Paolo Buonvino/Orchestra Popolare del La Notte della Taranta/Orchestra Roma Sinfonietta –Taranta Reimagined (Sugar/Universal Music, 2021)

Passata agli archivi la controversa la controversa edizione 2021, commentata su queste pagine da Andrea Carlino e Luigi Cinque, torniamo ad occuparci de La Notte della Taranta con “Taranta Reimagined”, album nel quale è raccolta la registrazione integrale del Concertone, orchestrato nel 2020 dal maestro concertatore Paolo Buonvino e che sarà ricordato per essere stato il primo unicamente televisivo e in assenza di pubblico e l’ultimo con la direzione artistica di Daniele Durante, deceduto prematuramente a giugno 2021. L’esigenza di contenere i contagi da COVID-19, ripresi a salire dopo il lockdown nazionale di marzo 2020, aveva indotto, infatti, la Fondazione ad annullare il Festival Itinerante e a ripensare anche l’evento finale in un format inedito con la registrazione del Concertone avvenuta il 23 agosto e la successiva messa in onda su RAI2 il 28 agosto. Se la scenografia minimale curata da Giancarlo Sforza con il palco posto a lato del Convento degli Agostiniani, le danze coreografate da Sharon Eyal e la voce narrante di Sergio Rubini avevano impreziosito la versione televisiva, certamente poetica e suggestiva ma forse a tratti un po’ frammentaria, il disco ci restituisce il racconto musicale nella sua interezza, senza orpelli di sorta, ma anzi esaltato da una impeccabile ripresa del suono dal vivo. Non è un caso che sia uno dei primi lavori disponibili in Dolby Atmos su Apple Music con l’audio spaziale che consente di scoprire dettagli, sfumature e gamme timbriche, difficilmente percepibili nella versione andata in onda in tv. Durante l’ascolto, la prima sensazione che si ha è quella che non tutto il pop viene per nuocere, quando interseca la musica tradizionale, soprattutto se l’incontro avviene partendo da un progetto solido e ben strutturato, sin dalle fondamenta, ovvero dallo studio delle registrazioni sul campo e la successiva rielaborazione in fase di arrangiamento. A differenza di quanto accaduto in epoche recenti con le direzioni, forse poco accorte, di certi maestri concertatori, Paolo Buonvino ha approcciato il lavoro con grande rigore, ascoltando e studiando i materiali tradizionali e le field recordings per poi offrirne la sua interpretazione attraverso gli arrangiamenti e le orchestrazioni in cui un peso determinante è dato dalla sua lunga esperienza come autore di colonne sonore. A riguardo il compositore siciliano, nel corso della conferenza stampa di presentazione del Concertone, ha evidenziato: “Mi sono avvicinato alla musica popolare salentina con molta umiltà, timore, ma sicuramente con tanta passione. Ho preso quello che mi è arrivato anche dalle piccole sfumature, da cui carpivo vissuti, esperienze e ho cercato di metterci un pezzo di me, della mia esperienza di vita”. “Ho scoperto che in questa tradizione”, prosegue Buonvino, “ci sono aspetti profondi e significativi. La vera ricchezza, essendo una musica che viene dal popolo, sono le vite di ciascuno, le fatiche e i dolori raccontati in musica dagli stessi protagonisti. Naturalmente, essendo musica popolare, è primariamente espressione di persone e non di musicisti professionisti. Semplicità e spontaneità sono parole chiave per comprenderla appieno ed è incredibile come l’essenzialità di alcuni gesti, per esempio il battere del tamburello, provochino un’intensità indescrivibile”. A dare forma e corpo agli arrangiamenti e alle partiture originali scritte per l’occasione è l’incontro tra l’Orchestra Roma Sinfonietta e l’Orchestra Popolare con gli strumenti classici e tradizionali ad incorniciare le voci, sostenute dal ritmo dei tamburi a cornice. Come