Luigi Esposito – Portami a vedere il mare (Apogeo Records, 2022)

Nel fermento creativo che, da qualche anno ormai, attraversa la scena musicale partenopea non è raro che strumentisti di talento, già apprezzati in vari progetti artistici, prendano il largo anche come solisti. Un esempio recente è certamente quello di Luigi Esposito, pianista, compositore e arrangiatore, formatosi presso il prestigioso Conservatorio di San Pietro a Majella dove ha studiato musica classica e jazz, e già protagonista di formazioni come Quartieri Jazz e Quartetto Ajar, oltre a vantare una lunga serie di collaborazioni con artisti come Daniele Sepe, Antonio Onorato, Marco Zurzolo, Joe Amoruso e Gianni Lamagna. A corollario di questo articolato percorso artistico, ha recentemente dato alle stampe “Portami a vedere il mare”, opera prima come solista che raccoglie dieci composizioni originali, composte nell’arco di quattro anni e incise con il batterista Emiliano Barrella e un quartetto d’archi composto da Caterina Bianco (violino), Annarita Di Pace (secondo violino), Roberto Bianco (viola) e Davide Maria Viola (violoncello) e la partecipazione alla voce di Fabiana Martone. A riguardo racconta: “L'idea di scrivere un disco in duo (piano e batteria/percussioni) nasce dalla necessità di disegnare cerchi e non rette. Il mio primo strumento è stato la batteria: sono cresciuto percuotendo, sin da piccolo, qualsiasi cosa. La scelta di Emiliano Barrella è stata mirata, per la sua eleganza e il suo umile animo. Emiliano usa le bacchette e le spazzole come  pennelli e la batteria è la tela sulla quale dipinge la musica che arriva”. L’ascolto ci schiude le porte di un racconto evocativo per immagini sonore, un viaggio tra ricordi, frammenti di vita, sensazioni e stati d’animo. “Questo disco racconta di me” sottolinea il pianista napoletano, “del mio rapporto viscerale con il mare - vicino al mare non ci porti chiunque, ci porti chi sa ascoltare con te senza bisogno di parole. E questo mare, che fa quelli di tutti un unico respiro, è la musica. È un disco che parla d'amore. Ho voluto raccontare di quel posto che mi lascia quasi sempre le risposte insperate, che sa ordinare i miei pensieri. Il posto che mi permette di sentire più vicine le persone che amo, anche quelle che non ci sono più, che mi ispirano e mi guidano ogni giorno”. Sotto il profilo prettamente compositivo si coglie una tensione costante verso la ricerca, così come un particolare gusto per le melodie dal tratto raffinato ed evocativo e ciò come sottolinea Esposito il frutto di una metabolizzazione delle esperienze passata, ma anche del “conflitto tra compositore e pianista, due anime che convivono ma dove spesso è la prima a prevalere sull’altra”. Brano dopo brano si attraversano atmosfere differenti dai colori ora crepuscolari e malinconici, ora più solari, dolci e dense di speranza. Il mare di Napoli diventa, dunque, metafora di un racconto introspettivo, di profonde riflessioni e schegge di memoria nelle quali rifugiarsi. A brillare sono brani come l’iniziale “Brezza”, la splendida “Nahual” vibrante di lirismo ed esaltata dalla voce di Fabiana Martone che ritroviamo anche in quella perla che è “Ciardino ‘e sale”, ma non è tutto perché verso il finale il disco trova il suo vertice con la sequenza aperta da “Printemps” e che prosegue con “Mancarsi” e “Le sabbie del meriggio”. Si chiude, così, un disco denso di passione e poesia al quale ritornare nelle fredde serate del prossimo inverno.

Salvatore Esposito 

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