Karolina Cicha & Company – Karaimska Mapa Muzyczna (Karolina Chica, 2021)

Artista propensa ad avventure sonore che vanno oltre i pentagrammi, la polistrumentista polacca Karolina Chica (voce, fisarmonica e piano), della regione di Podlaskie, non è nuova ad esplorazioni delle minoranze linguistiche di area polacca come dimostrano “Wieloma Językami // 9 Languages” del 2014 e "Płyta Tataraska/Tatar Album". Questa nuova impresa l’ha portata ad occuparsi dei Caraiti, conosciuti anche come Caraimi, popolazione di lingua caraima (idioma turco affine a quello tataro ma dalle influenze ebraiche), originari della Crimea a aderenti all’ebraismo caraita. Al di là delle dispute sugli albori della popolazione, ancora oggetto di dibattito storico, la loro presenza in area polacco-lituana è riconducibile all’invito del granduca di Lituania Vitoldo (siamo nel XIV secolo) che li impiegò come militari e mediatori-traduttori, portando circa quattrocento famiglie a Trakai, città posta su un isolotto sul lago Galvé, dove sorgeva una delle sue principali fortezze. La città lacustre mostra ancora l’originale architettura delle case e della kenessa, tempio del culto della comunità caraita. Sottoposta ad assimilazione ma anche a persecuzioni dalle vicine società cristiane maggioritarie, durante le politiche di slavizzazione di epoca zarista i Caraiti subirono discriminazioni, sebbene considerati turchi su base etnico-linguistica e non ebrei per affiliazione religiosa. Nel 1915 gli abitanti dei governatorati occidentali dell’Impero russo lasciarono le loro città, emigrando in altre parti della Russia, in Ucraina e anche nell’antica patria, la Crimea. Durante il secondo conflitto mondiale la designazione turcofona li salvò dallo sterminio dell’Olocausto. In quegli anni, se è vero che alcuni caraiti collaborazionisti militarono nelle legione tatara, la maggior parte fu in grado di assistere la popolazione giudaica lituana. Con l’occupazione sovietica la piccola comunità fu risparmiata dalla deportazione di massa che colpì altre minoranze etniche dell'Urss, ma ciò non arrestò il processo assimilativo. Oggi la comunità diasporica dei caraiti conta poche centinaia presenti in Lituania, Polonia ed Ucraina, oltre che Turchia, Israele e Stati Uniti. Il progetto di Karolina Chica di costruire una “Karaimska Mapa Muzyczna”, vale a dire una “Mappa Musicale Caraita” si è compiuto in collaborazione con Mariola Abkowicz, presidentessa dell’Associazione Polacca Caraita (karaimi.org), la quale ha fornito registrazioni di archivio e agito da consulente per la compositrice polacca. Lanciato come progetto virtuale nel 2020, in seguito è stato realizzato su supporto CD. Il lavoro sulla ridottissima minoranza cosmopolita si compone di due album: il primo volume contiene versioni di canzoni caraite arrangiate da Chica, il secondo propone versioni a cappella di repertorio tradizionale e d’autore contemporaneo. Accanto a Karolina, nel primo album suona la sua Compagnia (Spółka), formata da Patrycja Betley (percussioni), Karolina Matuszkiewicz (kemanche, violino e voce) e Mateusz Szamraj (cymbały, saz, oud, kantele), con la partecipazione di Michał Kuliczenko (voce in tre brani). L’elaborazione sul piano musicale fa propri elementi klezmer, balcanici, russi, polacchi e mediorientali, come si può ascoltare nel brano di apertura, “Troch Szaharda” (Nella città di Trakai), il cui testo è del poeta caraita Szymon Firkowicz, così come nella successiva “Ijisi baraskiniń” (Il profumo del venerdì), ricordo delle usanze culinarie che diventa una descrizione più ampia di un mondo culturale da salvare dall’oblio. “Soframyzda” (Alla nostra tavola) è un tradizionale su ritmi dispari prossimi a quelli delle comunità affacciate sul Mar Nero e con l’oud in bell’evidenza; una canzone della festa dei Caraiti di Crimea, in cui l’eroe è posto davanti a scelte difficili: tre bevande, tre frutti e tre donne. Saz e fisarmonica