Serena Spedicato – Io che amo solo te. Le voci di Genova (Dodicilune/I.R.D., 2022)

Cantante raffinata ed eclettica, Serena Spedicato vanta un intenso percorso artistico speso tra l’attività concertistica, in diverse formazioni jazz, polifoniche e corali, e quella discografica in cui spiccano lavori pregevoli come "My Waits. Tom Waits Songbook" del 2012 e “The Shining of Things. Dedicated to David Sylvian" del 2019. A distanza di tre anni da quest’ultimo, la ritroviamo con “Io che amo solo te. Le voci di Genova”, pregevole tributo alla “scuola genovese”, quella generazione di cantautori, sbocciati all’ombra della Lanterna verso la fine degli anni Cinquanta. Da Luigi Tenco a Gino Paoli, da Umberto Bindi a Fabrizio De Andrè, passando per l’unico genovese di adozione Sergio Endrigo, la cantante salentina ha ripercorso alcune delle pagine più intense e belle della canzone d’autore italiana, con la complicità dello scrittore Osvaldo Piliego che ne ha firmato i testi e del regista Riccardo Lanzarone a cui è affidata la drammaturgia. Ad impreziosire il tutto, gli eleganti arrangiamenti jazz, curati dal fisarmonicista Vince Abbracciante alla guida di un trio di eccellenti strumentisti pugliesi, completato da Nando Di Modugno alla Chitarra e Giorgio Vendola al contrabbasso. Abbiamo intervistato Serena Spedicato per farci raccontare la genesi di questo nuovo album, nato dalla fortunata esperienza dal vivo dell’omonimo recital.

Dopo i pregevoli dischi dedicati a Tom Waits e David Sylvian, rendi omaggio alla scuola cantautorale genovese con “Io che amo solo te. Le voci di Genova”. Com’è nato questo progetto?
“Io Che Amo Solo Te. Le voci di Genova” è un progetto di ricerca nato dal fortunato incontro con lo scrittore Osvaldo Piliego ed il fisarmonicista e arrangiatore Vince Abbracciante, affiancato da Nando Di Modugno (chitarra classica) e Giorgio Vendola (contrabbasso), con  la regia di Riccardo Lanzarone. È uno spettacolo di teatro-canzone che “racconta cantando”, Genova e il suo mare. E il suo farsi culla sul finire degli anni Cinquanta di un movimento culturale e artistico, la “Scuola dei Cantautori”, che rivoluzionò fortemente la tradizione musicale italiana precedente. Bruno Lauzi, Sergio Endrigo, Umberto Bindi, Luigi Tenco, Gino Paoli, Fabrizio De Andrè sono i protagonisti di questo nostro raccontare, le loro vite e le loro canzoni “consegnate all’eternità”.

Quali sono, a livello di approccio interpretativo, le identità e le differenze tra questo nuovo lavoro e i precedenti? 
Una costante nel mio approccio interpretativo è la “ricerca che porta alla luce” l’anima più intima e nascosta di ogni melodia e composizione, preferendo lentezza e introspezione a virtuosismi e soluzioni a effetto. Questo nel tempo ha contribuito a donarmi una cifra artistica e identitaria ben precisa.

In questo senso, come si è evoluta, negli anni, la tua ricerca sulla voce?
Mirando a creare un rapporto di assoluta naturalezza con la forma canzone senza espedienti e forzature. Con un uso sempre più ragionato della variazione melodica e ritmica, privilegiando lo studio dei colori, gli accenti e il ritmo interno alla frase. Cantare per me è porgere la parola. 

Il disco come il concerto incrocia le canzoni, ma anche il racconto in una sorta di teatro-canzone. Come mai avete scelto questa peculiare formula?
Il progetto ha preso linfa e vita in un incessante “camminare verso” fatto di impulsi e intento di raccontare. Raccontare in più forme, da più sguardi e gesto, e tutto al femminile. Non è stata una scelta voluta. ‘È accaduto che lingua da proscenio e canzone d’autore si fondessero in un’ anima sola, diventando espressione legata alla teatralità. E grazie al lungo lavoro di ricerca a quattro mani con lo scrittore Osvaldo Piliego. La definizione di Teatro Canzone ha origini antiche, da Luporini e Gaber, la cui speciale caratteristica era proprio un tipo di “prosa d’evocazione”. Mi piace pensare a questo dolce rimando.

