Il pansori coreano è nato come forma artistica a partire dal tardo Seicento ma le origini sembra affondino nelle pratiche dei canti muga della ritualità sciamanica e nell’intrattenimento pubblico non rituale. Dopo le trasformazioni di repertori, di prassi e di pubblico avvenute nel Settecento e nell’Ottocento, il declino di popolarità in epoca di modernizzazione novecentesca, si è assistito a una nuova valorizzazione negli anni Sessanta del Novecento, che ha condotto a un rinnovato interesse e al revival, con tanto di patrocinio pubblico, culminato con la sua inclusione nella lista dei patrimoni immateriali dell’UNESCO nel 2003. Sovente descritto come un’“opera di una sola persona”, è eseguito da professionisti che impiegano un esteso registro vocale, che passa dalla narrazione declamata al cantato. Le procedure esecutive dei sorikkun (cantanti/cantastorie) implicano salti di ottava e altri passaggi dall’ampia dinamica timbrica. Gli storyteller adottano, inoltre, una marcata gestualità e sono sostenuti da un percussionista (il gosu) che suona il tamburo a barile puk (o soribuk).
Di questa espressione della musicalità coreana Kim Yulhee è una delle performer più blasonate a livello nazionale, con una ventennale esperienza del genere. Gli è stato assegnato il “Gran Premio” nel contest della canzone folklorica Namdo del 2013, è membro della band tradizionale Baraji, ma è avvezza anche ad incursioni nel jazz con la crossover band NEQ, il cui “Passing of Illusion” ha ricevuto il Korean Music Award nel 2016.
Kim mette la sua voce (ma suona anche il kkwaenggwari, un piccolo gong piatto di ottone suonato con un bastone) al servizio della propulsione ritmica della NST & The Soul Sauce (NST sono le iniziali del bassista e frontman Noh Seonteck), formazione della capitale coreana Seoul, attiva dal 2014, impegnata a mescolare reggae, dub, afrobeat, funk, psichedelia e tradizioni coreane. La cantante era apparsa come guest vocalist nel brano “Red Tiger”, inciso nel disco “Back When Tigers Smoked” (2017), ora la collaborazione si approfondita in “Version”, disco registrato in Sud Corea tra il 2017 e il 2019 e mixato in Giappone da Naoyuki Uchida. Sebbene in passato ci siano già state collaborazioni tra cantanti di stile pansori e artisti che guardano al sound giamaicano (Jang Goon ha cantato con la band dub-reggae I&I Djangdan e con il gruppo ska Kingston Rudieska), questa bella condivisione si fonda su un lavoro di rielaborazione di autentico repertorio pansori, per il quale il disco ha ricevuto la nomination come Best Jazz & Crossover album 2019.
Il live act di Kim Yulhee e NST and the Soul Force è stato uno dei più acclamati al Womex 2019 di Tampere, rivelando ancora una volta la fertilità della scena neo-tradizionale e world coreana. Detto della cantante e del leader bassista, il resto del combo è formato da Kang Tekhyun (batteria e percussioni), Smiley Song Percussion (percussioni), Lee Jongmin (tastiere), Lee Simun (chitarra), Shin Hyunpil (sax tenore e baritone), Oh Jeongseok (flicorno), con la partecipazione di Park Junkue (tromba) e KimViolin (violino).
L’album presenta otto trace, tre delle quali sono dei remix dub. Attacco di basso penetrante e ritmi in levare nell’apertura “Bbaengdeok”, motivo proveniente dall’opera “Shimcheongga”. La seconda traccia, “Joong Taryeong”, fa indossare una veste psichedelico-soul-funk ai versi delle rappresentazioni “Shimcheongga” e “Heungboga”. Se l’’unica canzone originale, “Jeongdulgosimne”, ha un portamento jazz-reggae, la successiva “Bak Taryeong” (dalla pièce “Heungboga”) assume movenze soul-funky che sostengono il canto tra declamato e cantato fino all’accensione della componente groovy con l’iniezione di afro-beat. La rimarchevole voce nuda di Kim ha il giusto risalto nella parte iniziale della folk song “Heung Taryeong”, un brano che finisce per assumere contorni smooth e tinte psichedeliche. Nelle tre successive tracce “the party is on” con le dub version, frutto della manipolazione sonica di Naoyuki Uchida.
Da ascoltare senza pregiudizi mentali: una fusion che per molti sarà una sorpresa.
Ciro De Rosa
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