Qual è stata la risposta degli operatori stranieri?
È stata, innanzitutto, immediata ed entusiasta. Tutti hanno riposto con grande entusiasmo ed anche stupore, accettando l’invito e mettendo a disposizione la loro presenza. Però, va detto che è stata una risposta non inaspettata, perché negli anni precedenti abbiamo sviluppato rapporti di stima e fiducia con gli operatori internazionali e, quindi, ci attendevamo una risposta benevola.
E da parte degli italiani?
Anche da parte loro c’è stata un’ottima risposta. Chiaramente, c’è un elevato numero con cui già, negli anni passati, abbiamo intrapreso questo percorso di creazione di reti e di pubbliche relazioni internazionali, che ci hanno seguito nelle varie fiere in giro per il mondo. Quindi avevamo uno zoccolo duro sul quale già poter lavorare. Ma direi, che anche coloro i quali per la prima volta si sono approcciati al mondo di Italian World Beat, c’è stata un’ottima risposta, sia per quanto riguarda gli artisti sia i booker, i manager, i discografici, i produttori artistici nuovi. Siamo molto contenti di questo risultato, almeno prima del dell’evento… Comunque tutto fa sembrare che possa essere l’inizio di una nuova “era”.
Sulla base dell’esperienza delle fiere come WOMEX e altri mercati della world, cosa manca al circuito folk/trad/world italiano?
A questa domanda è facilissimo rispondere, se non altro perché siamo agli esordi della creazione di un circuito vero e proprio della world music e folk italiana. Sono i primi passi, ma ci stiamo muovendo verso questa direzione. Pertanto, non mi sento di poter fare alcun tipo di paragone rispetto ad esperienze già esistenti sul territorio internazionale. Però, sicuramente la strada che abbiamo intrapreso ci porta diritto verso quel tipo di realizzazione: avere un circuito vero e proprio nazionale degli operatori, degli addetti ai lavori, che si sostenga a vicenda, che sviluppi e supporti, si metta in competizione con l’industry
Ci sono iniziative che mirano a dialogare con le istituzioni per arrivare a costituire una voce più o meno unitaria, come è accaduto con il jazz. È possibile? Quali, se ce ne sono, le difficoltà?
Mi auguro che questa sia l’occasione giusta proprio per la costituzione di una voce unica che dialoghi con le istituzioni, Ci sono le basi, quanto meno questo evento, Musiconnect-Italy, sta facendo anche un po’ da conta, da appello agli operatori tutti. È auspicabile che possa nascere in questa occasione una sorta di volontà comune di creare un’entità che possa dialogare come è avvenuto con il jazz. Le difficoltà che si possono incontrare sono quelle che esistono da sempre e continueranno ad esistere, quali la mania di protagonismo, differenti punti di vista, differenti modalità di azione. Tutto ciò fa parte del gioco, occorre riuscire a trovare delle mediazioni, far comprendere che se non ci si presenta uniti, le voci dei singoli andranno disperse e i risultati ritarderanno ad arrivare, se non spariranno, addirittura.
Musiconnect-Italy presenta una serie di showcase di artisti italiani: quante iscrizioni avete ricevuto e quali sono stati i criteri selettivi?
In questa prima edizione, abbiamo deciso di fare un focus totale sugli artisti italiani, cercare di rappresentarli tutti regione per regione, da nord a sud, facendo in modo che ci fosse la rappresentanza di ogni regione. Chiaramente, con qualche regione che è un po’ più presente, ma fondamentalmente abbiamo cercato di avere un equilibrio. Sulle modalità di selezione, abbiamo anzitutto guardato in là nell’orizzonte, cercando molto nei nuovi progetti giovani, tanto è vero che abbiamo dedicato proprio uno spazio chiamato musiconnext totalmente dedicato agli artisti under 35, per cercare proprio di fare un po’ una mappatura dei singoli progetti emergenti, per pesare la capacità artistiche delle nuove generazioni. Insomma, la volontà è la strada verso cui ci si sta muovendo.
Riguardo ai numeri, abbiamo avuto cinque volte tanto richieste di showcase rispetto agli slot disponibili, abbiamo superato abbondantemente le 100 candidature artistiche. Purtroppo, avevamo a disposizione solo venti slot, per cui l’80% dei progetti candidati non sono stati selezionati, non per mancanza di qualità artistica ma per mancanza di spazi. Questo ci ha fatto rendere conto che il mercato artistico, che l’intero territorio nazionale è pieno zeppo di progetti, giovani e meno giovani, che hanno un grande valore, che hanno quindi bisogno di farsi conoscere, di esprimersi e di avere il loro, perché lo meritano. E questo ci fa capire che bisogna stare sul pezzo, essere presenti e lavorare in questa direzione.
Per finire, il WOMEX approderà prima o poi in Italia?
Questa è la domanda più bella, alla quale ti rispondo con grande piacere. Con il direttore del WOMEX, abbiamo avuto diversi incontri e scambi di idee e ti posso garantire che il WOMEX ha un desiderio forte di portare almeno una volta l’Expo in Italia. Noi ci stiamo provando, nel senso che abbiamo raccolto tutte le informazioni utili per fare in modo che possa essere ospitato in qualche città italiana. Chiaramente, rispetto al modus operandi della politica italiana, di coloro che sostengono la cultura, per l’Italia questa è un’operazione non tanto dal punto di vista economico ma dal punto di vista programmatico, in quanto per fare in modo che un’edizione del WOMEX avvenga bisogna avere una certa lungimiranza, avere la capacità di pensare a tre-quattro anni di distanza, in quanto il WOMEX è richiestissimo in tutta Europa, per cui le varie nazioni si accaparrano velocemente la propria edizione. Credo che prima o poi ci si riuscirà, occorre solo trovare un’istituzione capace di guardare più in là, di guardare con una distanza quantomeno biennale o triennale. Poi non credo che il problema sia economico, in quanto è certificato che un’operazione come il WOMEX non è da considerare un investimento economico fine a se stesso, in quanto la ricaduta economica che una rassegna del genere porta alla città host è di gran lunga superiore all’investimento che la città deve sostenere. Quindi, mi auguro che prima o poi succeda. Noi abbiamo la possibilità di creare questo trait d’union con la direzione del WOMEX, in quanto in questi anni abbiamo sviluppato dei rapporti forti di stima con loro direttamente: stanno aspettando che l’Italia di convochi.
Ciro De Rosa
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