Con quale criterio hai scelto i brani da rileggere?
Abbiamo pensato insieme, io e lo scrittore Osvaldo Piliego, i titoli dei brani da rileggere e che compongono la tracklist di “Io Che Amo Solo Te. Le voci di Genova”. ‘È stata una scelta di legame a doppio filo con le storie dei sei cantautori e taglio narrativo espressi da Osvaldo nella trama del progetto, 
avendo sempre chiara la presenza della musica e della prassi poetica come fusione. Un lavoro delicato, di grande sapienza e tecnica operato da Osvaldo che guida all’ ascolto e alla comprensione dei brani stessi e alle vite che contengono.

Al tuo fianco c’è un super-trio composto da tre eccellenti strumentisti pugliesi: Vince Abbracciante, Nando Di Modugno e Giorgio Vendola, quanto è stato importante il loro contributo nella definizione del suono?
Il Trio è stato fondamentale per la definizione dell’ intero progetto e per il rivestimento sonoro. Un incastro perfetto. Tre musicisti e personalità artistiche di concetto. Si esprimono nella piena padronanza dello strumento con una visione musicale propria ed espansa, senza schemi prestabiliti, creando in un continuo evolversi. Adoro il modo libero che hanno di stare dentro la musica. Ognuno di loro è un incontro fortunato, nella vita così come nella Musica. Provo profonda gratitudine.

Come si è indirizzato il lavoro di Vince Abbracciante in fase di arrangiamento?
Vince Abbracciante è un musicista sapiente e raffinato, e Amico generoso e fraterno. Ho deciso di affidargli la direzione musicale del progetto, senza troppa riflessione giacché sapevo avrebbe accolto con straordinaria sensibilità e senso della ricerca. E così è stato. Con i suoi arrangiamenti ha esaltato ogni tessera dei brani donando rilettura nuova e personale, senza sovvertire le norme ordinarie del linguaggio.
Il disco vive di forza espressiva, intenso camerismo e cura del suono grazie alla sua visione. Emerge tutto il lirismo e lo schema ritmico/armonico che è un cenno forte della sua cifra identitaria. ‘È stato emozionante per tutti interpretarli. Sono così preziosi.

Quali aspetti di queste canzoni che hai scelto hai cercato di far emergere, di esaltare, nelle tue interpretazioni?
Il genio del movimento cantautorale genovese ha lasciato in eredità un modo speciale ed innovativo di scrivere canzoni, ma anche di usare e trattare lo strumento voce come qualcosa di più della mera interpretazione, della parola stessa, del senso, della storia raccontata, della ricerca di una caratterizzazione. La canzone rappresentava per loro una creta nobile da modellare “intorno” alla propria voce e personalità, per esprimerne il complesso, e struggente al tempo, linguaggio emozionale. ‘E questo, per me, l’ aspetto centrale della loro Arte che li decreta unici e autentici: il canto come il solo mezzo attraverso cui compiere sé stessi, per essere sé stessi. Ed è questo che ho cercato di far emergere, se è arrivato e mi è riuscito: l’evocazione di sé racchiusa in un corpo fatto di canzoni.

Da Luigi Tenco a Sergio Endrigo, fino a toccare Fabrizio De Andrè. A chi ti senti più legata e quali sono i brani che ti toccano maggiormente a livello emotivo?
Ciò che mi ha spinto ad accrescere lo studio dei cantautori genovesi è stato il grande influsso che la loro Arte ha avuto su di me, coinvolgendo intimamente cuore e testa. Poeti, interpreti del testo dalla personalità inconfondibile, sound naturale, stile vocale particolare e intenso, finezza di fraseggio e ineccepibile senso ritmico.  Sono legata ad ognuno per l’ indagine estetica rivelata. E ad ognuna delle loro produzioni perché viatico emozionale costante.

Concludendo, quali sono i tuoi futuri progetti discografici?
Ho un animo da interprete e la rilettura, come atto creativo, resta la mia forma compositiva privilegiata. Tuttavia, non escludo l’arrivo di un disco a mia firma anche come autrice.
Lo annoto subito, per non scordare.


