Cantautore romano con alle spalle una lunga esperienza maturata con E Street Of Fire, la sua tribute band dedicata a Bruce Springsteen, Fabio Melis giunge al suo debutto come solista con “Runaway Train”, nel quale ha messo in fila quattordici brani autografi, composti nell’arco di vent’anni, e che, nel loro insieme, rappresentano altrettanti capitoli della storia di un uomo alle prese con la necessità di riprendere in mano la sua vita. La perdita di una persona cara, la fine di una storia d’amore, il rapporto con la famiglia sono questi i temi che permeano le canzoni e da cui traspaiono in controluce elementi autobiografici e riflessioni profonde sulla vita e il mondo che ci circonda. Dal punto di vista musicale, il disco riflette le sue grandi passioni musicali dal grande amore per Mark Knopfler e i suoi Dire Straits passando il già citato Bruce Springsteen, Southside Johnny e John Mellencamp per giungere a Tom Petty e gli Eagles, il tutto impreziosito da una bella dose di energia ed intensità interpretativa. Ritroviamo, così, tutti gli elementi dell’Asbury Sound con chitarre elettriche in evidenza che dialogano con hammond e fiati a creare quel Wall Of Sound inconfondibile di “Born To Run”. Ad accompagnare Melis (voce, chitarra, piano, organo, corde e armonica) in questa avventura sono Beppe Basile (batteria e percussioni) già nella Social Band di Luca Barbarossa, Daniele Di Noia (basso), Domenico Langella (piano, organo, archi, Fender Rhodes) e John Isley (sax tenore) dei Dire Straits a cui si sono aggiunti Chris Anderson (tromba) e Neal Pawley (trombone) ovvero The Asbury Jukes Horns del grande Southside Johnny, Stefano Mengarelli (piano) Gianfranco Cordella (piano), Damiano Minucci (chitarra acustica e slide guitar) e le voci di Marco Melis, Antonio Zirilli e Simone Moscato. Ad aprire l’album è la title-track che, incrociando echi di Tom Petty con lo Springsteen di “The Darkness Of The Edge Of Town”, racconta di un uomo desideroso di rinascere e vivere una nuova vita in cui non ci sia spazio per la paura. Si prosegue con la rock ballad “Waiting For Us” dedicata al fratello, mentre “Hold me in your arms” è un omaggio al sound della E Street Band con la chitarra in grande evidenza. Il vertice del disco arriva con “Lovin' eyes” con i fiati degli Asbury Jukes, per l’occasione arrangiati da John Isley, e il testo denso di lirismo che coglie l’istantanea di un uomo che, dopo tanti anni, sente ancora la mancanza degli occhi della donna che ha sempre amato. Se il climax di “Learn to walk alone”, guidato dall’armonica e dalla fisarmonica si evolve fino al potente finale rock, la successiva “You’re my precious one” è una appassionata dedicata alla donna che lo ha condotto a riscoprire l’amore, incorniciata da un elegante solo di sax. La sequenza con la confessionale “True love prevails”, la melodica “When our love’s gone” e la solare “Slave with no chains” con chitarre e sax in grande spolvero, apre la strada alla trascinante “Love is on its way” con il sax di John Isley ancora protagonista e al southern rock di “If we want the world saved”. Completano il disco “Sweet Caroline” dedicata alla madre, la ballata pianistica “Pretty Little Child” e l’omaggio al sound degli Eagles con la raffinata “The Veil Is Gone”. Nulla di nuovo sotto al sole, ma questo disco è un bel sentire.
Salvatore Esposito
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