Navá – Toranj (Navá Records, 2022)

“Toranj” è il terzo album del quartetto irlandese-iraniano pubblicato a tre anni da “Soujourns. Volume 1” (2019) e a cinque da “Tapestry” (2017) e registrato nei raccolti Hellfire Studios, nella contea di Dublino, dal rinomato ingegnere del suono Adrian Hart, con Tony Byrne nel ruolo di produttore e di chitarrista aggiunto in “Pastoral“. I Nava sono Paddy Kiernan (banjo elettrico Telecaster e banjo a 6 corde), Niall Hughes (basso elettrico, contrabbasso e chitarra), Shahab (santur) e Shayan Coohe (tar, clarinetti, sax soprano, daf e tombak), fratelli di origine iraniana, arrivati nell’isola una decina di anni fa e ormai diventati cittadini irlandesi. In lingua farsi “Toranj”, impreziosito da una copertina con magnifici motivi calligrafici, è il punto centrale del disegno di un tappeto persiano dove i vari motivi si incontrano. “Hanno il loro modello di partenza, ma quando arrivano al centro, c’è un terreno comune dove si riuniscono di nuovo, dove c’è una forte connessione”, spiega Shahab Coohe nell’intervista rilasciata a Siobhan Long per il quotidiano “Irish Times” (13 aprile 2022). La metafora riflette gli incontri timbrici (novità, rispetto al passato, l’aggiunta dei fiati a cordofoni e percussioni) e il ponte tra modi (musica d’arte persiana, folklore iraniano, tradizione irlandese, elementi bluegrass e jazz) che creano un arazzo sonoro di pregiata fattura, a partire dal magnifico fluire del tema iniziale, “Desert Jig”, composto dai fratelli Coohe e da Hughes (di cui è stato prodotto il video), in cui le linee melodiche radicate nella tradizione mediorientale si intersecano con le figurazioni ritmiche della giga e con gli inserti improvvisativi. Possiede una variabilità danzante anche il successivo “Tehran”, mentre “The Sphere” parte con le corde percosse della cetra, che è sempre stella polare e cuore timbrico del quartetto, per poi disegnare paesaggi più ampi con l’ingresso del banjo e degli altri strumenti. Di “Hekla”, in cui entra il violoncello dell’ospite Kate Ellis, mi racconta l’autore Shayan Coohe”: “Il pensiero di scrivere “Hekla” ha portato diverse dimensioni nella mia mente. Una deriva dall’ascolto di band e musicisti dell’area scandinava come gli svedesi Väsen, i dublinesi Slow Moving Clouds, i danesi Hvalfugl. L’elemento più comune che ho trovato tra questi artisti è la sostenibilità del suono e l’atmosfera che creano nella loro musica. La mia idea iniziale è stata di trasmettere l’impressione di camminare attraverso una foresta ghiacciata e innevata della Scandinavia”. Anche “Pastoral” e “Indian Summer”, composte da Shahab, proiettano scenari sconfinati, producendo intensità emotiva con le loro atmosfere meditative e pensose. “Baloochi” è ispirato alle espressioni folkloriche del Belucistan iraniano, composto congiuntamente da Kiernan e Shayan Coohe. Invece al tradizionale slip jig irlandese “O Farrell’s” è impressa un’architettura jazz modale. Segue la vorticosa folk-jazz fusion à la Shakti di “Myles Away”, firmata da Shayan. Infine, banjo, santur e fiati conducono fino in fondo “Grà”, una slow air ancora opera di Shayan, titolo che poi significa “passione” o “amore” in irlandese, che è degna conclusione di questo lavoro di felici confluenze. Negli intarsi di “Toranj” rifulge la crescita compositiva dei Navá, che confermano le loro feconde e sincere trame di umanità sonora.


Ciro De Rosa

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