Noto per essere il direttore artistico del festival PeM-Parole e musica in Monferrato, nonché responsabile degli uffici stampa di numerose rassegne tra cui Premio Andrea Parodi, nonché consulente del Premio Bianca d’Aponte e di Voci per la libertà promossa da Amnesty International, Enrico Deregibus è soprattutto un attento studioso della canzone d’autore di casa nostra a cui ha dedicato diverse pubblicazioni, date alle stampe nel corso degli anni, tra cui la raccolta di articoli e saggi “Chi se ne frega della musica?”, l’indispensabile “Dizionario completo della Canzone Italiana” e il pregevole volume “Quello che non so, lo so cantare. Storia di Francesco De Gregori”, riedito in versione estesa ed ampliata nel 2015 con il titolo “Francesco De Gregori. Mi puoi leggere fino tardi”. A distanza di cinque anni da quest’ultimo, il giornalista e saggista piemontese torna con “Francesco De Gregori. I testi. La storia delle canzoni”, corposo volume di ben 720 pagine che raccoglie, per la prima volta, le oltre duecento canzoni pubblicate in carriera dal cantautore romano, accompagnate da note di approfondimento. Ne abbiamo parlato con il giornalista piemontese…
Partiamo da lontano. Com'è nato l'amore per le canzoni di Francesco De Gregori?
Sai che non è facile rispondere? Diciamo che a fine anni 70, quand’ero bambino, nel mio paese in Piemonte ho scoperto i cantautori insieme ad un amico che aveva qualche anno in più di me. E sin da subito De Gregori mi ha colpito più di altri. Nell’autunno del 1979, a dodici anni, sono usciti a due mesi di distanza, il disco dal vivo di Banana Republic e Viva l’Italia. Lì c’è stata la prima folgorazione, in particolare ricordo un ascolto di Viva l’Italia mentre ero in macchina, pioveva ed io aspettavo mia madre che era andata a fare un acquisto. Poi nell’82, quando è uscito Titanic, me ne sono innamorato perdutamente.
Cosa mi abbia colpito in particolare di De Gregori di preciso non so, c’entrano sicuramente il suo timbro di voce ruvido e fanciullesco insieme, una certa aria malinconica di alcune canzoni, i testi che lasciano praterie sconfinate alla fantasia.
Come hai deciso, poi, di approfondire sempre di più l'opera del cantautore romano?
Quando nel 2000 ho deciso di lasciare il lavoro precedente, cioè la gestione di un negozio di dischi, e di fare il salto nel mondo famelico e affamato del giornalismo musicale, ho subito o quasi subito pensato di fare un libro. Ero un lettore vorace dei libri che parlavano di musica, in particolare di cantautori, e mi solleticava l’idea di farne uno anche io. Ero indeciso se su De Gregori o su Paolo Conte, altro mio pallino. Ho scelto lui. E così dopo un po’ di anni, nel 2003, è uscito un primo mio libro.
Personalmente ho scoperto la tua firma proprio lì, quando acquistai quel libro, che è intitolato "Quello che non so, lo so cantare. Storia di Francesco De Gregori", successivamente riedito da Giunti in versione ampliata con il titolo "Mi puoi leggere fino a tardi". Per diversi anni, insieme al libro di Giommaria Monti, è stato il testo di riferimento su De Gregori. Come mai avevi scelto lui e non il tuo conterraneo Paolo Conte?
Ho scelto Francesco De Gregori fondamentalmente perché avevo già molto materiale messo da parte su di lui, ritagli di giornali, registrazioni di interviste tv o radiofoniche e altro ancora. E poi in qualche modo mancavano molte notizie su di lui. I pochi libri precedenti, tranne uno molto bello di Giorgio Lo Cascio, erano fatti un po’ superficialmente, la sua storia di De Gregori aveva tantissimi buchi. Così ho deciso di riempirli io.
Ho fatto il libro che avrei voluto leggere, diciamo così. Ho lavorato parecchio, fatto ricerche su ricerche, intervistato molti personaggi che avevano avuto che fare con lui. Un paio di anni di lavoro, con gli ultimi sei mesi dedicati in buona parte al libro. Libro a cui sono molto affezionato, anche se la riedizione, “Mi puoi leggere fino a tardi”, è più ricca e precisa. È la bella copia del primo.
Nel 2016 poi hai scritto "Backpack" che accompagna il cofanetto con l'opera omnia di De Gregori. Ci puoi raccontare questa esperienza?
Era successo che con i due libri precedenti avevo conquistato la fiducia di De Gregori. All’epoca del primo mi aveva telefonato per complimentarsi per il lavoro di ricerca, quasi da storico, che avevo fatto. E così anche per il secondo. Lui, come sai, doveva laurearsi in storia contemporanea, ha dato tutti gli esami ma poi la musica lo ha distratto e non ha concluso gli studi, ma ha quel tipo di formazione, oltre che la passione per la storia. Quando la Sony gli ha chiesto di mettere in un cofanetto tutti i suoi dischi lui ha risposto ok, ma completiamolo con un libro che racconti i dischi uno per uno. Ed ha pensato a me per farlo, proprio perché avevo un approccio alla materia che gli piaceva, così come il mio modo di raccontare. Bontà sua. I tempi erano stretti, ma credo sia venuto fuori un bel lavoro. Fra l’altro con una bella grafica, guidata da lui, e parecchie foto inedite.
Veniamo al nuovo "Francesco De Gregori. I testi. La storia delle canzoni", un’opera veramente monumentale per dimensioni ma soprattutto per i contenuti. Ci puoi raccontare la genesi di questo nuovo lavoro?
Quando è uscita la biografia del 2015 la mia intenzione era affiancare al racconto della sua storia artistica delle schede su tutte le canzoni, in cui le raccontavo da molti punti di vista. Ma il libro era lievitato enormemente, le schede non ci stavano. Così le ho messe da parte e ho lasciato solo la biografia, che comunque alla fine è diventata un malloppo di oltre trecento pagine. In seguito, ho ripreso il lavoro sulle canzoni e dopo un po’ di anni di ricerche è venuto fuori questo nuovo libro. In un secondo tempo si sono aggiunti, per volontà di De Gregori, i testi delle sue canzoni. Questo però, ci tengo a precisarlo, non vuol dire che il libro parli solo dei testi, è una ricognizione più ampia, si parla molto anche di musica,
si contestualizzano i brani anche con l’aiuto di molte dichiarazioni di De Gregori pescate in quasi 50 anni di interviste.
Quali difficoltà hai incontrato nel lavorare a questo nuovo libro?
Mah, non ci sono state difficoltà particolari in realtà. Ci vuole tantissimo tempo, questo sì, per fare un lavoro di questo tipo. Devi scoprire le cose, cercare riscontri, prestare attenzione alle tante sciocchezze che si trovano in rete per scansarle e così via. La difficoltà forse è quella di avere solo ventiquattro ore al giorno. In più questi libri oggi non consentono un guadagno commisurato alle ore lavorate, quindi non ci si può dedicare a tempo pieno. E questo è un altro problema.
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