Roberto Ottaviano Extended Love & Eternal Love – Resonance & Rhapsodies (DodiciLune/I.R.D., 2020)

Aperta dalla pubblicazione di “Un Dio Clandestino” nel 2008, la collaborazione tra l’etichetta salentina Dodicilune e il sassofonista barese Roberto Ottaviano, nel corso dell’ultimo decennio, ha regalato una eccellente serie di dischi tra cui vale la pena menzionare “Arcthetics. Soffio Primitivo” del 2013, il superbo “Forgotten Matches. The Worlds of Steve Lacy” del 2014 e i più recenti “Sideralis” del 2017, disco dell’anno Top Jazz per la rivista Musica Jazz, e “Etenal Love” del 2018. A due anni di distanza da quest’ultimo il connubio riunisce le forze per un'altra opera ambiziosa “Resonance & Rhapsodies” nel quale il musicista e compositore pugliese è affiancato in "Rhapsodies" dal quartetto Eternal Love, composto da Marco Colonna (clarinetti), Giorgio Pacorig (piano, rodhes), Giovanni Maier (contrabbasso) e Zeno De Rossi (batteria) mentre in “Resonance” la formazione è ampliata dagli innesti di Alexander Hawkins (piano), Danilo Gallo (contrabbasso e basso acustico) e Hamid Drake (batteria). Proseguendo il percorso di ricerca musicale intrapreso con nei precedenti “Sideralis” ed “Eternal Love”, diversi dal punto di vista estetico e concettuale ma accomunati dalla medesima concezione spirituale dell’approccio musicale, questo nuovo album come afferma lo stesso Ottaviano: “si muove in un complesso universo che include da una parte memorie recondite e dall'altra esperienze dirette tradotte musicalmente, entrambe componenti di un unico nucleo vitale che guarda in due direzioni speculari, esterno ed interno. Le memorie recondite contenute in "Resonance", in parte lascerebbero pensare ad un omaggio ad Ornette Coleman, sebbene il doppio quartetto solo nominalmente richiama la produzione del musicista Texano tant’è che oltre una evidente distanza estetica dal suo Free Jazz, anche l’organico si differenzia presentando qui la rarità costituita dalla presenza di due pianisti che agiscono simultaneamente”. Ciò che contraddistingue questo nuovo progetto è però lo spazio sonoro che sembra reggersi su una sorta di “sospensione temporale” con le composizioni che, come in “Sideralis” sono focalizzate su groove e temi in cui è lasciato ampio spazio al dialogo e all’interscambio tra i singoli musicisti. Così, se “Sideralis” ci schiudeva le porte verso gli spazi cosmici ed interstellari, “Resonance” sposta la sua attenzione verso l’infinito dell’interiorità mentre “Rhapsodies” rimanda concettualmente ad “Eternal Love” mettendo a frutto l’esperienza di due anni di concerti che hanno cristallizzato uno straordinario interplay tra i vari strumentisti. Dal punto di vista compositivo, Ottaviano sottolinea: “Nella scrittura originale condivisa da tutti musicisti, rinveniamo amori comuni tra cui Monk, Misha Mengelberg, Herbie Nichols, Paul Motian, l’Africa, un certo disincanto umoristico al fianc o di una preghiera laica e solenne che permea tutto il lavoro. Ma cosa più importante, si pone l'accento sulla testimonianza artistica come finestra espressiva su di un mondo che ci riguarda e dal quale per le sue immani tragedie e la sua bellezza struggente non possiamo astrarci. “Resonance & Rhapsodies” rappresenta luoghi immaginari e concreti di una cartografia esplorativa, disegnata da “Eternal Love” qui anche in versione estesa al Doppio Quartetto, che definisce l’osmosi più pura tra individuo e collettivo, micro e macrocosmo, senso di continuità oltre il temporale”. Dal passato riemerge, dunque, la tensione verso le avanguardie di John Coltrane, Steve Lacy e Keith Tippett, con Roberto Ottaviano che trasforma il suo doppio quartetto in una vera e propria officina creativa in cui si connettono presente, passato e futuro del jazz. Il primo disco “Resonance – Extended Love” vede in prima linea i sassofoni di Ottaviano e i clarinetti di Colonna che si integrano e dialogano alla perfezione, supportate dalla sezione ritmica raddoppiata con le due batterie di De Rossi e Drake e i due contrabbassi di Giovanni Maier e Danilo Gallo. Il risultato ci rimanda a quella risonanza evocata dal titolo con le voci strumentali che ci conducono verso paesaggi sonori sconfinati per raggiungere la dimensione quasi onirica quando in scena entrano il rodhes di Pacoring e il pianoforte di Alexander Hawkins. Brillano, così, i quasi dieci minuti della superba “Promise”, l’intimistica “Revelation” e il groove trascinante di “Homo Sum” che ci conducono alla immaginifica “Dedalus” che con “Ad Astra” rappresenta uno dei vertici del disco. In “Rhapsodies” ritroviamo l’organico di “Eternal Love” con l’innesto di Giorgio Pacorig al posto di Alexander Hawkins, ma immutato è il fascino della musica prodotta dal quartetto. A spiccare è una maggiore apertura verso le improvvisazioni ora collettive ora individuali o in solo come nel caso di “Ergonomic”. Se la raffinata e trascinante rilettura del traditional degli Yoruba “Ijo Ki Mba Jo” colpisce per intensità dell’inteplay, la successiva “Monkonius” è una ballad che mescola echi di Thelonius Monk e Keith Tippett (a cui è dedicato il disco). Altre perle sono, ancora, “To The Masters” in cui Ottaviano e suoi musicisti rendono omaggio ai loro riferimenti artistici, e la conclusiva “Mad For Misha” nella quale ritroviamo l’ispirazione dell’indimenticato Misha Mengelberg, incrociato dal sassofonista pugliese sul palco del Talos Festival. “Resonance & Rhapsodies” è un disco articolato, denso di composizioni pregevoli e frutto di un progetto artistico radicato e consolidato nel tempo. Un disco, insomma, come se ne sentono davvero pochi in giro. Assolutamente consigliato! 


Salvatore Esposito

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