Non è certo un segreto che la musica abbia forti capacità suggestive, dipinge storie esattamente come i libri, usando colori tutti suoi. Tuttavia, non è facile distinguersi nel marasma dell’offerta, soprattutto se si propone qualità con l’aumento della richiesta di prodotti semi-sterili e di facile consumo. Ma “Hidden Seas” di Maria Chiara Argirò proietta immagini evocative, in un viaggio quasi cinematografico che mostra proprio i coralli più preziosi e segreti di un mare di musica nascosto a chi si ferma alla superficie. Piacevolissimo all’orecchio, equilibrato, delicato, ricercato e moderno nell’arrangiamento, nella composizione e nello stile. La voce artistica della pianista romana condensa alcuni tra gli aromi più forti e innovativi del panorama moderno, in una sintesi che smussa gli spigoli e rende più accessibile un linguaggio spesso ruvido ed intimidatorio. La cura acustica è notevolmente aumentata rispetto al primo disco, complici l’elettronica e la sintesi, che enfatizzano toni ambient, e l’aggiunta della voce, già presente nel predecessore ma usata perlopiù come uno strumento. Lo scorso 24 Aprile la pianista ha rilasciato due remix molto interessanti dei brani “Nautilus” e “Ocean”, dove lo stampo elettronico si spinge ancora più in là.
Maria Chiara si laurea in Storia, Scienze e Tecniche della Musica all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e in Jazz alla Middlesex University di Londra. Da allora intraprende una florida carriera musicale suonando con These New Puritans, Coco Mbassi, Barns Courtney, Heritage Orchestra ed altri ancora. Il progetto solista attira l’interesse della critica, che la osserva con grandi aspettative mentre si avventura nel panorama del nuovo jazz europeo. Ad accompagnare il piano e l’elettronica della Argirò troviamo Leïla Martial alla voce, Sam Rapley al sax tenore e al clarinetto, Tal Janes alla chitarra, Andre Di Biase al contrabbasso e Gaspar Sena alla batteria. Nelle musiche echeggiano i Radiohead, l’ambient di Bjork e soprattutto l’influenza pianistica di Tigran Hamasyan, con cui l’Argirò mostra un’affinità strepitosa anche nell’approcciò compositivo, adottando l’idiosincratico unisono tra piano e voce su melodie modalmente ambigue. Ma Maria Chiara non esagera mai, non perde di vista il suo obiettivo narrativo per perdersi in una retorica tecnica o in forzature sperimentali. Eppure l’album è tecnico e sperimenta decisamente, ma sa darsi dei contorni formali dove questi caratteri sono ingredienti che massimizzano un sapore complesso anziché sopraffarlo.
Il potere immaginifico del disco risalta subito nell’intro di “Beneath the Surface”, un sintetizzatore filtrato, a tratti ovattato come i suoni mentre si scende, appunto, sott’acqua. Segue un cantato quasi elegiaco, che si trascina lento a cui si alternano spazi per l’improvvisazione strumentale. “Nautilus” contrappone una melodia leggerissima al ritmo marcato della batteria elettronica che compare e scompare per poi stabilizzarsi. Un’ottima performance vocale nell’apertura solistica centrale, dove si gioca tra maggiore e minore. Ma il capolavoro è la melodia a seguire, presentata da un unisono di contrabbasso e piano. Mentre i sintetizzatori colorano il background le voci volteggiano in un mulinello avvolgente, che accompagna al reprise della melodia iniziale. Toni più jazzistici dominano “From One Land to Another” e “Watery Universe”, la prima più rilassata e la seconda più densa e ritmata, ma accomunate da una maggiore presenza strumentale e regolarità nei groove. Fantastico l’intermezzo ambient di “The Water Oath”, dove musica ed elettronica giocano coi sensi guidando l’immaginazione nel mare profondo, dove si possono sentire il sonar di un sottomarino e gli echi delle sirene. L’album si chiude con “Ocean”, che brilla per contenuto armonico, melodico e potere evocativo.
“Hidden Seas” si ascolta un po’ come si legge un libro, creandosi immagini mentali delle storie narrate in musica. Un viaggio alla scoperta delle profondità marine a metà tra sospensione e moto talvolta irrequieto. Un’aggiunta freschissima al jazz contemporaneo, dove Maria Chiara Argirò percorre scenari non troppo esplorati con un’innovativa scelta concettuale. Uno stile nuovo ma radicato nella contemporaneità fertile europea, che abbandona i dualismi classici di composizione e improvvisazione, forma canzone e forma classica, acustica ed elettronica, lasciando spazio all’espressione compositiva stimolante ed efficace di chi gioca coi colori dell’armonia e della melodia creando contrasti suggestivi.
Edoardo Marcarini
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