Lamia Yared & Ensemble Oraciones – Ottoman Splendours/Lumières Ottomanes (Analekta/Centre des Musiciens du Monde, 2022)

Tre anni fa Lamia Yared (voce e oud), con l’album “Chants des Trois Cours” ci aveva guidato fra Asia e Mediterraneo attraverso legami e divergenze fra maqām di matrici arabe, makam turchi e dastgâh persiani.  In quell’occasione cantava insieme ad un eccezionale settetto di musicisti in cui spiccava Didem Başar che l’accompagna anche nel nuovo album, sia al kanun sia prendendosi cura degli arrangiamenti che possono contare sui contributi di tre archi – Omar Abou-Afach al violino alto, Sheila Hannigan al violoncello, Binnaz Çelik al kemençe – sul clarinetto di Yoni Kaston e sul lavoro di cucitura ma anche solista di Abdul-Wahab Kayyali all’oud e sulle percussioni di Olivier Bussières. L’album è stato prodotto in collaborazione con il Centre des Musiciens du Monde ed è stato ottimamente registrato a fine gennaio nello Studio PM (Pierre Marchand) a Montreal, dando corpo sonoro alle ricerche che Lamia Yared ha condotto in Libano, Turchia e Grecia su repertori che spaziano fra l’Asia minore e i Balcani. Le musiche selezionate per “Ottoman Splendours” sono estremamente vive, testimonianza di sentieri sonori condivisi lungo un asse che risale a ritroso migrazioni che hanno raggiunto l’Asia a partire dalla penisola iberica, portando con sé e trasformando perle musicali medievali che hanno generato prestiti ed incontri approdati a Constantinopoli, passando per Smirne, Edirne, Salonicco, Monastir, Sarajevo e abbracciando le tradizioni greca, ottomana a partire da quella sefardita. Da quest’ultimo ambito provengono i canti “Juego de siempre” e “Landarico” offrendo a chi ascolta, in apertura dell’album, uno spaccato delle musiche per matrimonio e un romancero, esempi di composizioni che nel corso del tempo, se hanno probabilmente mantenuto i versi, sono anche testimonianza della capacità dei makm di farsi strada anche all’interno di repertori di provenienza occidentale (in questo caso la Penisola iberica). La scaletta, che comprende quindici brani, è inframmezzata da virtuosi assoli che vedono protagonisti Olivier Bussières alle percussioni nella prima parte di “Tres Morillas”, il kanun di Didem Başar proprio a metà dell’album e il kemeçe di Binnaz Çelik subito prima degli ultimi brani. Altri brani percorrono in modo limpido ed intenso la dimensione spirituale, intersecando le melodie vocali della tradizione liturgica greco-ortodossa al sufismo agli ensemble maftirim sefarditi con i loro canti paytanim e hazzanim. In quest’ambito l’album rimanda alle opere di compositori come Isaac Fresco Romano (o Tanburi Isak Efendi, 1745-1814), hazzan della sinagoga di Ortak, musicista alla corte del sultan Sélim III alla fine del XVIII secolo e mevlevi della comunità di Galata, a suo agio fra le musiche paraliturgiche sefardite, così come fra quelle della corte ottomane; e al più anziano Petros Peloponnesios (o Petros Lambadarios, 1730-1778), autore sia di canti profani fanarioti, sia di opere per il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. C’è spazio, inoltre, per brani maggiormente legati alla vita quotidiana e al mondo femminile, come il motivo rebetiko “Kouklaki mou-Mi chika flor” o lo sharkı “Nicin gordüm seni-Ven chika Nazlia” che chiude il disco. L’album sancisce anche la prima uscita discografica dell’Ensemble Oraciones che lo presenterà dal vivo a Montréal il 19 giugno al Festival des Musiciens du Monde nella formazione in quartetto con Lamia Yared, Didem Başar, Omar Abou-Afach e Olivier Bussières e con la partecipazione come invitati di Abdul Wahab Kayyali e Sheila Hannigan. 


Alessio Surian

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