Federspiel – Albedo (O-tone, 2022)

Di tempo ne è passato da quando – era il 2005 – dei giovani studenti dell’Università di Musica e Arti dello Spettacolo di Vienna del Conservatorio diedero vita a Federspiel, che con il passare degli anni ha consolidato il proprio appeal di travolgente e sconfinante banda di ottoni che, senza remore, fa convivere con naturalezza modi classici, suggestioni folkloriche alpine, jazz, sprazzi latini e improvvisazione. Il loro nome si riferisce alla denominazione di qualità per il vino della regione austriaca della Wachau, da dove la maggior parte dei musicisti dei Federspiel è originaria o dove è più o meno cresciuta. Hanno riempito con le loro note insolite tanto i folk festival quanto la Filarmonica di Berlino, tanto la Sala d’Oro del Musikverein di Vienna quanto lo scenario naturale delle Dolomiti. Nel 2015 sono passati per il WOMEX, i loro album hanno conquistato Premi della Critica e Award nelle categorie world e folk in Germania e Austria. Il settetto di base a Vienna è composto da Thomas Winalek (trombone, tromba basso e voce), Philip Haas (tromba, flicorno, voce), Roland Eitzinger (tuba, voce), Simon Zöchbauer (tromba, flicorno, romba ottavino, zither, voce e composizione), Frédéric Alvarado-Dupuy (clarinetti e composizione) con gli ultimi arrivati Christian Amstätter (trombone basso e voce) e Christoph Moschberger (flicorno, voce, composizione). Con “Albedo”, in un certo senso aprono un nuovo capitolo del loro già audace linguaggio musicale caratterizzato da un’attitudine ibrida, appassionata e sensibile, della naturalezza con cui sperimentano, animati da levità ed ironia, mai esagerata. L’albedo è il potere riflettente di una superficie, la frazione di radiazione solare incidente che è riflessa; le composizioni (tutte, tranne un tradizionale, portano la firma di membri dell’ensemble) risentono di quei momenti di “buio” e di “luce” attraversati – da tutti – nei due anni passati. Libera emozioni l’iniziale “>0,90”. un prodromo luminoso che riprende proprio la metafora dell’irradiazione della luce, richiamando la misura di riflessione (quella sul ghiaccio è circa del 90%, mentre l'albedo massima di 1 equivalente alla completa riflessione della luce incidente). Il tema seguente, “Flow”, seduce proprio per il suo andamento perfino swingante, a tratti maestoso. Dopo le tensioni e le increspature che si affacciano in “Inside-outside”, l’entusiasmante e complessa “Kronos”, composizione dai continui cambi di scena. La versatilità e l’abilità dei sette ben si evidenzia nell’alternarsi e nell’incastro dei fiati. Si esibiscono deviazioni jazzistiche e inattesi guizzi canori (jodel, canto corale, borbottii, ecc.) in “Calor”, mentre nella partitura orchestrale di “Anthem” si esprime la cifra della banda. C’è la voglia di estroversione, di celebrare a tempo di valzer (“Freedom waltz”) e di ribadire il gusto per la tradizione popolare nella danza “Ausseer Schützenentänzen”. Diversamente, “Samtig matt” ci riporta a una certa baldanzos pacatezza di umore. Si arriva in fondo con la delicatezza mai scontata di “Ninna nanna”. 


Ciro De Rosa

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