Il legame tra musica e poesia affonda le sue radici lontano nel tempo, basti pensare ai frammenti ritrovati in Mesopotamia o in Egitto e poi ancora all’Antica Grecia dove il termine μουσική (musikè) racchiudeva le arti ispirate dalle muse: poesia, musica e danza. Non è un caso che i primi componimenti della tradizione letteraria come “Iliaede” e “Odissea” furono diffusi oralmente attraverso gli aedi, cantori erranti che si spostavano da luogo in luogo. Per giungere in tempi più recenti, il rapporto tra musica e poesia non si è mai interrotto, ma anzi si è intensificato a partire dal XX secolo e ha trovato la sua massima celebrazione nel premio Nobel per la letteratura consegnato nel 2016 a Bob Dylan. Le connessioni tra poesia e musica hanno trovato terreno fertile anche nel jazz se si pensa al magnifico “The Clown” di Charles Mingus o a “The Lion for Real” di Allen Ginsberg, prodotto da Hal Willner e nel quale spiccavano, tra gli altri, Arto Lindsay, Bill Frisell, Marc Ribot e Philip Glass. Non meno interessanti sono anche gli esperimenti tra jazz e poesia degli italiani e, tra questi, meritano certamente una citazione i diversi progetti messi in campo dal poeta irpino Domenico Cipriano come “Le note richiamano versi”, realizzato nel 2004 con la JP Band nella quale spiccavano Enzo Marangelo, Enzo Orefice, Piero Leveratto ed Ettore Fioravanti, le performance “E.VERSI jazz-poety” con Carmine Cataldo e Fabio Lauria e “Parole Necessarie” con Alessandro Cataldo. Le sue liriche, spesso in dialetto, rivelano una scrittura intimista e riflessiva nel cui pieghe è possibile cogliere addentellati con la poetica di Salvatore Quasimodo o le atmosfere dei romanzi di Francesco Jovine o ancora echi delle poesie di Eduardo De Filippo. Ritroviamo i versi di Domenico Cipriano protagonisti di “Ramificazioni”, pregevole album inciso con il conterraneo Carmine Ioanna (fisarmonica, tastiere, sax tenore, cajon e percussioni), strumentista con alle spalle un lungo ed articolato percorso artistico costellato da prestigiose collaborazioni in Italia e all’estero, e con la partecipazione di Paolo Fresu (tromba, flicorno e multi-effects aerosol). Nelle note di copertina, Cipriano sottolinea: “Questo progetto è frutto di un incontro non casuale, avendo io e Carmine comune sensibilità e l'amore per la nostra terra: l'Irpinia. Le poesie scelte, pertanto, evocano temi che interpretano le percezioni, i ricordi, i momenti vissuti o ascoltati nei racconti, con testi sia in italiano, sia nel dialetto dell'alta Irpinia, in particolare di Guardia Lombardi”. Come evoca in modo eccellente il titolo del disco, poesia e musica si intrecciano ramificandosi costruendo una narrazione poetica unitaria che ritrae l’Irpinia, territorio dalla bellezza incontaminata situato in provincia di Avellino, con il suo fascino, le sue storie e la sua gente. Accolti dalla bella copertina con i due protagonisti ritratti nell’Abbazia del Goleto, l’ascolto svela un lavoro raffinato e dal taglio originale sia sotto il profilo concettuale, sia musicale, con il poeta irpino che dà voce ai suoi versi, nella forma metrica dell’ottonario-ottonario-endecasillabo esteso, intessendo un dialogo di grande fascino con gli strumenti e le musiche di Carmine Ioanna, con la complicità in due casi di Fresu, che mescolano contemporary jazz, echi mediterranei e suggestioni tanguere. Il poeta irpino ci regala, così, liriche edite e inedite in cui troviamo luoghi, sensazioni e ritratti di figure come la moglie e la figlia, ma anche la madre e gli amici. Il poeta irpino a riguardo scrive: “Una caratteristica del lavoro è la convivenza di diversi linguaggi e sonorità che si intrecciano per "ramificare" verso soluzioni inattese. Nella stesura delle poesie dialettali mi sono immerso in un lessico che esiste da sempre dentro di me, ma nello stesso tempo ho affiancato alla memoria individuale quella collettiva, nonché delle ricerche presenti in alcune pubblicazioni, soprattutto per il recupero di espressioni perdute nel tempo o remote rispetto a quelle oggi più comuni”. Ad aprire il disco è la fisarmonica che tesse la sinuosa melodia di “Maria Carmela” (“Ho nostalgia di un luogo/Che non ho mai visitato, Della sua lingua straniera e della musica”) a cui segue il breve frammento “Marcoffiu”, in cui viene evocata la storia di Marcoffio sulla luna, uno di quei racconti per l’infanzia che nessuno insegna più (“E passienn’ ‘mmiezzu a la chiazza/addummannammu e anns’lammu/ma nisciunu chiju ‘nzegna/da qualu zinnu s’ved’Marcoffiu”). Se “Viernu” colpisce per la brillante architettura sonora costruita sull’elettronica e il sax tenore in cui si inserisce la voce e le liriche di Cipriano, la successiva “Nicola” è uno dei vertici del disco con la tromba di Paolo Fresu che giganteggia con il suo brillante eloquio. La fisarmonica di Ioanna torna protagonista in “Ciancianèddre”, mentre in “Sofia e la memoria” è protagonista di un superbo interplay con Fresu, contornato dalle increspature dell’elettronica. Completano il disco l’elegia pianistica “Mare d’Irpinia” e “Via Roma” che chiude il disco regalandoci i versi più intensi e significativi “La poesia/non cercarla nei libri,/nelle carte ammuffite/della biblioteca,/ma nelle gambe incrociate/storte sulla sedia,/nelle voci curvate dei vecchi/o accavallate/mentre giocano a carte” prima di schiuderci le porte di una cantina con i versi de “La candina” e la fisarmonica che ci accompagna verso la conclusione evocando le orchestrine da osteria. Insomma, “Ramificazioni” è un disco prezioso, un atto d’amore per la propria terra e le proprie radici nel quale senso di appartenenza e memoria si accompagnano ad intrigante ricerca musicale.
Salvatore Esposito