L’edizione numero XIII del Premio Andrea Parodi ha davvero rappresentato qualcosa di nuovo e benefico: la ripartenza. Prima di arrivare ai riconoscimenti e a raccontare delle nove proposte artistiche in gara, occorre fare quel passo indietro, necessario - mai così tanto come questa volta – per raccontare un clima, una situazione, un bisogno artistico, culturale e umano. La ripartenza, si diceva, con tutte le difficoltà del caso, le titubanze, le paure: finalmente musica sul palco, finalmente lo scambio tra artisti, l’incontro tra musicisti e addetti ai lavori e il ritrovarsi tutti i presenti – tra mascherine, disinfettanti e distanze di sicurezza – a confrontarsi sulle proposte nuove, sulle scelte strumentali, sulle voci, sugli azzardi musicali. Era indispensabile e vitale e anche emozionante. Quasi commossi e a volte timidi e con gli occhi persi i partecipanti, partecipi e felici di ritrovarsi i presenti, sia i sardi che quelli scesi titubanti da un aereo, tra tamponi, vaccini e controlli, in un venerdì uggioso. È stato bello ed è stato, ribadiamo, necessario, che la Fondazione Parodi, tenacemente abbia inteso recuperare l’edizione 2020, che era stata annullata lo scorso autunno. Lasciato forzatamente (per questa volta) lo scenario dell’Auditorium del Conservatorio di Cagliari, per andare in scena nel Teatro Si’ e Boi di Selargius (parte della conurbazione del capoluogo regionale), il contest dedicato alla world music è stato ridotto a due sole
giornate: gli artisti hanno proposto due brani del proprio progetto musicale il venerdì e, come d’abitudine, la cover di una composizione di Parodi e la propria canzone in gara al sabato.
A vincere è stato un duo che ha saputo rappresentare proprio questo clima di scambio e condivisione nel Vecchio Continente (sono le nuove generazioni, in effetti, quelle più capaci a realizzare l’incontro): Still Life è infatti un progetto italo-portoghese con sede a Barcellona, formato dalla trapanese Margherita Abita, che canta e scrive i testi (è anche voce della Barcelona Gipsy BalKan Orchestra), e dal portoghese João Silva, che compone e suona con maestria il violino. Minimali, con uso di loop e pedali elettronici, nella loro “Tempo” (tratta dall’album “Dream Machine” del 2019) hanno saputo incantare l’assai ridotta platea di addetti ai lavori presenti e il resto della numerosa giuria nazionale e internazionale collegata in diretta streaming (sulle pagine Facebook della Fondazione Andrea Parodi e su quelle di Radio Uno e Rai Radio Tutta Italiana) al punto da aggiudicarsi molti altri premi e menzioni (a dirla tutta, al Parodi c’è una bonaria bulimia di riconoscimenti), tra cui il Bianca D’Aponte International. I vincitori ricevono un sostegno per spese musicali, partecipano a tour di concerti che comprende anche i festival gemellati con il Parodi. Il crossover degli Still Life entra di diritto in quella categoria non categoria che è la world music,
su cui ci si continua a interrogare, bistrattata, tirata di qua e di là dall’accademia come dai papaveri globalisti dei Grammy, eppure utile per collocare progetti di varia natura (più prossimi a linguaggi di tradizione orale o prassi di scambio e fusione di linguaggi) che farebbero fatica a farsi conoscere in un mondo mediatico che cerca ancora di incasellare musiche e non sa fare a meno dei generi prescrittivi. Si diceva che il sodalizio ha sede operativa in Catalogna, dove vive anche lo scrittore-cantautore Alessio Arena, napoletano di origine, vincitore del Premio della Critica (che significa produzione di un video clip offerto dalla Federazione degli Autori) con la canzone “Los Niños Que Vuelan” - cantata in castigliano e napoletano, portata a ritmo di cueca cilena sulle corde della sua chitarra - che gli è valsa anche il riconoscimento come miglior testo, così come la sua pulita ed efficace interpretazione di “Ninna Noa” di Parodi è stata premiata come migliore interpretazione. E qui va detto che se è vero che la cover dell’autore a cui è dedicato il Premio ha la capacità di incidere sulle scelte delle giurie, il fatto che nella serata conclusiva ci sia stata anche la sezione cover oltre alle proposte in gara, può aver pesato più che in passato, quando il festival-contest si snodava in tre serate. Va detto che anche l’inflessione balcanica con cui gli Ars Nova Napoli si sono appropriati di “Camineras” è stata molto degna,
