DLÙ – Moch (ARC Music, 2022)

“Alba” è il brano d’apertura, nonché il titolo dell’album di debutto della band di “weigie” gaelici. Quattro dei membri, infatti, si sono conosciuti alla Sgoil Ghàidhlig Ghlaschu di Glasgow, la prima scuola dove si insegna in lingua gaelica. Al quartetto originario: Moilidh NicGriogair (violino e voce), Zach Ronan (fisarmonica e voce), Aidan Spiers (chitarra elettrica e voce) e Andrew Grossart (batteria) si sono uniti Jack Dorrian (basso) e il vocalist ospite Joseph McCluskey. Naturalmente, il loro nome deriva da una parola gaelica, “dlùth", che significa sia “vicinanza” sia ordito di un tessuto. Insomma, un appellativo che riflette tanto la loro amicizia e il loro affiatamento quanto le svariate influenze musicali (rock, pop e funk, ritmi balcanici) che creano una trama sonora connessa alla base folk e tradizionale scozzese. Le accurate note di Mary Ann Kennedy, artista, studiosa e presentatrice radiofonica di chiara fama, accompagnano questo esordio fulminante. “Moch” si compone di dodici tracce, in prevalenza strumentali che portano la firma di due membri della band (NicGriogar e Ronan), cui si aggiungono alcuni tradizionali scozzesi. I DLÙ impattano subito alla grande con l’apertura, che è una dichiarazione d’intenti affidata a un set di due temi (“An Lochlannach” e “Off the Cuff”). Drone e chitarra scura creano l’ambientazione, dentro, quindi, il violino a portare avanti la melodia. Dopo poche battute la vigorosa sezione ritmica incalza, il ritmo diventa danzante fino a una sequenza intermedia, dove la fisarmonica si fa strada prendendo la testa, accompagnata dalla potenza di basso e batteria, fino ad arrivare al pieno strumentale d’insieme nel crescendo finale. Segue un trittico di danze chiamato “Am Politician” (una polka, un jig e un reel). Riff di chitarra elettrica e pizzicato del violino in attacco, dentro la fisa e la sezione ritmica. Di nuovo il violino si fa protagonista nella giga, intrisa di sprazzi elettronici nella parte centrale. Si giunge, quindi, a un reel dal profilo funkeggiante, corroborato dai fraseggi fatati della fisarmonica e da salutari sferzate di chitarra elettrica: wow! “Racan” (Drago) è l’adattamento di un tradizionale gaelico, cantato dall’ospite Joseph McCluskey. È il racconto di drago catturato e mangiato da ladri il giorno di Hogmanay. Il brano si apre con un incipit strumentale, per concedersi un crescendo a rotta di collo rock-funk su cui McCluskey canta in stile ‘puirt à beul’. Il tema successivo ci conduce alle Ebridi Esterne (isola di Lewis): è lì che si trova lo studio “Bàgh Dubh” (Baia Nera), da cui il motivo omonimo. Anche qui si susseguono tre danze, di cui quella che dà il titolo è un reel lento, guidato da una fisarmonica che prende strade prog. Ci si immette in un altro reel, “Pandan Valley”, in cui si impongono notevoli tessiture della chitarra. A chiudere il set irrompono i tempi dispari di “Djordje's Jig”, giga dedicata a Djordje Gajic, insegnante di fisarmonica di Zach, alla Scuola Gaelica di Glasgow. Un assolo di violino appoggiato su un drone apre “By the Sea”. La fisarmonica lo raggiunge in questa slow air che evoca il paesaggio di Eriskay, isola nord-occidentale della Outer Hebrides. L’ingresso della sezione ritmica accresce la dinamica, sfociando nella traccia successiva, “Kate’s Jig”, in cui ancora l’archetto si prende la scena su una ritmica sempre incisiva. Inizio quasi psichedelico per “Anmoch” (Sera), anche qui basso e batteria dominano, ma le variazioni ritmiche sono tali da condurre dove non te l’aspetti, perché d’improvviso prorompe un’altra balcanizzazione nei tempi, prima della “ricomposizione” di umore rock. E non ci si ferma, perché “Blue Reef” è un altro numero funky, dove non ci sono fiati ma fisa e violino a tirare al corsa. Il brano è caratterizzato da un lungo break a metà strada tra barocco & ambient che si interpone tra un passo di danza e l’altro (con i suoi oltre 7 minuti è il brano più lungo dell’album). Quanto a “Aiseirigh” (Sollevazione) è una sorta di funky-fiddle tune elettrica. Andando oltre: avete mai pensato che degli ex-studenti potessero dedicare un brano a una Preside? Succede anche questo in “Moch”. Ché “Donalda’s” è un omaggio di Moilidh a Dr. Donalda McComb, dirigente dell’Istituto gaelico di Glasgow, la cui platea è cresciuta tantissimo dalla sua apertura a fine anni ’90, grazie alla sua politica di promozione dell’insegnamento impartito in gaelico. In “Anthem” violino e chitarra prolungano le atmosfere create nel brano precedente, poi si parte per un’altra cavalcata in cui il violino sparge nuovamente profumi est europei e si aggiungono effetti wah wah. Tocca, quindi, alla fisarmonica far prendere il largo al pezzo. “Bràighe Loch Iall” (Braes of Loch Eil), un lamento tradizionale gaelico, pubblicato come singolo, è un’oasi evocativa a fronte dei procedenti brani ad alto impatto ritmico, in cui fanno capolino le clannadiane armonizzazioni vocali di altri membri della band e dove la NicGriogair rivela una voce solista che merita sicuramente più spazio, contrappuntata da quella di McCluskey, con una chitarra gilmouriana che si accende nel finale: è la chiusura dell’album e chissà che non rappresenti un possibile futuro sviluppo stilistico per il gruppo? Vedremo. Intanto, ci lasciamo prendere da questa sorprendente prima prova dei giovani ed energici DLÙ. 


Ciro De Rosa

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