Grosse Isle è situata lungo il corso del fiume San Lorenzo nel territorio del Québec. Nel 1847, l’anno più orribile della Grande Carestia d’Irlanda, 441 navi salparono alla volta del Canada; molti a bordo erano malati di febbre tifoidea e malnutriti. Ne morirono a migliaia sia sulle imbarcazioni sia in quarantena proprio nell’isola, uno dei luoghi di accesso alle terre della Speranza, che invece divenne l’ultima dimora per tantissimi immigrati irlandesi. Difatti, sull’isola è il più vasto cimitero di irlandesi fuori dai confini dell’Irlanda e vi si trova anche un memoriale storico.
Il nome di Grosse Isle è stato adottato da un trio di musicisti che comprende due quebecchesi, Sophie Lavoie (violino, piano e voce) e André Marchand (chitarra, podoritmìa e voce), e l’irlandese del Connemara Fiachra O’Regan (uilleann pipes, banjo e whistle). O’Regan e Lavoie hanno suonato a lungo in duo, poi sono diventati un trio chiamato Fásta (inizialmente con loro era il chitarrista Michael McCague). In seguito, è entrato Marchand, già membro fondatore della seminale band La Bouttine Souriante e attivo pure con i Les Charbonniers de l’Enfer. Dopo un paio di album (“Un Canadien Errant” del 2016 e “Portraits” del 2018 sotto il nome di Sophie & Fiachra + André Marchand), la band si è ribattezzata per l’appunto Grosse Isle.
“Le Bonhomme Sept Heures”, il cui titolo fa riferimento al bogeyman, lo spauracchio infantile che abita il folklore locale, propone tredici tracce che raccolgono una ben dosata combinazione di musica tradizionale quebecchese e suoni irlandesi.
“Le Bonhomme et la Bonne Femme/ Duffy’s” è il biglietto da visita, una canzone dal repertorio della celebre cantante La Bolduc, attiva negli anni ‘30 del secolo scorso, personaggio iconico di discendenza irlandese. Al canto segue un set di due barndance originarie di Fermanagh, nel nord dell’Irlanda. Con la title track assaggiamo subito non soltanto l’abilità compositiva e canora di Sophie ma anche il calore d’insieme del trio, al quale si aggrega Jacques Landry ai bones. Dopo la precedente scorribanda strumentale, ci si mette all’ascolto di “Sur le bord du rivage”, una ballata tradizionale proveniente da “Le Roi Boit”, raccolta del folklorista ed etnologo Marius Barbeau, superbamente interpretata da Sophie. Il set strumentale di jig irlandesi “The Hawthorn Hedge / Jackson’s” mette al centro la cornamusa di O’ Regan. La canzone che segue, “Dans Paris à L’Orient”, interpretata dalla voce calda di Marchand accompagnato da chitarra, violino, piano e whistle, proviene da una registrazione del cantore George Comeau (1878-1965) della Nuova Scozia. Le pipes entrano aprendo la strada al reel “Patsy Campbell” al quale è saldata “Calamine”, una tune del violinista quebecchese Claude Methé. “Je veux m’y marier” è un canzone vivace, ancora dalla raccolta di Barbeau, cui i Grosse Isle affiancano un reel tradizionale dal repertorio violinistico e molto popolare nella regione di Sangueany-Lac-Saint-Jean di cui è originaria Lavoie. La musicista si sposta al piano, accompagnando in maniera superba la cornamusa di O’Regan nella celebre aria irlandese ”Éamon An Chnoic” (conosciuta anche come “Ned of the Hill”), altro scavo nella tragica storia di soprusi subiti dagli irlandesi, questa volta all’epoca delle plantation cromwelliane. Segue un altro medley strumentale irlandese, “Johnny Laughran’s / McKenna’s Reel”, altro esempio dell’abilità del trio nell’intrecciare gli stili, così come avviene nella canzone “Les Tailleurs du Pierree”, senza dubbio uno dei vertici dell’album, cantata dall’ospite Michel Faubert (già ne La Bottine Souriante), la cui voce si combina con le pipes di O’Regan e il violino di Lavoie, in un alternarsi di ritmi.
E che dire del trittico di reel che seguono? Cornamuse e violino guidano “Jack Caughlan’s”, entra la chitarra in “Miss Langford”, poi di nuovo il violino, accompagnato da percussioni (di nuovo i bones di Landry) e chitarra che spinge nel gran crescendo di “Jack the Lad”, superlativo tema che dall’Irlanda (dove si chiamava “Five Mile Chase”) ha viaggiato fino in Québec. “À Grosse Isle” è una canzone originale composta da Lavoie per raccontare la tragica vicenda di Sarah McDonald, una donna di Sligo, che perse cinque figlie quando la nave Carricks, carica di migranti, affondò in prossimità della penisola di Gaspé nel 1847. In chiusura, troviamo la storia tradizionale di “Dedans Paris”, con gran bel duettare tra voce e pipes, prima del gustoso reel conclusivo “Daniel”.
Disco candidato in Canada come album dell’anno nella categoria tradizionale, Sophie candidata come migliore cantante tradizionale (si veda https://folkawards.ca). Il suono è brillante, il repertorio ben selezionato e gli arrangiamenti raffinati: dovete ascoltare i Grosse Isle e la loro energetica fusione irlandese-quebecchese! https://grosse-isle.com
Ciro De Rosa
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