Si tratti di Hugh Masekela o Zim Ngqawana, il contrabbassista Herbie Tsoaeli è stato chiamato a collaborare con i nomi di primo piano della musica sudafricana. Allo stesso tempo è anche un eccellente compositore e il suo primo album, “African Time” venne eletto nel 2013 Best Jazz Album ai South African Music Award, trainato dal successo della canzone “Hamba No Malume”.
Prima di traferirsi a Johannesburg nel 1995, Tsoaeli è cresciuto a Nyanga East, township (ma lui preferisce il termine “location”) nell’area urbana di Cape Town: “Sono cresciuto nella casa di mia nonna, ascoltando anche le voci degli antenati, quelle dei clan Bakwena o Bafokeng. Sono queste le voci che ho tradotto nella musica che suono, e quel che suoniamo ritorna agli anziani, si rivolge a chi ci ha preceduto. C’è un ombrello ancestrale che mi protegge” racconta in una recente intervista. È particolarmente legato alla comunità in cui è cresciuto, dove ha potuto prendere a prestito dalla scuola locale gli strumenti musicali per cominciare a studiare e muovere i primi passi in una Cape Town ricca di musiche di ogni tipo e con un ambiente jazz particolarmente effervescente: “Ero circondato dal jazz e ho imparato a vivere di jazz, a suonare con i grandi maestri, come Winston Mankuku, Tete Mbambisa, Louis Moholo-Moholo. Ci ha sempre indicato dove andare e darci calma nei momenti difficili. Il jazz ha salvato molte anime. E anche ora con tanti di noi che hanno perso così tanto, guardo alla capacità di questa musica di riportarci a noi stessi, di dar di nuovo volume alle nostre voci”.
Nel suo primo album, per le parti vocali, Tsoaeli aveva collaborato con Busisiwe Sibeko e Sakhile Moleshe che sono di nuovo con lui nelle registrazioni di marzo e giugno 2021 di “At this point in time” insieme ad altre quattro voci - Khumbuzile Dhlamini, Bongani Nikelo, Gontse Makhene e Sisonke Xonti – e ad una splendida formazione jazz con Andile Yenana al piano e Ayanda Sikade alla batteria, affiancati da Yonela Mnana (piano), Sisonke Xonti e Tshepo Tsotetsi (sax), Steven Sokuyeka (trombone), Sakhile Simani (tromba).
Il brano che dà il titolo all’album ha anche una traduzione “Woza Moya”, un’invocazione agli spiriti divini: “venite a noi”, in linea con altre strofe che attraversano gli undici brani con un sentimento comune che esprime speranza e capacità di resistenza.
Ogni brano ha un suo carattere definito abbinato a forte carica narrativa e di evoluzione e modulazione dei temi e dei ritmi base.
Spiccano gli undici minuti di “East Gugs Skomline to Khaltsha”, aperti proprio dalla profonda cavata del contrabbassista e sapientemente costruita sul doppio registro melodico delle parti vocali e dei fiati, a percorrere un viaggio in treno emblematico per l’Africa Australe, sempre sospinto dalla progressione accordale di Yenana al piano acustico, con la voce scartavetrata, antica, di Tsoaeli a offrire richiami cui il coro risponde sempre in piena sintonia, a comporre una storia comune. Ma c’è spazio anche per le voci soliste, prima Tsotetsi di casa sia nel fraseggio bebop, sia nelle parti più libere e liriche, seguito da Sokuyeka, breve ed incisivo.
Si chiude con due brani che interagiscono fra loro: in “Siwa Sivuka” ascoltiamo la voce di Tsoaeli, delicatamente, conversando con Simani, Yenana e Sikade, mentre “Siyabulela”, in chiusura, si affida alle voci femminili di Busisiwe Sibeko e Khumbuzile Dhlamini che orbitano con dolcezza attorno al centro di gravità offerto da piano e contrabbasso.
Alessio Surian
Tags:
Africa