Maggie MacInnes – Port Bàn (Marram Music, 2020)

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Non saranno i tag appropriati alla comunicazione social, ma volendo scegliere tre parole chiave con cui collocare questo disco, propenderei per “devozione”, “memoria” e “trasmissione”. Perché Maggie MacInnes (classe 1963), cantante e suonatrice di arpa scozzese (clarsach), specializzata nelle espressioni canore di lingua gaelica, è la figlia di Flora MacNeil (1928 –2015), eminente cantatrice nativa dell’isola di Barra, Ebridi Esterne, scoperta e lanciata da Ewan McCall, Norman Buchan ed Hemish Henderson e, quindi, da Alan Lomax, che la registrò negli anni Cinquanta del secolo scorso durante le sue campagne di rilevazione in Europa. Nel 2013 la MacNeil (che intanto aveva ricevuto il titolo di MBE) salì sul palco a Glasgow per la sua ultima apparizione in un concerto, organizzato in suo onore proprio da Maggie, davanti a un pubblico che le tributò una standing ovation. Incidendo “Port Bàn”, MacInnes compie un atto di devozione nei confronti della madre, depositaria di un ampio patrimonio di canto tradizionale, riannoda i fili della memoria e prende su di sé il compito di trasmettere a sua volta materiali musicali provenienti proprio dal repertorio canoro della venerabile genitrice. Pure il titolo dell’album è simbolico, poiché “Port Bàn” ha il doppio significato di “bel porto” e di “bella melodia”, ma è anche il nome di una piccola insenatura dietro la casa di famiglia a Barra, luogo pieno delle memorie di vita e di musica. “Port Bàn” è il sesto lavoro della cantante e arpista di Glasgow, vocalist dalla grande reputazione e dall’affermata carriera sia in diverse band che come solista. Il tema dell’amore lontano al di là dell’oceano è cantato nell’iniziale “Caolas eadar mi is Iain” (“Tra me e Johnny c’è uno specchio d’acqua”), eseguita in quartetto di voce, chitarra (Calum Park), low whistle (Chris Waite) e fisarmonica (Angus Lyon). 
Segue il vivace set di mouth music “‘S iomadh rud a chunnaic mu /Faca tu saor an t-sàbhaidh/ A chur nan gobhar as a’ chreig”, una unicità musicale delle Ebridi costituita da strofette a tema spesso nonsense con forte componente ritmica, eseguita da un solista e un coro. Nel programma non possono mancare due canzoni risalenti al revanchismo giacobita, centrale per le vicende politiche e sociali della Scozia: sono le uniche song cantate in scozzese, entrambe provenienti dalla penna del poeta nazionale Robert Burns. La prima, “The Bonnie Lass of Albany”, racconta la storia di Charlotte Stuart, figlia del giovane pretendente Charles Edward Stuart; la seconda, “The Highland Widow’s Lament”, propone una prospettiva femminile sulla rivolta giacobita ed è una sorta di anti-war song che mette l’accento sulle miserie della guerra. Qui è davvero superlativa Maggie, che canta e suona l’arpa celtica accompagnata dalle fisarmoniche di Brian McAlpine e Angus Lyon. Limpidezza di timbro vocale e arpa anche nella struggente canzone d’amore “Gràdh Geal mo Chridh (“Bell’amore del mio cuore”, conosciuta anche come “Eriskay Love Lilt”). Per interpretare la prima canzone appresa da mamma Flora, “Ho mo nighean donn nan ghobhar” (“Oh mia fanciulla delle capre dai capelli scuri”), MacInnes ha chiamato i figli Ruaraidh Alasdair Park (chitarra e coro) e Calum Park (violino e coro). Diversa la combinazione strumentale di voce e piano (Brian McAlpine) con cui è proposta “O Chraobh nan Ùbhal” (“Oh Melo”), che è un frammento poetico in lode di un capo clan gaelico simboleggiato dall’immagine di un melo. 
Un altro dei cavalli di battaglia della McNeil è stato “Bheir Mo Shoraidh Thar Ghunaidh” (“Prendi in consegna il mio addio Gunna”), il lamento di un innamorato devastato dalla separazione dall’amata. Invece, la solitudine di una moglie il cui marito è in mare è cantata in “Gur Muladach sgith mi” (“Sono stanco e desolato”), di cui la cantante di Glasgow dà una interpretazione coi fiocchi, accompagnata dal figlio alla chitarra. In un’antologia di repertorio prevalentemente gaelico non potevano mancare due waulking song, i canti di lavoro consistenti in monosillabi ritmici eseguiti durante la lavorazione di rifinitura del tessuto tweed fatto da donne sedute intorno a un tavolo. “Cha Teid mise/’N Robh thu ‘sa bheinn” vede all’opera la chitarra di Anna Massie, la fisarmonica di Brian McAlpine, il bodhrán di Chris White e i cori, mentre dietro il ritmo incalzante di “Fhir A Chinn Duibh” (“Uomo dai capelli scuri”) - Maggie si accompagna percuotendo un tavolo - si nascondono versi che alludono a un flirt. È arrangiato per voce, arpa e fisarmonica di Angus Lyon (che anche produttore dell’album) “Iain Ghlinn Cuaich” (“John di Glen Cuach”), un altro motivo da cuore infranto con cui si chiude un album che è stato concepito con amore e rispetto e in cui Maggie MacInnes, voce vibrante di passione, esibisce la grazia del canto contornato da arrangiamenti essenziali e mirati che ne esaltano le sfumature timbriche. www.maggiemacinnes.co.uk


Ciro De Rosa

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