 
Serena Spedicato – Io che amo solo te. Le voci di Genova (Dodicilune/I.R.D., 2022)
Nella scena jazz italiana non è insolito ascoltare riletture di canzoni d’autore rielaborate quasi fossero degli standard d’oltreoceano e, laddove, questa scelta a prima vista sembrerebbe una trovata rivoluzionaria, al contrario espone spesso al rischio di impantanarsi in eccessivi manierismi. La sfida da raccogliere è quella di cercare una via espressiva originale in grado di far riscoprire all’ascoltatore questi brani sotto una luce nuova, diversa, con sfumature, atmosfere, accorgimenti timbrici e melodici inediti. In questo senso ha colto nel segno Serena Spedicato con “Io che amo solo te. Le voci di Genova”, progetto nato sul palco con la complicità dello scrittore Osvaldo Piliego per la regia di Riccardo Lanzarone e che la vede affiancata da un trio di talentuosi strumentisti guidato da Vince Abbracciante (fisarmonica e arrangiamenti), Nando Di Modugno (chitarra) e Giorgio Vendola (contrabbasso). Insieme hanno dato vita ad un recital che incrocia musica e parole dando vita ad un viaggio nel tempo alla riscoperta di alcuni tra i brani più noti della “scuola cantautorale genovese”, intercalati da sette interludi narrativi a cui sono affidati i ritratti di Bruno Lauzi, Luigi Tenco, Sergio Endrigo, Umberto Bindi, Gino Paoli e Fabrizio De André. A cristallizzare la fortunata esperienza maturata dal vivo è il disco omonimo, pubblicato da Dodicilune con la collaborazione della Eskape Music del pianista barese Kekko Fornarelli, che ripropone integralmente lo spettacolo. Ascoltare il disco, senza interruzioni di sorta, consente di ritrovare l’atmosfera e il pathos del recital con la cantante leccese che interpreta con personalità e trasporto i vari brani, per calarsi poi nei panni della narratrice, dando voce ai testi di Piliego nei quali si intrecciano storie, aneddoti, suggestioni ed ascolti. Sotto il profilo musicale, magistrali sono gli arrangiamenti di Vince Abbracciante che ha colorato i vari brani ora di jazz, ora di atmosfere latin, ora ancora di echi di musette. Fisarmonica e chitarra, sostenute dalla trama ritmica del contrabbasso, ricamano melodie eleganti che avvolgono ed esaltano l’intensità delle interpretazioni della Spedicato che approccia ogni brano con osmotica sensibilità. “Questo concerto è la mia dichiarazione la mia piccola serenata a una città e a un tempo del mio cuore il mio e quello di tanti che in queste note e in queste parole hanno imparato l’amore”. Queste parole dedicate a Genova, fonte ispirativa primaria e grande madre di quel fermento culturale e poetiche che animò quella generazione di cantautori ci introducono al disco che si apre con la bella rilettura di “Ritornerai” di Bruno Lauzi, il piccolo gigante a cui è dedicato il primo ritratto e dal cui repertorio è tratta anche la successiva “Il tuo amore” proposta in una brillante versione. Dal songbook di Sergio Endrigo arriva, poi, la dolcissima “Io che amo solo te” in cui spicca il ricercato intro strumentale per chitarra e contrabbasso. Si prosegue con Umberto Bindi del quale vengono proposte “Il nostro concerto” e “La musica è finita”, scritta con Franco Califano” per giungere alla parte più commovente dell’album, dedicata a Luigi Tenco del quale Serena Spedicato ci regala Mi sono innamorato di te”, “Un giorno dopo l’altro” e “Ho capito che ti amo”. Le gustose versioni di “Sassi” e “Che cosa c’è” di Gino Paoli ci accompagnano verso il finale con l’ultima parte dedicata a Fabrizio De Andrè del quale vengono proposte “Bocca di Rosa” e “Anime Salve”, quest’ultima vertice di tutto l’album sia dal punto di vista interpretativo che da quello dell’arrangiamento. Ad accompagnare il disco è lo splendido booklet, curato da Marina Donato ed impreziosito dagli scatti  di quest’ultima e di Maurizio Bizocchetti che ritraggono Genova tra gli scorci dei carrugi e del porto sul quale svetta il suo simbolo: la Lanterna. Insomma, “Io che amo solo te. Le voci di Genova” è un atto d’amore sentito e pieno di passione, un disco pregevole che tocca il cuore con il suo lirismo vibrante. Il disco è disponibile anche in edizione limitata e numerata in formato libro con cd.


Salvatore Esposito

Foto di Marina Damato

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