Boubacar “Badian” Diabaté – Mande Guitar: African Guitar Series, Vol.1 (Lion Songs, 2021)

“Questa registrazione di Boubacar “Badian” Diabaté mi fa impazzire. Sta facendo cose che non ho mai sentito fare a nessuno prima”
, parola di Bill Frisell. Dovrebbe bastare una testimonianza di questa portata per avere certezze sul fatto che “Mande Guitar” è un piccolo miracolo musicale. Qui, umilmente, cerchiamo di fornire maggiori coordinate geografiche e musicali su questo primo volume della neonata etichetta Lion Songs Records e della collana African Guitar, ideata da Banning Eyre, chitarrista, ricercatore, operatore culturale e broadcaster di chiara fama (è il creatore di “Afropop Worldwide”), il quale intende promuovere registrazioni sul campo o in studio incentrate sulle chitarre d’Africa. Nato nel 1973 nella capitale Bamako, il maliano Boubacar “Badian” Diabaté proviene da una famiglia di djeli, poeti-cantori, in cui, però, solo la madre è stata una cantatrice professionista impegnata in occasioni sociali tradizionali come matrimoni e battesimi. “Badian” ha imparato a suonare il tama (il cosiddetto tamburo parlante) e il liuto ngoni in tenera età, per poi diplomarsi in chitarra all’Istituto Nazionale delle Arti di Bamako. Con il passare del tempo è divenuto un chitarrista molto attivo, incrociando le corde con i guineani Bembeya Jazz, il gran maestro della kora Ballaké Sissoko ed altri illustri cantanti. Banning Eyre lo ha incontrato per la prima volta ormai oltre venticinque anni fa a Bamako, allorché era intento nelle ricerche che avrebbero portato al suo libro “In Griot Time”. A quel tempo, “Badian” era un giovane ma già determinato strumentista, allievo prediletto del compianto chitarrista Bouba Sacko, maestro dello stile bajourou. La sera capitava che Eyre si ritrovasse a suonare con questo musicista dallo stile originale e con Djelimady Tounkara, già con i Super Rail Band, altro grande innovatore della chitarra di quest’area dell’Africa. Impressionato dal suono di “Badian”, Eyre racconta che gli cedette per poco o niente la sua Hohner elettrica. Di lui dice: “Non riesco a pensare a un artista che abbia così immediatamente catturato la mia attenzione e mi abbia stupito come “Badian” Diabaté. C’è una qualità fluida nel suo modo di suonare, un senso di grazia casuale che sembra così semplice in superficie. Si sente la canzone, si sente il ritmo, ed è solo quando si è tirati in profondità che si comincia a vedere la competenza di un maestro artigiano”. Se un tempo balafon, ngoni e kora erano i principali strumenti della cultura musicale mande, la chitarra è entrata prepotentemente nel repertorio associato agli eventi delle comunità nella fase successiva all’indipendenza, negli anni Sessanta del secolo scorso. Lo stile chitarristico di “Badian” incorpora tecniche dello ngoni e dell’arpa-liuto mandinka (in questo video della ricercatrice e cineasta newyorkese Michal Chapiro, ci si fa un’idea dell’arte di “Badian”). Parecchio tempo dopo, Boubacar ha rincontrato Eyre nel corso di un suo concerto newyorkese, da lì è proseguito il loro dialogo, culminato nella progettazione di un disco completamente acustico. “Mande Guitar” è stato, infatti, registrato in una session a Brooklyn negli studi di “Afropop Worldwide”. Diabaté imbraccia una Yamaha a dodici corde e una Larivee a sei corde, prestategli dallo stesso Eyre. In realtà, l’album era pronto dal 2019, ma solo ora ha visto la luce. Ci troviamo, dunque, di fronte a un’impressionante session acustica, principalmente di chitarra sola, di cui “L’Amour” è la bellissima apertura e “Kedo” è un altro formidabile solo di provenienza gambiana, questa volta suonato con la dodici corde, mentre la successiva, pulsante “Diyana Môgô” sembra proprio una trasposizione di una melodia per kora. Sei e dodici corde raddoppiano in un paio di tracce sovra-incise (“Miri” e “Korosa”), “Badian” trova spesso una seconda presenza di chitarra nella sei corde del fratello Manfa, con cui suona i tradizionali maliani “Sakonké”, “Fadento”, motivo fenomenale dove entrano i misurati tocchi percussivi di Baye Kouyaté, l’altrettanto scintillante “Douga” e “Bagounou”, in cui “Badian” riprende lo stile esecutivo di suo nonno sullo ngoni. Invece, in “Korosa” le chitarre diventano addirittura tre, mentre gli otto minuti di “Sené” vogliono essere la celebrazione del raccolto. Lo stesso Eyre entra ad accompagnare “Badian” in “Bayini”, un tema dedicato alla nonna del musicista maliano. “Mande Guitar” è un disco incantevole. “Badian” è custode di un codice antico che suona fortemente contemporaneo. 




Ciro De Rosa

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