Benvenuti all’alba, al sole che sorge sui parchi naturali e sulle sconfinate foreste della contea di Hedmark, regione meridionale-orientale della Norvegia. Benvenuti ai riflessi della luce sui tronchi che lungo il fiume Glomma scorrono con la corrente verso il mare. Questo è uno degli ultimi luoghi in Europa in cui la metà degli abitanti vivono ancora in ambito rurale, in cui è possibile convivere con branchi di renne. Marja Mortensson viene da una famiglia sami di allevatori di renne, nel distretto di Svahken Sïjte. Nella sua voce, nella sua musica sono immediatamente avvertibili suoni armonici e una qualità che la rendono unica. A venticinque anni ci offre una prova matura e molto personale che resta legata alla cultura sami e allo stretto rapporto con la natura nordica, ma la sa anche trascendere all’interno di un orizzonte più vasto in cui incontra la tuba jazz e gli arrangiamenti di Daniel Herskedal, protagonista di innumerevoli collaborazioni e di cinque dischi solisti negli ultimi dieci anni, compreso lo splendido “Voyage” l’anno scorso. Insieme al batterista Jakop Janssønn hanno dato vita ad un trio che trasforma brani tradizionali in emozionanti avventure giocate sull’essenzialità ed il minimalismo. Ma questo nuovo album l’hanno dedicato al duo voce-tuba (in tre brani) e all’incontro con il quartetto d’archi Trondheim Soloists’ String Quartet: Bergmund Waal Skaslien, Jaroslav Havel, Ola Lindseth, Stina Elisabet Andersson (nelle rimanenti sette composizioni).
La potenza sonora del duo è in evidenza nell’arrangiamento dell’energico brano tradizionale “Riäksage - The Ptarmigan” che attinge (come “Tjájhnie - The Woodpecker”) al repertorio documentato da Karl Tirén in “Die Lappische Volksmusic, Die Juoikos-melodien” e, in particolare, da una versione di uno yoik cantato da Kristina Johansson del 1911: tour de force per entrambi i musicisti che qui esprimono una molteplicità di voci, in funzione solista, di accompagnamento, di seconda voce.
“Biejjeste beajjan - From One Day to the Next” permette di ascoltare tutte le diverse combinazioni armoniche in un unico brano. In apertura, la voce di Marja Mortensson ci invita a seguire il percorso ondulato degli yoik, antica tradizione che in genere celebra una persona o un luogo, ma che in questo caso parla dello scorrere del tempo sulle orme di una melodia creata da Daniel Herskedal. La tuba entra piano per offrire sostegno alla melodia con note basse, ampie e sostenute, a creare una marcata profondità. Una pausa, il tempo di un respiro, ed ecco che il quartetto d’archi sostituisce la tuba, quasi come un invito fisico ad alzare lo sguardo per apprezzare un orizzonte davvero vasto che la voce non tarda ad esplorare per lasciare a sua volta il testimone alla tuba, in questo caso in versione melodica, intersecata alle voci brillanti ed articolate degli archi. Un nuovo respiro è l’occasione per ricongiungere tutti e sei i musicisti, far spiccare il volo al brano per poi riportarlo sul sentiero iniziale, con il solo violoncello a condividere con la voce il pattern di apertura, come due viaggiatori che, raggiunto il limite dell’orizzonte, escano dal nostro campo uditivo.
“Lååje – Dawn” esprime letteralmente il titolo dell’album: gli archi fanno intravvedere qualche bagliore da cui si fa strada la luce/voce di Marja Mortensson che, senza abbandonare l’approccio essenziale che caratterizza tutto il disco, sa attraversare un paesaggio in trasformazione e le fa incontrare la pienezza del giorno/tuba di Daniel Herskedal: un inno al ciclo delle stagioni, al “tempo che cambia intorno a me / ai cambiamenti che sento nelle ossa / da un giorno all’altro”.
Alessio Surian
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