Le canzoni dello Zecchino d’Oro, storico festival dedicato alle canzoni per bambini noto in tutto il mondo, appartengono alla memoria collettiva di almeno tre generazioni ed è difficile trovare chi non abbia mai canticchiato una di quelle melodie storiche, così come difficilmente si può dimenticare il Mago Zurlì nelle vesti di presentatore, la mascotte Topo Gigio e la grazia con cui Mariele Ventre dirigeva il Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna. Quel repertorio, denso di dolcezza e insegnamenti profondi, è strettamente legato a Bologna città che,
fin dagli anni Ottanta, ha accolto e adottato Paolo Fresu il quale, dopo il pregevole “Musica da Lettura” ha voluto dedicargli un ulteriore tributo in musica rileggendo in chiave jazz le canzoni più famose dello Zecchino d’Oro. A riguardo il trombettista sardo sottolinea: “Quando ho pensato a un progetto musicale che fosse il racconto di Bologna, il mio pensiero è andato immediatamente alle canzoni dello Zecchino d’Oro. Perché le ho ascoltate da bambino e perché rappresentano la città che mi ha accolto e che mi ha offerto l’opportunità di occuparmi di infanzia contribuendo a sviluppare e rafforzare l’importante messaggio della musica nella scuola e nella società”. La scelta della cantante a cui affidare l’interpretazione delle canzoni è ricaduta su Cristina Zavalloni, voce tra le più intense e raffinate della scena jazz italiana. Il disco, afferma Fresu: “doveva necessariamente trovare un canto che fosse adulto ma che, nel medesimo tempo, conoscesse la lievità e la maternità. Ancora una volta la mente è andata all’unica artista capace di incarnare questo doppio ruolo”. Il caso ha voluto che i primi passi nel mondo della musica siano stati mossi dalla Zavalloni proprio confrontandosi con il songbook dello Zecchino d’Oro. Era, infatti, prima solista della corale “Verdi Note”, diretta dal padre Paolo (cantante, compositore e direttore d’orchestra noto al pubblico con lo pseudonimo di Zavallone) e composta dagli adolescenti che avevano fatto parte del Piccolo Coro di Mariele Ventre e che, tra l’inizio degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, fu protagonista della trasmissione televisiva “Il Sabato dello Zecchino”. A distanza di quarant’anni, la cantante bolognese si è, così, ritrovata a riaffrontare quel repertorio che da piccola le aveva creato qualche difficoltà essendo l’unica a non aver cantato in precedenza nel Piccolo Coro, e con la complicità della figlia Anna di sei anni, ha ripreso in mano l’archivio paterno, per scegliere le canzoni che meglio si prestavano all’interpretazione di una sola voce solista e che avessero quella dose di giusta nostalgia per unire nell’ascolto adulti e bambini, figli e genitori, nipoti e nonni. La vittoria del Bando UNESCO City of Music del Comune di Bologna per sostenere le nuove produzioni musicali dei musicisti che operano nel territorio locale, ha impresso al progetto la spinta per la finalizzazione definitiva con le sessions di registrazione che si sono tenute tra il 15 e il 17 marzo 2021 presso gli studi Fonoprint di Bologna, dove hanno inciso i loro dischi Lucio Dalla, Vasco Rossi, Gaetano Curreri, Luca Carboni e Samuele Bersani, e che hanno visto protagonisti oltre a Paolo Fresu (tromba, flicorno ed elettronica), Cristiano Arcelli (arrangiamenti, sax soprano, clarinetto basso, flauto e melodica), Dino Rubino (pianoforte e philicorda), Marco Bardoscia (contrabbasso), il Quartetto Alborada con Anton Berovski (violino), Sonia Peana (violino), Nico Ciricugno (viola) e Piero Salvatori (cello), oltre a Luca Devito (flauto ne “Il Valzer del Moscerino”). “popOFF!” inaugura la collana Kids della Tǔk Music, dedicata alla musica per l’infanzia, e rientra nel più ampio insieme di iniziative che da lungo tempo Fresu porta avanti con la moglie Sonia Peana, curatrice del progetto Nidi di Note nato a Bologna nel 2010 e dei seminari dedicati ai bambini tenutisi a Time in Jazz a Berchidda. Accolti dalla bella copertina curata da Lorenzo Mattotti, i cui disegni a matita colorati impreziosiscono anche il booklet, il disco è una magnifica sorpresa, l’ennesima trovata geniale del trombettista sardo che è riuscito nell’impresa di veicolare le canzoni per bambini verso un pubblico adulto, rivestendole di sonorità elaborate ed eleganti e, allo stesso tempo, perfette per svelare ai più piccoli l’articolato universo del jazz, il tutto conservando intatte le strutture originali non senza lasciare spazio all’improvvisazione. Non è un caso, infatti, che all’interno del booklet siano riprese le parole di Claudio Abbado: “Non si deve insegnare la musica ai bambini per farli diventare grandi musicisti, ma perché imparino ad ascoltare e, di conseguenza, ad essere ascoltati”. Le atmosfere leggere e spensierate si accompagnano a spaccati densi di dolcezza, con la voce di Cristina Zavalloni che ci regala interpretazioni di grande intensità, magistralmente sostenuta dalle perfette architetture sonore costruite dagli arrangiamenti di Arcelli. L’intro pianistico di “Quarantaquattro Gatti” apre l’album introducendoci alla divertente “Il Valzer del Moscerino” con gli archi e il pianoforte che guidano la linea melodica, lasciando spazio poi ad un interludio strumentale in cui spicca il solo di Fresu. Si prosegue con la commovente e raffinatissima versione di “Ninna nanna del chicco di caffè” introdotta dalla tromba di Fresu e dal piano di Rubino e scandita dal contrabbasso di Bardoscia. La swingante versione de “Caffè della Peppina” e la divertente “Volevo un gatto nero” ci guidano alla bella sequenza con “Il pulcino ballerino”, “La giostra del carillon” e “Katalicammello”, ma il vertice del disco arriva con l’intensa “Carissimo Pinocchio”, con il pianoforte di Rubino che guida il crescendo che culmina nel magnifico solo di Fresu. Coinvolgente ed appassionante è anche l’ultima parte del disco con “Non lo faccio più” in cui spiccano gli archi del Quartetto Alborada, le sperimentazioni de “Il Pinguino Belisario” e il grande classico “Quarantaquattro gatti”. Una imperdibile rilettura di “Popoff” chiude un disco che conduce l’ascoltatore a ritrovarsi bambini con quel carico di ricordi ed emozioni che inevitabilmente evocano queste canzoni.
Salvatore Esposito
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