella redenzione in climax nel refrain. La sequenza con la ballad “Meet Me Halfway” e il rock di “The Outer Drive” ci introduce a “Marlowe”, un potente anthem rock dedicato al detective Phillip Marlowe, protagonista dei romanzi di Raymond Chandler. Le atmosfere si fanno più ruvide con il country di “All That We Have Lost” e il rock “Dead By Dawn”, un antipasto perfetto per il vertice del disco con la title-track, un concentrato di poesia rock e toccante storytelling. La travolgente scorribanda stradaiola di “Pack The Car” ci accompagna verso il finale con il folk-rock di “Peace, Love and Brilliant Colors” e “Paris” una romantica folk ballad che chiude un disco fatto con amore ed intriso di poesia. Una perla che merita di restare a lungo tra i nostri ascolti. www.michael-mcdermott.com - continentalrecordservices.bandcamp.com


Salvatore Esposito

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