(a cura di) Maurizio Agamennone e Luigi Chiriatti, Le Spose di San Paolo. Immagini del tarantismo, Kurumuny 2021, pp. 224, Euro 22,00

Sin dal tardo Ottocento, l’interesse per la documentazione visiva ha assunto un ruolo importante nell’ambito degli studi etno-antropologici e nelle ricerche etnografiche, e ciò con particolare riferimento alla fotografia, rappresentando non solo una prova documentaria, ma un elemento utile a corroborare gli studi. Il fotografo autore dello scatto è, dunque, non solo un semplice operatore tecnico, fedele ad un protocollo di indagine iconografica, ma esprime nell’inquadratura e nell’interpretazione la propria sensibilità e il proprio background culturale. Nell’ambito delle ricerche sul tarantismo in Salento, la fotografia ha rappresentato una importante fonte documentale e non è un caso che, negli anni, si siano succedute diverse pubblicazioni editoriali, tra cui vale la pena citare il volume monografico “Chiara Samugheo. Un’amazzone della fotografia” a cura di Daniela Ciriello, Germana Ciriello, Piero Fabris e Renato Longo, pubblicato da Les Flâneurs di Bari e l’ormai storico “Immagini del Tarantismo. Galatina il luogo del culto” con la curatela di Luigi Chiriatti e Maurizio Nocera stampato da Capone Editore nel 2002. A fornire una ricostruzione sistematica dei principali documenti fotografici, prodotti nell’arco di cinquant’anni, è “Le spose di San Paolo. Immagini del tarantismo”, curato da Maurizio Agamennone e Luigi Chiriatti e che rappresenta l’atto conclusivo del progetto “demartino60”, sostenuto dal Fondo Speciale Cultura e Patrimonio Culturale 2019 della Regione Puglia e articolatosi in una mostra fotografica itinerante e nella splendida performance teatrale degli antropologi Paolo Apolito e Stefano De Matteis tratto da “La terra del rimorso” di Ernesto de Martino, frutto delle ricerche sul campo condotte insieme alla sua équipe, tra giugno e luglio 1959, in Salento tra Nardò, Galatina e Muro Leccese. Introdotto dal contributo di Maurizio Agamenno dal titolo “Fotografare il tarantismo” nel quale prendendo le mosse dall’importanza del supporto iconografico alla ricerca, evidenzia: “Se è vero che Ernesto de Martino non è affatto responsabile della adozione sistematica della ripresa fotografica nelle scienze umane, è pure altrettanto vero che la sua opera di studioso e organizzatore di processi di indagine e documentazione ha fortemente contribuito ad alimentare una filiazione lunga e importante di fotografi e cineasti che si sono messi “in scia” con le sue “campagne” di ricerca, affiancandolo direttamente sul terreno e anche continuando ad agire per proprio conto, orientati dal suo magistero: sicuramente, nell’influenza demartiniana sulla documentazione visuale un picco riconoscibile si raggiunge proprio nella campagna realizzata durante la “mitica estate” del 1959, concernente il tarantismo salentino”. La prima parte del volume è dedicata al servizio fotografico realizzato nel giugno del 1954, ovvero quattro anni prima della campagna di ricerca di Ernesto de Martino 1, da Chiara Samugheo, fotografa barese di base a Milano e specializzata in ritratti delle stelle del cinema, che per la prima volta documentò la fase finale del rito del tarantismo presso la Cappella di San Paolo a Galatina. Le immagini vennero pubblicate con il titolo “Il Ballo del Furore” sul numero del 24 luglio 1954 de “Le Ore” e successivamente riprese su “Cinema Nuovo”, rivista neorealista di Guido Aristarco con il titolo “Le Invasate” accompagnato dall’articolo di Emilio Tadini nel quale l’autore paragonava il rito alle menadi danzanti al seguito di Dioniso. Sicuramente il de Martino venne in contatto con gli scatti della fotografa barese, ma ritenendole di scarso valore scientifico, scelse come collaboratore Franco Pinna con il quale aveva già condiviso altre esperienze di ricerca. Alle fotografie di quest’ultimo realizzate, durante i mesi di giugno e luglio 1959, nel corso dell’indagine demartiniana, è dedicato il secondo capitolo, mentre il terzo raccoglie le immagini di Annabella Rossi, scattate tra il 1959 e il 1960. Di pari interesse sono anche gli scatti raccolti tra il 1974 e il 1992 ad opera di Paolo Albanese e Paola Chiari, Fernando Ladiana, Paolo Longo, Carmelo Caroppo e Luigi Chiriatti e che rappresentano un interessante documento sul tramonto del fenomeno. La terza parte del libro, raccoglie le pagine dei giornali in alta definizione con i servizi fotografici della Samugheo e il prezioso contributo di Paolo Apolito e Stefano De Matteis che ripercorrono le fasi realizzative dello spettacolo/conferenza sulle ricerche del de Martino, di cui è riportato anche il testo teatrale. “Le Spose di San Paolo. Immagini del tarantismo” è, dunque, un libro prezioso tanto per la cura editoriale con cui è stato realizzato, quanto per aver il pregio di riordinare la documentazione iconografica sul tarantismo, sin ora variamente edita in altre pubblicazioni. 

Salvatore Esposito

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1  La prima idea di compiere un’indagine etnografica sul tarantismo pugliese, e di dare inizio, in questo modo, alla progettata serie di contributi per una storia religiosa del Sud, mi venne guardando alcune belle fotografie di André Martin, delle scene che, dal 20 al 30 giugno di ogni anno, si svolgono nella Cappella di S. Paolo di Galatina: vi si vedevano, ripresi dall’alto della tribuna ad audiendum sacrum, una giovinetta saltellante su una mensola dell’altare e poi riposante sulla tavola eucaristica, un vecchio al suolo, supino e urlante a braccia levate, e accanto a lui due altre giovinette biancovestite, anch’esse supine e scomposte; e vi si vedeva ancora, ripresa in primo piano, una austera e ossuta “sposa di s. Paolo” in un sorprendente abito nuziale, cioè guanti bianchi, candido grembiule da infermiera e vaporoso velo ricamato che incorniciava un volto incommensurabilmente tetro di zitella. Queste fotografie […] a me furono di stimolo per ancorare la progettata storia religiosa del Sud a un episodio circoscritto da analizzare, a un fenomeno che richiamava esemplarmente l’impegno della coerenza storiografica proprio perché si presentava come un nodo di estreme contraddizioni. (Ernesto de Martino)

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