duettano in “Sałhyr boju” (Fiume di Sałhyr), una canzone tradizionale della Crimea condivisa da caraiti e tatari. Più intima la canzone che segue, una popolarissima ninna nanna, nota come "Jukła uwuchar” (Dormi Figlio Mio), contenuta nella raccolta di poesie di Szymon Kobecki (“Irłar”, ossia “Canzoni”, del 1904), considerata la prima edizione cartacea della letteratura secolare caraita. Ha l’andamento melanconico di una romanza russa “Kiuzdiahi Bahd” (Nel Giardino d’autunno), mentre “Bir elimde Kemanem” (Il kemançe nelle mie mani), dal vestito sonoro ebraico europeo-orientale, ci riporta di nuovo sulle rive del Mar Nero. In “Sahyszłar” entra il canto di Kuliczenko. Si tratta di una ballata sull’attesa dell’amore composta da Mojsiej Pilecki su musiche di E. Juchniewicz, modellata su una canzone ucraina, esemplificazione della combinazione di parole nella lingua nativa e di melodie prese in prestito dall’ambiente circostante. Invece, “Sziriń el” (Gente allegra) è uno dei canti più antichi proposti nel lavoro, che aveva originariamente un carattere tipicamente religioso con liriche didattiche e moralizzanti (l’autore è Mordechaj Sultański, 1772–1863), Tuttavia, la gaiezza della melodia lo ha fatto entrare nella tradizione secolare e trattare come canto di festa. Trasudano romanticismo le due canzoni che seguono: la canzone d’amore crimeana “Bir elmay” (Condividiamo la mela) e quella sull’attesa dell’amore, “Kiusiancz” (Desiderio), scritta negli anni Venti del XX secolo da Michał Tynfowicz. Kantele e hammered dulcimer sono gli strumenti guida nel brano che chiude il primo CD, “Galvieniń Kyryjynda” (Sulle rive del Galvé) , ancora un tema di origine ucraina, una canzone molto popolare nel periodo tra le due guerre a Trakai, con liriche di di Zenon Firkowicz. Il secondo disco che porta come sottotitolo Źródła (Fonti), è costituito da dodici tracce, interpretate da otto cantanti caraiti, uomini e donne di diversa età (Bijana Jodis, Artūras Juchnevičius, Atėnė Kobeckytė, Danielius Kobeckis, Dominyka Kobeckytė, Kamilis Kobeckis, Tatjana Maškevič, Vladimiras Maškevič, Viktorija Narmontienė) che eseguono i brani in solo o in coppia. La maggior parte degli interpreti è originaria di Trakai e svolge un ruolo attivo nella promozione della cultura caraita. Questa seconda sezione riprende alcuni canti proposti nel primo disco ne propone altri tradizionali, come “Kołysanka” (Ninna nanna) e “Bir bar edi (C’era una volta), di cui la seconda è una delle più antiche ninne nanne conservate nella tradizione karaim, fusione di elementi razionali e umoristici. In una catena di domande e risposte, la madre racconta al figlio i fenomeni naturali che governano il mondo. Ancora, c’è il lamento nuziale “Muzhuł kielin” (Una sposa triste), sorta di addio all’infanzia, alla famiglia e ai genitori, questi ultimi pieni di ansia per la nuova condizione che attende la figlia. Oltre ai canti del passato, troviamo un repertorio contemporaneo: per esempio ci sono le canzoni “Tuwmusz Trochka” e “Kara Tengiz”, scritte nel 1997 in occasione di un convegno organizzato in Lituania per il seicentesimo anniversario dell’introduzione dei Caraiti da parte del principe Vitoldo. Più recente ancora la melodia della canzone “Kiusiancz II”, composta nel 2012. Infine, significativo il caso di “Syjyt Jyry Sahynczyna Kyrancznyn”, un’elegia per la peste che sconvolse la Lituania nel 1710, che Karolina non ha potuto incidere nel primo disco, perché è un canto funebre eseguito ritualmente al cimitero da soli uomini. Quello di Karolina Cicha è un progetto di grande interesse culturale, che scava negli intrecci della storia d’Europa e che musicalmente mantiene sempre alta l’attenzione dell’ascoltatore. L’album si può scaricare dal sito web Mapa Muzycna Karaimi, dove si possono trovare tutte le informazioni sui canti e sui protagonisti. 




Ciro De Rosa

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