Yallah: Learning Judeo-Arabic music, SOAS University of London, Londra, 9 e 10 Gennaio 2020

Lo scorso weekend la SOAS University of London ha ospitato la prima edizione di “Yallah: Learning Judeo-Arabic music”, due giornate fittissime tra interventi etnomusicologici e workshop musicali seguiti dalla fantastica esibizione di Haim Botbol, leggendario cantante dal Marocco. La conferenza è stata organizzata dal Jewish Music Institute, nelle figure di Ilana Webster-Kogen e Vanessa Paloma Elbaz, rispettivamente accademiche della SOAS e dell’Università di Cambridge. L’evento è Il primo e unico nel suo genere, in quanto ha messo in evidenza l’importanza storica e culturale del popolo ebraico nei paesi a maggioranza musulmana e viceversa. Abbiamo parlato recentemente di musica Mizrachi nelle recensioni di artisti come A-Wa a Dudu Tassa & the Kuwaitis, genere revitalizzato da un crescente interesse nella riscoperta e popolarizzazione delle radici identitarie degli ebrei Mizrachi. Una musica ibrida e impossibile da incasellare, perché esibisce caratteri differenti a seconda del luogo di provenienza. Ed è bene ricordare che non si parla solo di luoghi nel tempo presente, ovvero gli stati moderni, ma anche di posti e costumi passati, come l’Impero Ottomano o il Maghreb francese in età coloniale. 
Per comprendere ed apprezzare appieno questa musica (anzi, a ben vedere la musica tutta!) è necessario inquadrarla nel suo contesto, ed è stato proprio questo l’obiettivo dell’incontro. Gli ospiti invitati erano innumerevoli, da Botbol a docenti delle discipline musicologiche ed etnomusicologiche, fino al consigliere del re del Marocco, André Azoulay. Gli interventi accademici hanno toccato aree e temi differenti portando freschezza di ora in ora. Mark Kligman (professore presso la UCLA) parla di musica e liturgia nelle comunità Giudeo-Arabe siriane; Edwin Seroussi (direttore del Jewish Music Research Centre presso la Hebrew University of Jerusalem) propone un’essenziale e completissima analisi dei contesti sociali e del significato stesso dell’etichetta Giudeo-Arabica nei discorsi musicali; Vanessa Paloma Elbaz (Università d Cambridge) ci porta nel Maghreb ai tempi del Nazismo; Si parla poi di Torah, canzoni ebraiche dall’Iraq, cartoline tunisine raffiguranti musicisti dall’epoca coloniale, per concludere con una pannello di produttori discografici di world music, Ben Mandelson (Founding Director di WOMEX) e Maurice Elbaz. La conferenza si è conclusa con promesse di riunioni future e un invito, da parte del consigliere Azoulay,
a ripetere l’esperienza a Essaouira l’anno venturo. Un evento di questo tipo è essenziale in questo momento storico, dovei discorsi che riguardano la storia e le comunità ebraiche sono estremamente polarizzati in narrative politiche che cancellano ogni tipo di dialogo. Tra il Middle East Plan di Trump contrapposto a un discorso filopalestinese spesso troppo estremo, che sopprime ogni tipo di dialogo, è forse bene ricordare che esistono come sempre delle verità nel mezzo, non solo nella retorica politica ma anche nella realtà culturale e sociale di tutti i giorni. Realtà che possono offrire spunto, mostrando che per fortuna non tutto è in bianco e nero, ma anche ricordandoci quali errori non commettere, realtà che importanti che vanno documentate e preservate. Ad ogni modo, protagonista è stata soprattutto la musica, sia nel discorso accademico che, la sera di Domenica, sul palco della Brunei Gallery della Soas University of London. Ad aprire le danze è l’ensemble 3yin, un sestetto che propone repertori delle comunità ebraiche dal medio-oriente, in particolare dall’Iraq. Fisarmonica, chitarra, voce, cello, qanun e darbouka, nella formazione che ha registrato la colonna sonora per “The Wolf of Baghdad”. 
Propongono, tra gli altri, pezzi degli Al Kuwaiti brothers, ebrei maestri dell’oud iracheno, e del nipote Dudu Tassa, di cui si è detto poc’anzi e che abbiamo recensito in queste pagine. Ma il piatto forte della serata è chiaramente Haim Botbol, leggendario cantante marocchino, anch’egli ebreo. Accompagnato da oud, darbouka e violino, Botbol sale sul palco alla veneranda età di 83 anni. La fama dell’artista in patria è enorme, alimentata da anni di carriera sia come cantante che come insegnante, formando Abdelwahab Doukkali, Fathallah Maghari, Pinhas e tanti altri. Star della radio e della televisione locale, Botbol è la perfetta rappresentazione della musica popolare marocchina. A confermarlo è la varietà del pubblico presente al concerto, che spazia da giovani appena maggiorenni ad anziani. Ed è sempre il pubblico ad avvalorare la popolarità del cantante: cori che talvolta sovrastano per volume l’ensemble, ululati di apprezzamento e costanti battiti di mano, che a mia sorpresa erano pure a tempo. Il concerto è disponibile in versione integrale e preferisco offrire un invito all’ascolto che una tediosa analisi. Yallah ha portato un’incredibile varietà di testimonianze nella stessa stanza in una conferenza che si muove agilmente nel tempo e nello spazio, cucendo e ricostruendo memorie ed esperienze dirette di persone, documenti, canzoni ed esperienze di vita. Una conferenza essenziale per l’approfondimento di una tematica che dovrebbe essere unificatrice ma diventa, nella narrativa politica di oggi, spesso invisibile o problematica. Non è un caso che sia la musica il filo conduttore, il collante di identità diverse ma talvolta accavallate, creatrice di spazi neutri dove ci si può dimenticare delle etichette e semplicemente creare. 


Edoardo Marcarini

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