Folk Group Merema – Kezeren Koiht (CPL Music, 2020)

Album di ricerca e riproposta, “Kezeren Koiht” riporta , in una densa scaletta composta di quattordici tracce, una piacevole (sebbene complessa) selezione di canti e musiche tradizionali della Mordvinia. In italiano si dice Mordovia e, per essere precisi, il nome va preceduto da Repubblica Socialista Sovietica Autonoma. Gli amici della CPL Music, nel presentare l’album, hanno sentito il bisogno di darci qualche riferimento geografico: la Mordovia è una regione non molto distante dall’Europa, situata tra Mosca e il fiume Volga. Ciò detto, l’ensemble ci riconduce a una regione culturale isolata e piena di fascino, dalla cui storia emergono tratti interessanti sia sul piano musicale che linguistico. Quest’ultimo è quello che più sta a cuore a Ekaterina Modina, la quale sembra finanziare di tasca sua l’attività etnografica e musicale del gruppo. Un’attività che ha portato il quintetto - tante sono le persone che al momento compongono Merema - ad andare molto a fondo nella storia espressiva dell’area della Mordovia, estrapolando, attraverso i canti (che, come vedremo, ricalcano i tratti di una società rurale e isolata) un linguaggio arcaico e non più di uso comune. Già questo mi sembra un aspetto interessante. Per due motivi principalmente. Da un lato perché evidenzia come l’album sia legato in modo stretto a una prospettiva di ricerca, parte della quale ovviamente confluisce nel progetto di riproposta musicale in questione. Dall’altro lato perché il programma di Ekaterina Modina si inquadra in una dinamica più articolata di quella musicale e di quella riconducibile alla riproposta artistica, lambendo coscientemente l’ambito della ricognizione storico-politica e di una sorta di archeologia delle espressioni canore, a loro volta indissolubilmente legate alla lingua e, quindi, al modo in cui questa società ha interpretato e raccontato il mondo. A valorizzare ulteriormente il progetto vi è il fatto che la lingua della Mordovia che ascoltiamo in questo affascinante “Kezeren Koith” (che in copertina è tradotto, tra parentesi, in “Ancient Custom”) non è attualmente parlata nella regione. Per questo, ci ricorda la Modina, probabilmente la maggior parte degli abitanti dell’area non è più in grado di comprenderla, fatta eccezione per chi vive nelle aree più remote, in piccoli villaggi e distretti isolati. È qui che l’ensemble - che viene descritto come un’entità particolarmente fluida, cioè composta da musicisti e studiosi (spesso studenti) che non sono propriamente in pianta stabile, ma che si alternano sempre sotto il coordinamento di Ekaterina - ha svolto le ricerche e raccolto le informazioni che gli hanno permesso di rimettere insieme testi e musiche. Questo metodo di lavoro ha generato anche risultati interessanti sul piano più propriamente musicale. L’attività di raccolta delle informazioni ha infatti messo i musicisti nelle condizioni di ricreare soluzioni musicali profondamente connesse al contesto “arcaico” dal quale provengono e nel quale sono state prodotte. Ovviamente, vista la forma “etnografica” (semplifico per rendere meglio l’idea) dell’album - che si presenta cioè come un piccolo compendio, ricco di riferimenti al contesto di ricerca, sulla “cultura” espressiva della Mordovia antica - è necessario ricordare il processo di “adattamento” attuato dai ricercatori-musicisti. Ma, una volta riconosciuto questo passaggio (che il più delle volte è) inevitabile (e che non incide in modo dirimente sulla qualità musicale del “resoconto”), si può apprezzare la piacevolezza dell’album, evidentemente attraversato da temi e soluzioni musicali interessanti. Questa piacevolezza credo possa valere sia per lo studioso che voglia appunto interpretare l’album come il resoconto (ovviamente parziale) di un’etnografia, sia per l’ascoltatore che ricerca qualcosa di nuovo, o almeno insolito. Da qui si può allora comprendere la selezione dei temi e la presenza di un impianto musicale e armonico di particolare interesse. Riguardo i temi, emergono testi che narrano di ospitalità (“Our beloved Guest”), amore (“A Moksha girl was walking”, “Kostina Annushka”, “Where is my Agafiushka crying”), povertà (“Poor Uliana”, “Vasalyga”). Riguardo l’organizzazione musicale - che rimane, specie all’ascoltatore occidentale, l’elemento più importante - sono senz’altro da segnalare la presenza di canti polifonici straordinari, l’utilizzo di armonie dissonanti e una lirica fondamentalmente interpretata in polivocalità, sulla linea della quale è interpretata la maggior parte dei canti.  


Daniele Cestellini

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