Emel – The Tunis Diaries (Partisan Records, 2020)

Racconta Emel sui suoi esordi a Tunisi. “Ho cominciato la mia carriera molto giovane, senza infrastrutture, senza soldi, senza una squadra. Avevo solo la mia chitarra e la mia voce, le portavo su ogni palco disposto ad accettarmi. Provavo nella tromba delle scale, con un piacevole riverbero naturale, un suono che non sono mai riuscita a riprodurre elettronicamente”. Nel 2011, non ancora trentenne, Emel trovò la canzone giusta per dar voce alla “rivoluzione” tunisina: “Kelmti Horra” (“La mia parola è libera”) divenne un inno della “primavera araba”, un brano ascoltato e guardato milioni di volte, la scintilla che innescò il suo album di debutto, “Kelmti Horr” ed i due successivi e che la portò nel 2015 sul palco del Premio Nobel per la Pace. Le misure di confinamento causate dal Covid-19 l’hanno colta a Tunisi insieme alla figlia, in visita al padre ultraottantenne. “Mi sono ritrovata separata da mio marito, dal mio gruppo, dai miei collaboratori, e dalla mia strumentazione. Ed immersa in nostalgie e memorie, circondata da fiori che sbocciavano, uccelli cinguettanti, e dai cieli azzurri della mia città natale. A convivere con due delle persone che più amo al mondo. Tre generazioni sotto lo stesso tetto, libere da scuola, lavoro, e dalle distrazioni del mondo là fuori. Questi sentimenti mi hanno portato a creare, a rendere visita ai vecchi spiriti dei miei primi anni da artista. E ad offrire un omaggio a Tunisi, la città che mi ha dato tanto e cui ho voluto offrire, così come a chi mi segue, un senso di condivisione come quello che ci aveva unito in quei giorni confusi e minacciosi”. Con una chitarra classica, rimediata attraverso Facebook, ed un laptop, Emel ha trasmesso alcuni live con buoni risultati che l’hanno portata a dedicare due o tre ore ogni pomeriggio a sperimentare con la musica e a registrarla, dopo le lezioni mattutine con la figlia ed il pranzo con padre e figlia. Il video di “Holm” (“Sogno”) fotografa la geografia intima e territoriale di quel periodo: “La nostra casa è su una collina alla periferia di Tunisi, con vista sui numerosi pini verdi, sulle bouganville rosa in fiore, sulla città e la sua architettura che si stende come un fiume bianco che incontra il Mediterraneo blu. Suonare di nuovo in diretta è stato come tornare al ventre della mia infanzia, sentirmi a casa, in molti sensi, dopo tanto tempo, dopo aver vissuto in tre continenti, suonato in una dozzina di Paesi; sono tornata all’essenziale, a percepire di nuovo me stessa e nient’altro, a differenza dei tre album precedenti, registrati in studio gestendo complessità crescenti”. Ne è venuto fuori un doppio album con diciotto brani equamente divisi fra “Day” - composizioni proprie interpretate in modo intimo, con voce e chitarra - e “Night”, cover elettriche di gruppi rock, presentato lo scorso 23 ottobre. Da un lato la riflessione sui legami con la propria terra, dall’altro la linfa formativa. “Day” ti accoglie col calore ed i tanti colori della bella voce e dei cori cantati da Emel e con gli arrangiamenti centrati sulla sola chitarra che invitano all’ascolto scandendo cornici sempre essenziali, ed ogni volta diverse, a volte vicini alle sonorità dell’oud come nella dolente “Merrouh”: “Ha sorvolato l’alba, si è piegata sui fiori, ha sfogliato petali del passato”. “Night” è tutta da scoprire, con cover che spaziano fra Bowie, Black Sabbath, Cranberries, Nirvana, Placebo, System Of A Down, Rammstein cover, senza dimenticare Leonard Cohen e Jeff Buckley. 


Alessio Surian

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