così come lo era la loro varietà timbrica e stilistica che ha caratterizzato la loro “Canzone della Vela”. Il Parodi numero XIII portava in scena due primedonne del nuovo folk e world italiano, due donne del sud, Eleonora Bordonaro e Maria Mazzotta. La prima, accompagnata da marranzano e chitarra elettrica (Puccio Castrogiovanni e Marco Corbino), con “Ramu Siccu” ha messo in scena le sfumature vocali della sua voce-strumento e la fisicità del canto; la seconda ha conquistato il Premio della critica internazionale con il suo entrare con tutta se stessa nella canzone “Nu me Lassare”, appoggiandosi alla fisarmonica di Vince Abbracciante che vaga liberamente e con gran tecnica tra mondi sonori. Diciamo che da due delle signore del canto ci si attendeva una prova che mettesse in riga il resto degli artisti, ma per diversi addetti ai lavori non è stato così. Il fatto è che giocarsi tutto in una o due canzoni per chi on stage trova forza nel tessere il rapporto con il pubblico a mano a mano che il set si sviluppa, non è affatto facile; così è accaduto anche con l’eccedenza ritmica dei salentini Kalàscima, abituati a calcare palchi di festival di gran pregio e ancora un po’ in rodaggio dopo la lunga sosta pandemica. Neppure ha mietuto riconoscimenti l’intimismo alt-folk-indie del pantesco Danilo Ruggero (“Li Malivoci”), musicista uscito dalla fucina di arti che è l’Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini di Roma, che condensa, nei testi, temi locali e al contempo
universali, accompagnato dalle percussioni di Carmine D'Ambrosio. Di più ampio respiro narrativo è il sound avvolgente, tra sparsi echi lusofoni, dell’attivissima cantante e autrice sarda Stefania Secci Rosa (“Macca”) con il suo inno alla follia positiva. Coraggioso, poi, il progetto dell’abruzzese Elena D’Ascenzo, che con voce nuda ha cantato “Nennella” nel dialetto di Fontevaignone, un tema dagli accenti blues-gospel. Nella prima serata l’artista, che fonde la sua anima di abruzzese con le frequentazioni della Scuola internazionale di musica modale Labybinth e le note blues, ha proposto anche un’originale ninnananna, accompagnandosi con l’esraj, strumento indostano dotato di corde principali e di risonanza. La sua versione di “Rosa Resolza”, intensa vocalmente, a dare enfasi al tema sefardita, ha svirgolato a colpi di percussioni naqqara, che avranno evocato in qualche giurato i famigerati bonghetti.
Di solito vetrina di ospiti nazionali ed internazionali, la serata finale ha riservato un’altra bella sorpresa con la proposta di Pierpaolo Vacca, organettista (3 file 18 bassi) di Ovadda, proveniente da una famiglia di suonatori tradizionali e ballerini, che tra effetti ottenuti con loop, delay, distorsioni e utilizzo percussivo dello strumento, si fa portatore di un suono “travessu”, ibrido e improvvisativo, uno sguardo sonoro innovativo, liberamente ispirato alla tradizione danzante sarda, su cui si innestano altri elementi folk, ma non solo.
In definitiva, negli anni, il Premio Parodi è divenuto sempre più internazionale, e tuttavia, con un ulteriore sforzo, potrebbe procedere nella direzione di una maggiore sinergia con i festival trad e world europei (quella con i principali eventi italiani è già attuata da tempo) per sfuggire al rischio di sovrapposizioni con altre manifestazioni nazionali di matrice folk o autorale e – misurandosi sempre più con una poetica musicale aperta e favorendo le interazioni di linguaggi – per raccontare le musiche del mondo con un occhio di riguardo al Mediterraneo, avendo come centro focale una città di mare come Cagliari, la quale assurge a simbolo di dialogo costante, di narrazioni di attraversamenti, di creatività veicolo di nuove identità. Tutto ciò nel nome di un artista, Andrea Parodi, che ha fatto della sua voce e della sua ricerca musicale proprio un ponte sonoro e culturale. Naturale che per farlo dovrà contare anche sul giusto, solido e continuativo riconoscimento istituzionale, che in Italia non è sempre scontato per chi, come il Parodi, ha costruito nel tempo il suo alto profilo, celebrando connessioni culturali.
Il bando per partecipare alla XIV edizione (a metà del prossimo ottobre) è stato lanciato e lo trovate sul sito del premio.
Elisabetta Malantrucco e Ciro De Rosa
Foto di Domenico Mastrangelo
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