bene sintetizzato dal titolo del disco, Paolo Buonvino ha reimmaginato la tradizione musicale salentina, proponendone una versione personale e riconoscibile, ma certamente consapevole e meticolosa nel preservarne la natura. “Ho messo molta cura in quel concerto”, sottolinea Buonvino, “il percorso è stato talmente bello e intenso non solo per me, ma anche per tutti quelli che ci hanno lavorato, che abbiamo voluto far rivivere quell’energia sotto un’altra forma”. Muovendosi tra presente, passato e futuro, Mediterraneo e Salento, venature di pop e world music, il compositore siciliano ha costruito un itinerario sonoro declinato in diciassette brani che, nel loro insieme, compongono una narrazione musicale unitaria da ascoltare senza interruzioni. Il disco si apre con un frammento tratto da una registrazione sul campo in cui si ascolta la voce di Niceta Petrachi detta “la simpatichina” che canta “Quannu te llai la faccia la matina” avvolta dalla melodia intessuta dagli archi che ci introduce al crescendo per fiati e percussioni dello strumentale “Metamorphosis (Taranta di Lizzano)” in cui spicca il solo di zampogna di Nico Berardi. Si prosegue, poi, con le voci soliste di Enza Pagliara, Stefania Morciano, Consuelo Alfieri, Alessandra Caiulo che si alternano nell’invito al ballo con il medley di “Aranea (Pizziche di Villa Castelli, Cisternino, San Vito, San Marzano, Torchiarolo, Aradeo)” e la bella versione di “Beddra ci dormi” con protagonista Diodato. L’evocativo arrangiamento di “Kalinifta”, interpretata da Antonio Amato, Consuelo Alfieri, Stefania Morciano e Salvatore Cavallo Galeanda, ci introduce alla travolgente filastrocca da vannisciatore “Secuta Secuta”, sostenuta dai tamburi a cornice e dalla batteria di Antonio Marra e in cui spicca la voce di Giancarlo Paglialunga. Il ritmo delle tabla di Vito De Lorenzi fa da preludio al climax di “Cent’anni Sale”, cantata da Paglialunga e le voci dell’Orchestra Popolare, avvolte dal dialogo tra gli archi dell’Orchestra Roma Sinfonietta e la zampogna di Berardi. Paolo Buonvino siede al pianoforte per accompagnare Jovanotti che, in occasione della registrazione intervenne da remoto, per interpretare l’inedito “Mi devo muovere”, uno dei brani più belli firmati dal romano, e reso ancor più incisivo dall’incedere di tamburi a cornice, mantici e fiati. Si torna a ballare con il medley “Pizzica (Pizzica di Torchiarolo, Pizzicarella Mia)” in cui si avvicendano al canto le voci dell’Orchestra Popolare, a cui segue l’elegante resa per piano, archi e corde di “Sabri Aleel” dal songbook della cantante egiziana Sherine Abdel-Sahab e cantata da Mahmood in mash-up con il canto griko “Aremu rindineddha” con la voce di Alessandra Caiulo. Ritroviamo quest’ultima nella successiva “Ela Mu Condà”, introdotta da uno splendido preludio strumentale e caratterizzata da intrigante dinamica timbrica costruita sull’interplay tra archi, percussioni e i fiati di Nico Berardi che si alterna tra zampogna e ciaramella. Se non memorabile è “Fimmene Fimmene” interpretata da Gianna Nannini che, tornava dopo sedici anni sul palco di Melpignano, al contrario lo è il brano strumentale “Tarantaè” firmata e interpretata da Daniele Durante che intreccia le corde della sua chitarra quelle di Peppo Grassi (mandolino), Gianluca Longo (mandola) e Attilio Turrisi (chitarra battente) e gli archi dell’Orchestra Roma Sinfonietta. L’immancabile canto d’amore “Lu Ruciu De Lu Mare” ci conduce verso il finale con il doppio outro strumentale “Carpe Noctem” e “Agapi” che chiudono un album pregevole e certamente tra i documenti dal vivo più interessanti di sempre de La Notte della Taranta. 


Salvatore Esposito

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