Numerosi illustri bandoneonisti del passato erano di origine italiana. Il più noto, Astor Piazzolla (1921-1992), a Milano, nel 1974, con la produzione di Aldo Pagani, registrò “Libertango”, brano che, in breve, lo portò ad ottenere successo internazionale. Tra i musicisti che lo accompagnarono nell’omonimo LP vi era, alla chitarra, Filippo Daccò, il quale durante le lezioni era solito ricordare l’evento discografico, mettendolo in relazione alla particolarità stilistica e agli studi compiuti dal musicista argentino. Per il centenario della nascita di Piazzolla sono stati organizzati diversi eventi, con spettacoli dedicati e interviste mirate, principalmente rivolte a personaggi che ebbero modo di conoscerlo umanamente e professionalmente. Significative sono state le parole spese da Daniel Baremboim (1942), suo concittadino e, per un certo periodo, compagno di studi sotto la guida di Nadia Boulanger, a Parigi. In Argentina, è stata promossa una raccolta di firme, con l’intento di far ottenere al bandoneón il riconoscimento di “Patrimonio Culturale della Nazione”, avendo chiaro che la sua storia è indissolubilmente unita a quella di illustri suonatori, tra cui Eduardo Arolas (1892-1924), Aníbal Troilo (1914-1975), Domingo Federico (1916-2000), Alejandro Barletta (1925-2008), Eduardo Rovira (1925-1980), José Libertella (1933-2004), Edgardo Dario Sgrazutti (1938-2002), José Bellone (1938-1992), Juan Luis Merello (1947-2010). Tra le donne, è doveroso ricordare Francisca Bernardo detta “Paquita”, apprezzata per le sue esecuzioni, purtroppo deceduta (a causa di un male incurabile) a soli venticinque anni, nel 1925. Parallelamente a quanto viene tributato a Piazzolla e riferendoci al 1821, riteniamo sia importante commemorare la nascita di Heinrich Band (deceduto nel 1860), insegnante, musicista ed editore il quale, a Krefeld (Renania/Vestfalia), nel 1845, ideò il “bandonion”, la cui denominazione trova corrispondenza con il suo cognome. Lo fama dello strumento è prevalentemente legata allo sviluppo della musica argentina nel XX secolo e, in particolare, all’accompagnamento del tango. Tuttavia le sue origini sono da riferire alla musica religiosa e popolare tedesca. Inizialmente Band era stato attratto dall’idea di realizzare uno strumento portatile (sul tipo della concertina), da poter usare agevolmente nelle chiese in sostituzione dell’organo o dell’harmonium. In seguito, data la maneggiabilità e la discreta potenza sonora, venne utilizzato pure nelle processioni paraliturgiche e per eseguire musica folclorica. Contemporanei di Heinrich Band e sempre di area tedesca furono i principali costruttori, tra cui si ricordano Carl Friedrich Uhlig e Carl Zimmermann. Inoltre, spicca la dinastia della famiglia Arnold che, per circa un secolo, figura tra i principali costruttori dello strumento, commerciando con profitto anche in alcuni Paesi esteri. Nel 1864, Ernst Louis Arnold acquistò la fabbrica artigianale del citato Zimmermann. La diresse fino al 1880. Proseguirono la sua opera il figlio Ernst Hermann (1859) e, in seguito, i suoi due fratelli più giovani - Paul (1866) e Alfred (1878) - i quali, dopo il 1910, aprirono una propria catena di produzione artigianale a Carlsfeld. Nonostante la loro produzione sia terminata da alcuni decenni (tra il 1948 e il 1970), i bandoneón Arnold sono strumenti, ancora oggi, assai ricercati da musicisti e collezionisti, per l’altissima qualità artigianale, riscontrabile anche nell’uso dei materiali impiegati (come, ad esempio, le ance montate su lastre di zinco). I loro principali modelli, a seconda del periodo e del marchio di produzione, venivano contrassegnati con le sigle bandoneón “A”, “ELA”, “AA”. Il bandoneón continua a essere realizzato in Germania (artigianalmente o industrialmente) da costruttori quali Klaus Gutjahr, Uwe Hartenhauer e da “La Bandonion & Concertina fabrik Klingenthal”. Harry Geuns opera in Belgio. Alcuni artigiani attivi in Argentina sono Juan Pablo Frias, Luis Mariani, Angelo e Gabriele Zullo, Baltazar Estol, Vicente Toscano. Nella sua struttura tipica, il bandoneón è uno strumento a mantice, con due pulsantiere, che generalmente raggruppano trentotto (mano destra) e trentatré (mano sinistra) tasti, permettendo di raggiungere un’estensione melodica di circa cinque ottave e l’esecuzione di accordi, premendo simultaneamente più tasti. I modelli possono essere bitonici (i più tradizionali) o cromatici.
Paolo Mercurio © Passione Argentina
Interessante è l’innesto del bandoneón nella musica argentina e uruguaiana. Inizialmente suonato da marinai e immigrati verso la fine del XIX secolo, venne in seguito adottato per l’accompagnamento del tango che, ancora nei primi anni del Novecento, veniva accompagnato da strumenti quali la chitarra, il flauto e il violino. Svolse un ruolo determinante ai fini della commercializzazione l’esportatore Max Epperlein. Progressivamente, il bandoneón divenne simbolo del tango e di stili vocali affini, come la cosiddetta “tango canción”, che ebbe in Carlos Gardel (1890-1935) il massimo interprete. Nel 2003, la sua opera vocale è stata riconosciuta come Patrimonio dell’Umanità. Tornando a Piazzolla e al centenario della nascita, pare opportuno ripercorrere rapidamente le principali tappe della sua carriera artistica. Figlio di Vicente (detto Nonino, originario di Trani) e Asunta (i suoi genitori erano originari di un paese della Garfagnana), Astor nacque a Mar del Plata, l’11 marzo del 1921. Nel 1925, i genitori si trasferirono a New York per lavoro. A nove anni, il padre gli regalò un piccolo bandoneón, che imparò a suonare da autodidatta, ricevendo alcune lezioni da un pianista vicino di casa. Durante il periodo della Grande Depressione, la famiglia tornò a vivere a Buenos Aires ma, dopo qualche tempo, si ritrasferirono a New York, nel 1934. Astor, in questo periodo, ebbe l’opportunità di accompagnare Carlos Gardel, il quale gli propose di entrare nel suo gruppo. Il padre, però, non acconsentì, perché lo riteneva troppo piccolo per affrontare una tourneé così impegnativa. In quegli anni, Piazzolla iniziò a ricercare uno stile personale, capace di fondere diversi stili, che spaziavano tra musica tradizionale, classica e jazz. Tornato a Buenos Aires, studiò con Alberto Ginastera e, nel 1939, iniziò a lavorare nell’orchestra di Aníbal Troilo. Tre anni dopo, si sposò con Odette Maria Wolff (detta Dedé), da cui ebbe due figli: Diana e Daniel (musicista). Iniziò a studiare piano e composizione. Grazie a un premio, si recò a Parigi, per approfondire gli studi con Nadia Boulanger, alla quale rivelò il suo amore per la musica argentina e, in particolare, per il tango. Fu da lei incentivato a scrivere musica seguendo la propria passione. Nel 1955, con la famiglia, ritornò a Buenos Aires e con il suo gruppo iniziò a sperimentare lo stile del cosiddetto “nuevo tango”, con composizioni originali, ricevendo non poche critiche, comprese quelle per il modo di suonare il bandoneón (stando in piedi, mentre nella tradizione si rimane seduti). Astor tornò a New York, nel 1958, ma ebbe modesto successo. Poco dopo, morì il padre (1959, la composizione Adios Nonino è a lui dedicata) e si separò dalla moglie. Da più parti è stato scritto della tenacia caratteriale di Piazzolla e dei (talvolta contrastati) rapporti con i musicisti suoi collaboratori. Alla ricerca di uno stile originale, si distinse per un percorso compositivo “glocale”, nel quale desiderava dare valore alla musica della sua Terra, al contempo trovando proficuo intreccio con altri stili musicali che avevano caratterizzato, in vario modo, il suo iter formativo. Riguardo alle critiche ricevute, nelle interviste, talvolta lui stesso era solito ricordare con ironia come veniva etichettato dai detrattori, cioè “assassino del tango”. Da un punto di vista esecutivo, dava particolare attenzione alla componente timbrica, facendo interagire il bandoneón con diversi strumenti non tradizionali. Ad esempio, menzioniamo la sua collaborazione, nel 1986, con Jerry Mulligan, con cui incise “Summit-Reunion Cumbre”. Nel gruppo che li accompagnava (in prevalenza formato da musicisti italiani), era previsto anche l’uso di strumenti come marimba, flauto, chitarra e basso elettrici, batteria, percussioni, organo hammond e alcuni strumenti ad arco (viola, violino, violoncello). Libertango, cui si è accennato in precedenza, venne registrato negli studi della Curci, in Galleria del Corso. A distanza di quasi cinquant’anni dalla sua prima edizione, rimane verosimilmente il brano simbolo dello stile “nuevo tango”, grazie anche alle numerose rielaborazioni e agli svariati utilizzi in ambito cinematografico, televisivo e pubblicitario. Tra le opere principali di Piazzolla, ci limitiamo a ricordare “Maria de Buenos Aires”, su libretto di Horacio Ferrer (1968, con voce di Milva, una delle sue più attive collaboratrici), l’oratorio “”El pueblo joven” (1970), la “Balada para loco” (1975, segnò l’avvicinamento con il vasto pubblico, riscuotendo discreto successo in diversi Paesi del Sud America) e “Oblivion” (celebre è la trascrizione musicale per il film Enrico IV, diretto da Marco Bellocchio, nel 1984). Nel 1986, per i meriti artistici ricevuti, Piazzolla ricevette una medaglia dal governo argentino. Dopo il suo decesso, venne a lui intitolato l’Aeroporto internazionale di Mar del Plata. Come etnomusicologi, desideriamo dedicare la nostra “Vision” odierna a tutti quei suonatori, artigiani e docenti che, nel corso degli anni, hanno saputo dare rilievo al bandoneón, dando spessore e valore alla tradizione. Tra loro comprendiamo compositori ed esecutori di talento come, ad esempio, Guido Santorsola (1904 -1994), Alejandro Barletta (1925-2008), Juan Josè Mossalini (1943), Cèsar Stroscio (1943), René Marino Rivero (1935-2010), Héctor Ulises Passarella (1955, a Roma, dirige il “Centro del Bandoneón”), Richard Galliano (1950) i quali, in ambito concertistico, hanno ampiamente dimostrato l’adattabilità dello strumento a repertori tipici della cultura musicale classica, con risultati di elevata espressività artistica.
Paolo Mercurio